Tira una ariaccia in questo Paese.

1) Nel 2022, 29 città su 95 hanno superato i limiti giornalieri di pm10. Rispetto ai nuovi target europei previsti al 2030, situazione ancora più critica: fuorilegge il 76% delle città per il pm10, l’84% per il pm2.5 e il 61% per l’NO2. Risultano, quindi, violate le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dei limiti previsti dalla nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria, che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2030 (dal rapporto “Mal’Aria 2023”, di Legambiente).

2) L’Italia è il primo paese in Europa per morti attribuibili all’inquinamento atmosferico con circa 80mila decessi prematuri all’anno (Sima – Società Italiana di Medicina Ambientale).

3) “Chi, nell’esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione stabiliti dall’autorizzazione […] è punito con l’arresto fino ad un anno O con l’ammenda fino a 10.000 euro. […] chi inizia a installare o esercisce uno stabilimento in assenza dell’autorizzazione […] è punito con la pena dell’arresto da due mesi a due anni O dell’ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro…” (dall’art. 279, D. Lvo 152\2006, il cosiddetto Testo Unico Ambientale).

“Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206 (duecentosei).” (art. 674 c.p.)

Tutte le pene sopra riportare sono estinguibili per mezzo di oblazione: ossia con il pagamento di una somma di danaro dimezzata rispetto a quella prevista dalla sanzione. Tutti i reati in questione sono di natura contravvenzionale: il che vuol dire che si estinguono per prescrizione dopo 5 (cinque) anni al massimo dalla loro consumazione.

Esiste, ed è applicabile anche all’aria, il delitto di inquinamento ambientale: per integrarlo occorre una “compromissione o un deterioramento significativi e misurabili”. Quindi, è un reato “di danno”, non di pericolo: vuol dire che, quando viene contestato, l’aria, l’ambiente e, quindi, la salute umana hanno già subito una lesione, più o meno grave. Di solito, grave; perché l’inquinamento dell’aria, quando viene lasciato lavorare in pace, è un killer routinario e silenzioso, quindi ancor più micidiale: per la matrice ambientale e per la salute degli umani.

Una normativa di tutela penale dell’aria, dell’ambiente e della salute proprio a questo dovrebbe servire: a neutralizzare quel killer prima che entri in azione. O, quantomeno, a rendergli la vita un po’ più difficile. Il che vuol dire che una normativa di tutela per essere appena seria, degna di questo nome, deve agire in via preventiva: sempre, ma in particolare quando ci sono di mezzo beni come l’ambiente e la salute.

Perché una tutela “postuma”, in questi casi, al massimo può incidere sulla libertà personale e sul patrimonio dei responsabili (ipotesi, peraltro, non proprio scontate nel nostro ordinamento giuridico) e accordare un risarcimento alle vittime. O, spesso, ai parenti delle vittime, dato che queste ultime non ci sono più: sono vittime in senso assoluto. Si chiama “tutela risarcitoria”, in linguaggio tecnico – giuridico: l’effetto di difesa consiste solo nella monetizzazione di un danno, non nell’evitarlo. Ognuno valuti quanto ci possa essere realmente di “tutela” in un meccanismo del genere: specie quando i beni lesi siano l’ambiente e la salute.

Una normativa di tutela preventiva potrebbe essere, grossomodo, quella prevista dal Testo Unico che citavo sopra, o una analoga: una norma che abbia al suo centro i limiti di emissione e che punisca chi quei limiti violi o, peggio, chi causi emissioni in assenza di autorizzazione. Per quanto i limiti di emissione possano essere garanzia di tutela effettiva della salute! Ma sarebbe già un passo avanti, se fosse applicata in modo effettivo.

Il punto è che pensare di poter tutelare seriamente in via preventiva l’ambiente e la salute pubblica i livelli di pena visti prima, in questo ordinamento giuridico, significa avere un problema non proprio leggero con l’esame di realtà. O avere un conflitto d’interessi altrettanto pesante.

Ma tutto questo non costituisce oggetto di dibattito nell’opinione pubblica del Paese; per non dire di dibattito politico. Da sempre.

Allora, come si definisce, prim’ancora che come si cura, un Paese che, a livello di classi dirigenti e di classi dirette, da sempre, passa con la massima naturalezza dall’isteria forcaiola – con le conseguenti “leggi-manifesto” – contro il nemico pubblico di turno alla rimozione della stessa idea che il diritto penale possa servire a tutelare anzitutto i beni giuridici fondamentali: l’ambiente e la salute umana?

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