Ancora una volta e per l’ennesima volta, il presidente della Repubblica Mattarella, nel suo messaggio rivolto al congresso della federazione della stampa, in corso a Riccione ha esaltato i valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione. Per non lasciare spazio a equivoci o a interpretazioni maliziose ha anche ricordato la necessità di garantire norme a favore del pluralismo editoriale e contro le minacce a croniste e cronisti. Come sempre, plauso generale e consensi anche da parte della politica.
Peccato che, nel frattempo, l’Italia sia precipitata nelle graduatorie internazionali in materia di libertà di informazione.
La legge sul conflitto di interessi è morta e sepolta, cosa ancora più grave alla viglia del tentativo di spiantare la Costituzione e realizzare un modello istituzionale fondato su presidenzialismo, autonomia differenziata, depotenziamento della divisione dei poteri, attraverso l’ulteriore riduzione del ruolo e della funzione del Parlamento, della giustizia, dell’informazione.
La legge Rai, anche per gravi responsabilità delle opposizioni di oggi, non sarà cambiata e la destra radicale potrà finire di occupare la Rai, già largamente nelle loro mani, attraverso le norme volute da Gasparri prima, e da Renzi, poi. Le querele bavaglio sono in aumento, spesso sono scagliate dalla presidente del Consiglio e dai suoi ministri.
Il governo ha deciso di ritirarsi dal processo Berlusconi Ruby, facendo l’inchino all’ex Cavaliere, ma non ha ritirato denuncia e querele contro croniste e cronisti. La legge per contrastare le querele bavaglio giace nei cassetti dal 2002, per non parlare di presunzione di innocenza, tutela delle fonti, rispetto del segreto professionale. A questo si aggiunga il rifiuto di approvare le norme sull’equo compenso che riguardano i precari, lasciati così ancora più deboli ed esposti al ricatto di chi non gradisce le luci dell’informazione.
Questa è la fotografia della situazione.
Queste le ragioni della retrocessione.
Non abbiamo dubbio alcuno che, anche questa volta, dopo aver plaudito alle parole di Mattarella, procederanno in direzione “ostinata e contraria” .
Prossima stazione l’Ungheria di Orban.