"Non ho capito la gioia della sala stampa per il 4º posto di Ultimo", ha detto. Per poi aggiungere che probabilmente si tratta di "un'antipatia personale" e chiosare con "non è stata una bella cosa". Ha ragione
C’è un tale, Arturo Bandini, che scrive pagelle sanremesi per FQMagazine e lo fa da tempo. Nel caso di Ultimo, il suo pensiero dopo l’esibizione in finale era abbastanza chiaro: “Sono abbastanza stupito dalle svariate critiche lette su Ultimo. Perché ho un certo rispetto per chi sa suonare, cantare, scrivere canzoni, conquistare un pubblico gigantesco (quello che non lo critica ma lo vota, lo segue, lo canta). Non è la mia tazza di tè, ma da lì a ingiustificati attacchi di isteria perché al televoto spacca c’è il gran Lago degli Orsi in mezzo”.
Non è per dire “noi di FQMagazine l’avevamo detto” ma è per dire “noi di FQMagazine l’avevamo detto prima che in sala stampa scoppiassero gli applausi all’annuncio della quarta posizione del cantautore“. Fiorello ha pensato la stessa cosa di Arturo (e Arturo gongola): “Non ho capito la gioia della sala stampa per il 4º posto di Ultimo”, ha detto. Per poi aggiungere che probabilmente si tratta di “un’antipatia personale” e chiosare con “non è stata una bella cosa” (dichiarazioni poi ridimensionate dallo stesso Fiorello).
Ha ragione (dicono che lo showman si sia scusato con la Sala Stampa, dicono. E qui ci teniamo a dire che in Sala Stampa ci sono tantissimi giornalisti e ovviamente si parla di alcuni, alcuni, alcuni). Davvero c’è qualcuno che ancora ce l’ha con Ultimo per la reazione alla vittoria di Mahmood nel 2019? Il temperamento del cantautore ha infastidito o infastidisce al punto da gioire se le cose, per lui, non vanno nel modo migliore?
O forse – per ipotesi – non è ruffiano proprio con chi è abituato alla ruffianeria? Perché Arturo, pur giovane, conosce i famosi non meno delle strade polverose che portano al suo bar preferito, e mi ha raccontato che sono molti gli artisti ruffiani, da pranzi e cene. Pranzi e cene che finiscono con salamelecchi salvo poi alzarsi da tavola e in una reciprocità che sa di contrappasso, sentire i commensali – artista da una parte, giornalista o addetto ai lavori dall’altro – bofonchiare. Voci, niente di più. Arturo va di realtà e fantasia, d’altronde vive nei romanzi di John Fante.
Un’altra ipotesi sull’astio che genera Ultimo potrebbe essere il suo sfuggire ai meccanismi di promozione e marketing per cui uno non percepisce la sua presenza – a meno di non essere un suo fan – salvo poi vederlo riempire stadi su stadi. Dà fastidio questo? Dà fastidio il fatto che Ultimo abbia la cosa più preziosa di tutte, una fanbase affezionata che se ne frega dell’essere “cool” (che aggettivo orrendo eh?), dell’andare alle feste giuste con le persone giuste?
Chissà cos’è, che spinge a esaltare nenie entrate nel podio e a bistrattare uno dei pochi giovani cantautori (cantautori) della scena. Da che il fair play ha lasciato questo mondo per andare a vivere su Alpha Centauri siamo tutti un po’ più soli. E sì, la canzone di Ultimo era meno bella di quella di Mengoni (c’è chi dice che non era alla sua altezza, e sbaglia: un pezzo classico costruito scritto molto molto bene) o di quella di Colapesce Dimartino (la vera chicca del Festival). Lui, per altro, se ne frega. Chissà se ci ripenserà mai o si farà bastare l’immagine di 80 mila persone che cantano all’unisono il pezzo di Sanremo.