Finiti i tempi per San Vale regalatevi un bel vibratore, in mancanza di materia prima. Anche se l’augurio che mi fatto sbellicare dal ridere: non ti preoccupare se il giorno degli innamorati non sei innamorato tanto manco il giorno dei morti sei morto.
Quest’anno ho sospirato davanti ai “fidanzatini”, di Guido Giannini, un arzillo fotografo di 94 anni, che li ha immortalati mentre si baciano sul fianco di un’automobile ( è uno scatto degli anni ’70) o sono tutt’uno con la scogliera di via Caracciolo, o stanno all’ombra della statua di Giulio Cesare che guarda lontano. Fanno tenerezza i fidanzatini, senza nome e senza volto, quello che conta è l’attimo della passione colto in un avvinghiamento corporale, in un abbraccio stretto stretto di cui si sente ancora il calore.
Autodidatta, Guido ha fatto il giocattolaio e il guardiano notturno prima che Mario Pannunzio, grande direttore del settimanale Il Mondo, gli pubblico’ i primi scatti. Poi ha lavorato per Michele Santoro, allora direttore del “La Voce della Campania”.
E’ il “Bresson napoletano” ( ma lui è ’nu dio, allarga le braccia). E non sopporta che lo chiamano maestro: “Sono solo il piu’ vecchio. Sono rimasto ancora all’argento perchè ho profondo rifiuto nei confronti del digitale. Fotografando con l’analogico l’immagine è definitiva, senza elaborazioni, non è sofisticata. Il linguaggio muta in camera oscura, come a voler calcare di più con più o meno luce, più o meno contrasto, come quando s’impugna una penna. Per me l’immagine nasce al momento dello scatto”.
Ospita la sua mostra Luciano Ferrara, altro monumento della fotografia d’assalto. E’ l’essenza del fotoreporter, è il Che Guevara dell’ideologia. “Ne ho prese di manganellate”, ricorda. I suoi click, sangue, sudore e mazzate, dal G8 di Genova alla guerra in Iraq, passando per il terremoto in Irpinia ( Lilli Gruber, allora inviata di RaiUno, era una sua collega) hanno fatto il giro del mondo. Sui giornali e nei musei.
Non è facile definire il lavoro di Luciano, è un artista che mescola fotografia e street art per farne strumento potente di denuncia sociale. Come quello scatto di Maradona, il primo giorno che entro’ allo stadio San Paolo, davanti a lui un ventaglio di fotografi infervorati Luciano, l’unico che lo coglie di spalle.
La casa di Luciano in via Tribunali 138 che presto diventerà un museo ( già visitabile su prenotazione) sembra uscita da una tela di Caravaggio, di fronte il Pio Monte della Misericordia che ospita il celebre tableau, alle spalle il muro di cinta della cappella di San Gennaro gli entra nel giardino di casa, fra platani e foglie a orecchie di elefante, cornici che strizzano l’occhio al dorato baroccheggiante e corni di cartapesta. Due bidet “riscattati dalla immondizia” sono diventati fioriere a mo di’ Duchamp. Un orologio senza lancette ci ricorda un tempo sospeso come le foto bianco e nero appese con le mollette del bucato nella camera oscura. E in bella mostra la collezione della sue mitiche macchine fotografiche sugli scaffali in mezzo ai suoi libri fotografici venduti come bestseller. Altra stanza, altra eclettica artista Sofia Ferraioli si ispira al mosaico bizantino ma le tessere sono ritagliati in papier machè. Con arte e con tanta santa pacienza.