“Non è l’Arena” di Massimo Giletti non è il mio programma preferito. Lo guardo raramente e confesso che alcuni amici con messaggi mi anticipano il contenuto esortandomi a guardarlo. A me non piace come si affrontano tematiche del mondo mafioso e quindi, a mio parere, non lo annovero tra i programmi del giornalismo d’inchiesta o investigativo.
Per banalizzare, non mi sono piaciute le abbanniate (urlate) del gelataio Salvatore Baiardo, che ai miei occhi appare come una sorta di amministratore delegato della fabbrica di pizzini BrancaccioToday. E dai su Giletti, anche un picciriddu riusciva a leggere tra le righe nel “detto e non detto” di Baiardo. Il dire di Baiardo era talmente lapalissiano che trasmetteva “pizzini” in chiaro senza bisogno di usare la crittografia. Tra l’altro, visto che spesso si citano, mi preme consigliare di fare distinzione tra i Greco di Ciaculli e quelli di Croceverde Giardina: erano due famigghie mafiose diverse.
Nella puntata de Non è l’Arena del 12 febbraio 2023, ecco che si riparla dell’agenda rossa del magistrato Paolo Borsellino. Sono anni e anni che mi sforzo di far capire che il furto – perché di questo si tratta – è stato commesso da un miserabile traditore vestito con abiti istituzionali e non certamente da un emigrante appena sbarcato da Lampedusa. Nessuno e ripeto nessuno degli intervenuti ha compiuto il più elementare obbligo di ogni agente di polizia giudiziaria o magistrato di repertare minuziosamente il contenuto della borsa di Paolo Borsellino. Era un obbligo al quale in tanti si sono astenuti. Nella borsa potevano anche esserci documenti personali, o addirittura copie di verbali dell’interrogatorio fatto venerdì 17 luglio ’92 a Gaspare Mutolo nella sede romana della Dia.
E’ normale che tutti prendono la borsa, se la passano di mano in mano e nessuno guarda all’interno? Ma per favore, ca nessunu è fissa! A me acchiana u sangu in testa, pensando che tutto questo è avvenuto mentre i corpi di Paolo, Emanuela, Agostino, Vincenzo, Claudio, Walter Eddie giacevano per terra straziati e fumanti dall’esplosione (mando un saluto affettuoso al collega Antonino Vullo, sopravvissuto alla strage).
Ancora oggi si mette in dubbio che l’agenda rossa fosse dentro la borsa. Una cosa è certa il venerdì 17 luglio 1992, nell’attesa che il mio collega ispettore Danilo Amore, scrivesse il “cappello” del verbale di interrogatorio, Paolo Borsellino sfogliò l’agenda. Quindi, prima di iniziare l’interrogatorio, il pm Natoli chiese a Mutolo se fosse a conoscenza di uomini delle istituzioni collusi con Cosa nostra. Il Mutolo, che era a conoscenza delle direttive di Borsellino, non avrebbe dovuto fare nessun nome in quel momento ma in un periodo successivo. Tuttavia, Mutolo li fece e non furono inseriti nel verbale. Quei nomi confluirono in un verbale dopo la morte di Paolo Borsellino. Detto ciò non escludo affatto, che quei nomi furono annotati nell’agenda dal dottor Borsellino. E oggi ci troviamo a distanza di 31 anni a dibattere sull’esistenza di quella Agenda. Ma per favore, siate seri!
Concludo rivolgendomi al “traditore” di Borsellino: tu non potrai mai presentarti innanzi alla tomba di Paolo Borsellino, sei uno spregevole individuo. Non sei un uomo.
Ogni qualvolta mi trovo a Palermo, una delle mie prime azioni che compio è andare a pregare innanzi la tomba del galantuomo siciliano Paolo Borsellino e di sua moglie Agnese.