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Il Terzo Segreto di Satira a FQMagazine: “Con Domino23 vogliamo uscire dalla ‘bolla social’, non siamo influencer. Proviamo a rappresentare una formula alternativa”

Il loro “special satirico” dal formato ibrido non è un film – come lo fu nel 2018 “Si muore tutti democristiani” – né un video breve. Si chiama “Domino23” e tra volti cari al gruppo, camei e volti della stand up, gira in tour (21 febbraio Brescia, 22 Milano, 23 Mantova, 26 Bergamo, 28 Bologna, e il primo marzo a Forlì)

di Diletta Parlangeli

Mentre i padri fondatori della rete – e delle delle Big Tech – erano impegnati nel mea culpa del “non è così che avevamo immaginato la tecnologia di tutti”, una generazione di creatori di contenuti cresceva cercando di gestire il cambiamento perpetuo delle piattaforme che avevano reso celebri le loro capacità. Prendi Il Terzo Segreto di Satira, collettivo di videomaker, autori, sceneggiatori e ogni altra figura richiesta a una ‘factory’ (non a caso sono venuti su a pane e Boris) che dal 2011 firma successi, rendendoli “virali” quando ancora il termine non riconduceva necessariamente alla Milano imbruttita. 
Stacco, anno 2023: sono nelle sale – proprio loro, fisicamente – con il loro “special satirico” dal formato ibrido che non è un film – come lo fu nel 2018 “Si muore tutti democristiani” – né un video breve. Si chiama “Domino23” e tra volti cari al gruppo, camei e volti della stand up, gira in tour (21 febbraio Brescia, 22 Milano, 23 Mantova, 26 Bergamo, 28 Bologna, e il primo marzo a Forlì) con “il” Belfiore, il Bonacina, il Rossi, il Fadenti e il Mazzarella.

Davide Bonacina, cos’è questo special? Prendete le distanze dalla politica?
Si tratta di una satira in senso un po’ più ampio, che tocca temi diversi e sensibili a molti. Si parla della guerra, del politicamente corretto, della Meloni, ma anche di temi come l’aborto o il giornalismo. 
È un prodotto un po’ più anarchico che prova a rappresentare una formula alternativa.

Già, perché di formati è fatta la nostra fruizione online, nel tempo molto cambiata.
Ci siamo resi conto che era difficile da far recepire alle piattaforme gli sketch come un formato che avesse la sua dignità sulla lunga durata. Piuttosto che avere un film in sala, con la sala vuota, abbiamo fatto questo esperimento che accompagniamo in giro, tornando al concetto non solo dell’incontro, ma anche del confronto.

Vederlo diventa un’esperienza, mi par di capire. O come dicono quelli bravi…
 Experience.
Ci hanno fregato.

Quest’esperienza, quindi, non è la versione de visu della “bolla” social, giusto?
Torniamo proprio dalla data di Reggio Emilia, dove oltre chi era venuto a vederci appositamente, c’era anche il pubblico abituale del cinema che si è trovato davanti a qualcosa di totalmente lontano dalle attese. Noi, dalla bolla, dobbiamo uscire. Altrimenti, si aprono due strade: da un lato chi ti segue e ti ama e lì è tutto un “bravo-bravo!”. 
Lo scenario alternativo è il tifo da stadio, diviso tra chi ti dà del genio e chi dello stronzo. Peccato che tra loro, queste due fazioni, non si parlino realmente. Noi siamo nati in rete, non dovrei dirlo, ma la bolla comincia a starci stretta.

Ecco, esatto: com’era nei primi anni Dieci del Duemila? Cosa ricordate?
Sembra passata un’era e sono “solo” dodici anni fa. C’era molta meno gente, tra chi crea come tra il pubblico. E poi erano diverse le piattaforme. Io ricordo che sulle Pagine di Facebook potevano scrivere tutti, quindi noi andavamo a pubblicare le nostre cose in cima a quella più seguite, per farci notare e rendere virali i contenuti. 
Riassumendo, diciamo che adesso utilizziamo i social per portare la gente fuori dai social.

Negli anni hanno integrato alcuni strumenti più meramente tecnici, penso al video editing di Tik Tok: che ne pensate? Bene, bravi, bis?
Non lo usiamo, siamo nati con la scuola di cinema, giriamo con la telecamera, ma è chiaro che tutto questo ci ha complicato le cose. In termini di contenuti, intendo: la fruizione è sempre più veloce e noi non siamo influencer. Questo significa che gli spot elettorali che abbiamo realizzato funzionano, ma già un prodotto come “Il Dalemiano”, appartiene a un’altra epoca.

In un’altra epoca, collettivi a voi assimilabili, dicevano che per fare ciò che amavano, nel modo in cui volevano, dovevano “fatturare” altrove. È ancora così?
Sì. Forse l’unica strada possono essere i branded (branded content, contenuti pubblicitari, ndr), ma anche loro si muovono sempre di più nel mondo dell’influencing. Apriremmo una partesi troppo ampia.

Vi definite “un gruppo di cialtroni per cialtroni”: e chi è il nerd del gruppo?
Io!

E allora te cercavo: l’ultima tecnologia che ti ha appassionato?
L’Oculus. E dire non gli avrei dato due lire! Invece per il gaming è incredibile. Ancora però, non ho trovato il contatto con la satira politica.

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