Sarà sciopero generale del gruppo Gedi. La via è tracciata e al termine delle assemblee la risposta dei lavoratori alle parole dell’amministratore delegato Maurizio Scanavino durante l’incontro con il coordinamento dei Comitati di redazione (i sindacati interni dei giornalisti) ha una forma: sarà mobilitazione, tutti insieme. Un segnale di compattezza alla proprietà. Lo sciopero scatterà dalla mezzanotte venerdì 17 febbraio e durerà 24 ore. Il livello dello scontro si è alzato mercoledì quando, durante un incontro con l’amministrato delegato, il coordinamento dei Comitati di redazione si è sentito rispondere che l’azienda, controllata da Exor degli Agnelli-Elkann, “valuta proposte di vendita di singole testate o gruppi di esse” e che un “perimetro” di ‘intoccabili’ sostanzialmente non esiste più. Insomma, di fronte a un’offerta congrua, sul mercato possono finire anche la Repubblica (dove il 90% dei giornalisti ha detto sì allo sciopero) e La Stampa, i pezzi pregiati di Gedi.

Fino all’inizio della settimana l’allarme riguardava solo la vendita de la Gazzetta di Mantova e delle storiche testate del Nordest (Il Mattino di Padova, La Nuova di Venezia, la Tribuna di Treviso, il Corriere delle Alpi, Il Messaggero Veneto e Il Piccolo) finite nel mirino di Enrico Marchi, presidente di banca Finint, che starebbe tentando di mettere insieme una cordata. Pur smentendo trattative in corso, mercoledì, Scanavino ha però sottolineato, secondo la ricostruzione dei Cdr: “Mi rifiuto di parlare di perimetro”. In altre parole, puntualizzano i sindacalisti: “Il perimetro non esiste più, di fatto”. Ovvero: “Siamo tutti in vendita”. Al duro comunicato delle rappresentanze dei giornalisti è seguita una replica dell’azienda che parlava di “interpretazione capziosa” delle risposte e sostiene: “Non siamo ‘tutti in vendita’”.

La tensione era già alta dentro la Repubblica – il cui Cdr incontrerà di nuovo l’azienda mercoledì prossimo – per il piano di riorganizzazione del lavoro, bocciato a larga maggioranza dall’assemblea e ritenuto “irricevibile” perché descritto come “generico, lacunoso, mancante delle garanzie relative ai sempre più necessari e improrogabili investimenti a supporto”. Tuttavia, la proprietà non era mai stata in discussione almeno per le testate che rappresentano il core business del gruppo. Poi quello che viene definito un “repentino cambio di strategia” negli ultimi due mesi, che l’azienda – stando alla ricostruzione dei Cdr – ha “imputato ai dati di chiusura di bilancio”.

Per la proprietà si tratta invece di “interpretazioni capziose” e di “inutili allarmismi”. I lavoratori dell’intero gruppo la pensano in maniera radicalmente diversa. E prima dell’annuncio dello sciopero lo avevano ribadito già in mattinata durante il congresso Fnsi. Trovando la sponda del sottosegretario all’Editoria Alberto Barachini di Forza Italia e giornalista Mediaset prima dell’esperienza parlamentare e di governo: “Ho ascoltato la preoccupazione delle testate locali del Gruppo Gedi. Sarebbe troppo poco esprimere solidarietà, penso sia più opportuno mettere a disposizione la nostra struttura per un incontro con i lavoratori delle testate locali, ove ci fossero anche novità rispetto a quanto segnalato negli ultimi mesi. Siamo a disposizione”, ha assicurato.

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I Cdr del gruppo Gedi: “Siamo tutti in vendita”. Sul mercato anche la Repubblica e La Stampa. L’azienda replica: “Interpretazione capziosa”

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