Lobby

Balneari, il nuovo regalo della maggioranza alla lobby dei concessionari è “inapplicabile”. Il rischio? Senza gare spiagge libere per tutti

L'emendamento di FI al decreto Milleproroghe non fa i conti con la sentenza dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 9 novembre 2021. In base alla quale "eventuali proroghe legislative del termine" per la messa a gara, fissato al 31 dicembre 2023, "dovranno considerarsi in contrasto con il diritto dell’Unione e, pertanto, non applicabili ad opera non solo del giudice, ma di qualsiasi organo amministrativo". E, superata quella data, "tutte le concessioni demaniali in essere dovranno considerarsi prive di effetto"

Il nuovo regalo della politica alla lobby dei balneari rischia di sfociare non solo in una probabile multa europea, ma pure nel paradosso di far decadere tutte le concessioni in essere. Dunque spiagge libere ovunque, per la gioia dei bagnanti. Possibile? Sì, perché l’ulteriore rinvio delle gare al 31 dicembre 2024, inserito nel decreto Milleproroghe con un emendamento a prima firma Ronzulli, è inapplicabile. A dirlo è la sentenza dell‘adunanza plenaria del Consiglio di Stato datata 9 novembre 2021. Il massimo organo della giustizia amministrativa ha sbarrato la strada in via preventiva a ogni tentazione di rinvio sancendo che “eventuali proroghe legislative del termine” per la messa a gara, fissato al 31 dicembre 2023, “dovranno naturalmente considerarsi in contrasto con il diritto dell’Unione e, pertanto, immediatamente non applicabili ad opera non solo del giudice, ma di qualsiasi organo amministrativo, doverosamente legittimato a considerare, da quel momento, tamquam non esset (come se non ci fossero ndr) le concessioni in essere”.

Che sia l’ennesima strizzata d’occhio pre elettorale alla lobby dei balneari o il tentativo di Lega e FI di fare opposizione al governo Meloni “dall’interno”, dunque, il nuovo strappo non fa che alimentare la confusione e avvicinare il deferimento dell’Italia – già sotto procedura di infrazione europea – alla Corte di giustizia europea. Ma le imprese balneari convinte di aver ottenuto l’ennesimo favore sono destinate a restare a bocca asciutta. “L’autorità a cui fa capo la concessione, cioè il Comune, è chiamata a non dare seguito a questa nuova proroga”, conferma a ilfattoquotidiano.it il sindaco di Lecce Carlo Salvemini, che nel 2020 ha fatto infuriare i titolari degli stabilimenti della zona rifiutando di concedere il prolungamento delle concessioni al 2033 previsto dalla manovra 2019: è dal suo ricorso che è nasce il pronunciamento del Consiglio di Stato, tutto a suo favore. “L’ennesimo tentativo della politica, che evidentemente voleva mandare un segnale alla vigilia del voto consentendo almeno di scavallare l’estate, si tradurrà solo in tempo sprecato danneggiando proprio gli operatori, perché li priva di ogni certezza sui tempi delle gare”.

Così si prolunga un balletto che va avanti da una quindicina di anni, considerato che la prima proroga (al 31 dicembre 2015) risale al 2009 sotto il governo Berlusconi, la successiva (al 2020) è arrivata nel 2012 con Monti e l’ultima (al 2033) nel 2018, con il Conte 1. Cosa succede ora? “Entro il 27 febbraio”, ricorda Salvemini, “andrebbe approvato il decreto attuativo che deve fissare i criteri da rispettare nelle gare, comunque già elencati nel ddl delega del febbraio 2022″ approvato dal governo Draghi. Compreso l’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente “in ragione del mancato ammortamento degli investimenti realizzati“, in modo da evitare che chi ha migliorato la sua parte di spiaggia ci perda nel caso in cui la gestione passi ad altri. È stata invece rinviata a luglio la cosiddetta mappatura delle concessioni, peraltro piuttosto superflua visto che già esiste il Portale del mare – Sistema informativo demanio gestito dal ministero delle Infrastrutture. La questione principale da risolvere, secondo Salvemini, è “individuare un equilibrio tra spiagge pubbliche e private, perché in molte regioni il 90% della costa balneabile è in concessione. Cosa che penalizza tante famiglie fragili, che non possono godere del diritto della giornata al mare perché non in condizione di pagare”.

Si vedrà come intende muoversi la premier Giorgia Meloni, che dopo l’approdo a Chigi ha archiviato gli attacchi frontali alla Ue e nelle scorse settimane ha bloccato sul nascere un emendamento di FdI che proponeva a sua volta la proroga delle concessioni. Continuare a prendere tempo rischia di costare caro e sfociare nel caos totale. Perché, recita sempre la sentenza del Consiglio di Stato, una volta superato il termine del 31 dicembre 2023 “tutte le concessioni demaniali in essere dovranno
considerarsi prive di effetto, indipendentemente da se via sia –o meno – un soggetto subentrante nella concessione”. Spiaggia libera per tutti.