Salute

Da medico dico al ministro Schillaci: ampliare il numero chiuso a Medicina è giusto, ma basterà?

di Salvatore Interlici

Leggo con moderata soddisfazione che il ministro della Salute, dottor Orazio Schillaci, propone di ampliare il numero di accessi alla facoltà di Medicina in conseguenza dell’insufficiente organico a disposizione della sanità pubblica, la cui causa è da ricondursi al crescente esodo di professionisti verso altri Stati europei o all’abbandono della professione medica per limiti di età o semplice rinuncia. Considerato che nella migliore delle ipotesi prima di colmare tale carenza il tempo necessario sarà di almeno 9 anni di formazione (6+3 se si sceglie la Medicina Generale, almeno 10 per altre specializzazioni), il sottoscritto – fosse titolare del dicastero – si chiederebbe il perché della fuga di cervelli all’estero oltre al tentar di comprendere le cause del pensionamento anticipato di operatori del territori o dei Pronto Soccorso.

Caro ministro, a quando l’adeguamento degli stipendi alla media delle remunerazioni nel resto d’Europa? Vale anche per altre categorie, ovviamente, ma restiamo nello specifico caso della sanità: a quando la diminuzione del superfluo e inutile carico burocratico che assilla ogni professionista della sanità? Possibile che dall’esperienza pandemica del Covid-19 non si voglia metter mano alle risorse pubbliche per potenziare l’assistenza territoriale e quella d’emergenza piuttosto che utilizzare buona fetta del Pil per inviare armi in Ucraina ovvero i fondi del Pnrr in spese folli e inutili?

Ma le sembra normale, in un moderno Stato europeo, che debbano ancora esistere i cosiddetti piani terapeutici – totalmente inutili, a mio modesto parere, ai fini di una regolare prescrizione farmacologica – la cui compilazione occupa una rilevante percentuale dell’attività di uno studio medico specialistico e da alcuni mesi anche della Medicina di Base (vedi nota 97 e nota 100 oltre al piano per la erogazione del Paxlovid fruibile per le cure precoci nei soggetti ammalati di covid non ospedalizzati)?

Le sembra dignitoso che un abile infermiere professionale (oramai laureato in Scienze Infermieristiche) abbia quasi, in molte realtà, lo stesso stipendio di un addetto alle pulizie di un condominio con tutto il doveroso e sacrosanto rispetto per chi svolge il nobile lavoro alle dipendenze di un’impresa di pulizie?

E, in ultimo, ritiene dignitoso che i medici e i paramedici che operano sul territorio vengano considerati e/o trattati anche da parte di molti dirigenti Asl come professionisti di serie B mentre in altri Paesi, svolgendo un ruolo fondamentale per la tutela della salute pubblica, a essi sia riconosciuto il giusto plauso e un trattamento economico più decoroso?

Onorevole ministro, si ponga magari queste domande e le inoltri anche ai titolari degli altri Dicasteri (Mef in primis) oltre che alla sua e nostra Premier e se può ci dia una risposta coerente con ciò che promette di compiere durante il Suo nobile mandato.

La ringrazio e confido nelle Sue capacità e nella Sua onestà intellettuale,

Un medico di Famiglia (o di Medicina Generale, se Le sembra più appropriato) che opera in Piemonte, cordiali saluti

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