di Claudia De Martino
Israele è scosso per la sesta settimana consecutiva da proteste di piazza indette contro la “clausola di scavalcamento” delle decisioni della Corte Suprema e la nomina dei giudici da parte del governo, che sabato scorso hanno riunito 100.000 persone, principalmente a Tel Aviv ma anche in altre città del Paese, conferendo al movimento di opposizione carattere nazionale.
I cittadini israeliani, che protestano contro un “assalto alla democrazia liberale” nel loro Paese da parte della coalizione di governo – formata da un’alleanza coesa di partiti di destra guidata dal partito di Netanyahu (Likud) e composta da partiti ultranazionalisti, rappresentanti dei coloni (Sionisti Religiosi), e religiosi, rappresentanti dei partiti ultraortodossi ashkenaziti (UTJ) e mizrahi (Shas) – non si sono fatti scoraggiare dalla fermezza del governo, che ha già approvato una parte della riforma in prima lettura, né dalla ripresa degli attentati palestinesi, che negli ultimi mesi sono tornati a seminare violenza e morte prevalentemente in Cisgiordania e a Gerusalemme, in risposta allo stallo politico interno e alla diffusa sfiducia in una qualsiasi prospettiva per i Territori Occupati.
Tuttavia, il “braccio di ferro” con il governo si preannuncia molto duro perché i “nemici”- ovvero i promotori della riforma – non sono da ricercare soltanto nei partiti al potere, ma anche in una vasta costellazione di associazioni e organizzazioni non governative afferenti alla destra nazionalista e/o religiosa, fortemente finanziata dagli Stati Uniti, che afferiscono ad una struttura di nome “Forum Kohelet”. Si tratta di un’organizzazione, descritta come “tentacolare” dal quotidiano Ha’aretz, presieduta da un professore di Computer science dell’Università di Bar Ilan e da un lobbista, che opera legalmente in Israele dal 2012 ed oggi impiega 70 persone con l’obiettivo di trasformare il Paese in senso socialmente conservatore e di promuovere “la libertà individuale e di mercato”.
Per quali “valori conservatori” militi l’organizzazione è chiaro dai disegni di legge che i suoi ricercatori hanno contribuito ad avanzare alla Knesset, tra cui la nota “Legge fondamentale sullo Stato-Nazione ebraico” del 2018, che ha definito lo Stato d’Israele patria esclusiva della maggioranza ebraica di cui tutte le minoranze sarebbero solo gentili ospiti, tollerati ma non legittimati a partecipare alla gestione della cosa pubblica, ma anche obiettivi legislativi minori, come la serrata opposizione all’introduzione del salario minimo e di misure di welfare per i lavoratori poveri, contro il rilancio dell’edilizia pubblica e il controllo degli affitti, e a favore dello smantellamento delle tutele godute dai lavoratori sindacalizzati presso l’Histadrut, la più grande organizzazione operaia del Paese.
Infine, il Forum Kohelet è impegnato a impedire la sottoscrizione di Israele alla Convenzione di Istanbul per la tutela internazionale di donne vittime di violenza di genere, in quanto la concessione dell’asilo a eventuali donne straniere favorirebbe l’immigrazione non-ebraica in Israele.
Una recente inchiesta dell’ong Shomrim ha rivelato perché il Forum Kohelet sia tanto cresciuto negli ultimi dieci anni da diventare la lobby estremista più influente sul governo, tanto da arrivare ad assumere essa stessa l’iniziativa legislativa di riforma della Corte, solo nominalmente introdotta dall’attuale Ministro della giustizia Levin, ma sostanzialmente redatta negli uffici dell’organizzazione al di fuori del Parlamento. Shomrim ha denunciato che il Forum Kohelet dispone di un cospicuo budget annuale di decine di milioni di Shekel utilizzato per pagare i salari di 100 ricercatori impegnati nella stesura di riforme socioeconomiche in Israele, nonché in attività di lobby presso la Knesset e di comunicazione sui grandi quotidiani, i maggiori canali televisivi e persino i social media popolari tra i più giovani, come Tik Tok.
Varie associazioni non-profit operative negli Stati Uniti raccolgono donazioni esentasse da privati cittadini americani e le re-indirizzano a organizzazioni gemelle in Israele, tra cui figurano associazioni formalmente “rispettabili” come il Kohelet Forum e altre più controverse come Shlom Asiraich (“Il benessere dei tuoi prigionieri”), un’organizzazione non governativa di estrema destra che assiste estremisti ebrei resisi colpevoli di omicidio o strage contro Palestinesi (tra i suoi beneficiari figurano Yigal Amir, l’assassino dell’ex Premier Rabin nel 1995; e altri fondamentalisti ebrei colpevoli di crimini d’odio). Oltre alle donazioni di piccoli privati, però, vi sono anche quelle di grandi imprenditori e multimiliardari Usa, tra cui figura Jeff Yass, il patrono del Susquehanna International Group, una grande società finanziaria specializzata nel commercio algoritmico, forte sostenitore di Trump alle ultime presidenziali Usa. Non è facile accertare l’entità delle donazioni raccolte dalle organizzazioni non-profit americane, ma Shomrim, sulla base di ampi dati e testimonianze, ipotizza che si aggirino intorno ai 2 miliardi di dollari all’anno e che sfruttino i cavilli della legge statunitense, che rende idonei alla “carità” detenuti anche già condannati con sentenza definitiva all’estero.
Tuttavia, il Forum Kohelet resta un unicum nel panorama delle organizzazioni non-governative israeliane, in quanto nessun’altra struttura-ombrello riesce a riunire così tante associazioni ad unico fine – quello di instaurare un governo illiberale guidato da un esecutivo forte, capace di coniugare autoritarismo politico e libero mercato -, e dotata di un’analoga “potenza di fuoco”, ovvero con la capacità di elaborare simultaneamente proposte di intervento in campi tanto diversificati quanto la governance, l’istruzione, la giustizia militare, l’immigrazione, la prosecuzione della colonizzazione in Cisgiordania, il bando della campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimenti e Sanzioni), la lotta per lo smantellamento dei diritti dei lavoratori e la mancata ratifica dei trattati internazionali, e tutte allo stesso tempo.
Lo stato di diritto in Israele non è mai stato così a rischio come in questi anni in cui il peso economico di miliardari conservatori e “filantropi” ebreo-americani aderenti alla galassia del National Conservatism si è unito all’ideologia nazionalista della destra religiosa e dei coloni, asso trainante dell’attuale governo con Netanyahu.