Il blitz in Consiglio dei ministri ha portato a una rivoluzione della misura, solo in minima parte anticipata prima del voto. Fdi assicurava: "Pronti a tutelare i diritti e a migliorare le agevolazioni edilizie". Nei fatti, sei mesi dopo, si torna all'antico. Ed esplode la polemica politica. In primis del Movimento Cinque Stelle, che del Superbonus aveva fatto una bandiera, seguito a ruota da Pd e Alleanza Verdi-Sinistra: "Un vero capolavoro"
L’addio allo sconto in fattura e alla cessione dei crediti fiscali, il divieto per le pubbliche amministrazioni di acquistare quelli già sul mercato. In altri termini: le fondamenta del Superbonus, che avevano garantito ristrutturazioni anche a chi non aveva cash in portafoglio, smantellate e una soluzione per la montagna di crediti in circolazione ancora materialmente da trovare. Il blitz in Consiglio dei ministri ha portato a una rivoluzione della misura introdotta dal Conte 2, solo in minima parte anticipata in campagna elettorale dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Che anzi, a una settimana dalle urne, assicurava: “Pronti a tutelare i diritti del superbonus e a migliorare le agevolazioni edilizie. Sempre dalla parte delle imprese e dei cittadini onesti che si danno da fare per far crescere e migliorare l’Italia”. Nei fatti, sei mesi dopo, si torna all’antico con la sola detrazione in dichiarazione dei redditi.
E ora accanto alle preoccupazioni dei costruttori, esplode la polemica politica. Quella sotterranea interna alla maggioranza – con pezzi di Forza Italia sconcertanti dalla rapidità dell’operazione e impauriti dalle possibili reazioni dell’elettorato – e quella pubblica delle opposizioni. In primis del Movimento Cinque Stelle, che del Superbonus aveva fatto una bandiera, seguito a ruota da Pd e Alleanza Verdi-Sinistra che parlano di “danno alle persone meno abbienti” e settore dell’edilizia “affossato”. Così nel day after dell’approvazione del decreto, il presidente Giuseppe Conte va all’attacco: “Le promesse della campagna elettorale rimangiate una dopo l’altra. Incoerenza e pavidità, a danno di famiglie e imprese”, scrive sui social l’ex presidente del Consiglio rilanciando il tweet di Meloni dello scorso 17 settembre in cui assicurava la “tutela dei diritti” del Superbonus e si schierava al fianco dei costruttori e dei cittadini onesti.
Ma cosa diceva nel video che accompagnava il tweet l’allora aspirante premier? Meno, molto meno, di quanto è contenuto nel decreto approvato giovedì. Meloni definiva così la misura del 110%: “È nata con intenti lodevoli”. Per poi precisare: “Per colpa di una norma scritta male ha prestato il fianco a diverse frodi e a un ingiustificato aumento dei materiali”. E ancora: “Modifiche sempre più stringenti hanno mandato in crisi piccole aziende che avevano fatto affidamento sul Superbonus e migliaia di cittadini che avevano fatto altrettanto”. Quindi rivendicava l’emendamento al decreto Aiuti di Fratelli d’Italia con cui era stata in parte sistemata la questione della responsabilità per gli acquirenti dei crediti in caso di colpa grave e dolo. Misura che evidentemente non era totalmente risolutiva, se nel decreto approvato giovedì è stato ulteriormente chiarito e ampliato il ‘discarico’ per gli operatori finanziari che cedono e comprano i crediti fiscali: adesso sì, è stata trovata una soluzione. Meloni però guardava anche al futuro: “Fratelli d’Italia intende andare oltre, intervenendo per modificare il funzionamento”. La promessa era quella di “tutelare gli esodati del Superbonus”, cioè “chi è rimasto con crediti fiscali e lavori bloccati”.
E annunciava: “Nessuna modifica normativa per chi ha già avviato i lavori”. Ma soprattutto: “Rivedere l’intero sistema delle agevolazioni edilizie esistenti”. Come? “Uniformando l’entità dei bonus, indirizzando le agevolazioni verso la prima casa, semplificando”. Mai la presidente del Consiglio aveva parlato apertamente di una cancellazione totale dello sconto in fattura e della cessione dei crediti, il combinato architrave del Superbonus che in questi anni ha permesso profonde ristrutturazioni a famiglie che non avevano cash da anticipare per poi vedersi restituire buona – o tutta – parte della cifra impegnata nei dieci anni successivi attraverso la dichiarazione dei redditi. Il decreto approvato infatti lascia un’incertezza e una certezza: il dubbio è quello le imprese che si sono viste cancellare la possibilità di cedere i crediti fiscali alle pubbliche amministrazioni senza una soluzione immediata, la certezza è che senza sconto in fattura le ristrutturazioni tornano, salvo indebitarsi con le banche, una possibilità per chi ha liquidità da investire garantendo il recupero della somma, quasi per intero, nel quadriennio successivo.
“Con il decreto licenziato ieri dal governo Meloni si blocca definitivamente e con effetto immediato ogni buon effetto dei Bonus edilizi che abbiamo introdotto in questi anni e che hanno contribuito in modo significativo alla crescita del pil di cui la destra oggi si vanta”, è la reazione del Pd in una nota della capogruppo alla Camera Debora Serracchiani, dei componenti dell’ufficio di presidenza del Gruppo e di tutti i capigruppo nelle commissioni. “Vietare agli enti locali e alle altre pubbliche amministrazioni di acquistare i crediti incagliati vuol dire condannare alla chiusura decine di migliaia di imprese, fermare almeno 100mila cantieri, mandare sul lastrico migliaia di famiglie e far perdere il lavoro a centinaia di migliaia di persone”. E per di più, attacca ancora il Pd promettendo modifiche in fase di conversione, “lo si è fatto ai danni delle imprese e delle persone meno abbienti”.
La cessione del credito, sottolineano i dem, “consentiva che la misura fosse alla portata di tutti indipendentemente dalle proprie capacità economiche” e specificano: “Un’altra retromarcia della presidente Meloni che in campagna elettorale aveva promesso il contrario. Un altro decreto che va contro i più deboli”. Sulla stessa lunghezza d’onda il capogruppo di Alleanza Verdi-Sinistra Peppe De Cristofaro, presidente del gruppo Misto al Senato: “Dovevano risolvere il problema dei crediti incagliati e invece hanno abolito tutto. Il centrodestra di governo con un colpo solo blocca quell’efficientamento energetico del nostro patrimonio immobiliare necessario per la transizione ecologica e il risparmio energetico e gli interventi di riduzione del rischio sismico. Un disastro sociale ed economico per famiglie e imprese. Siamo passati dal governo del ‘non disturbare chi vuole fare’ a quello che affossa il settore dell’edilizia, cioè uno dei settori trainanti della ripresa economica post Covid. Un vero capolavoro”.