A condurre una significativa ricerca su questa pratica è stato il sociologo Tony Silva della Northwest University dell’Oregon, negli States. Il suo studio, ‘Constructing Normative Masculinity among rural straight men that have sex with men', è partito dall’analisi della pratica del sesso tra uomini eterosessuali di popolazioni rurali
Tornate a casa e trovate il vostro uomo a letto con un amico? Non ha scoperto all’improvviso di essere gay, e nemmeno vi ha mentito sulla sua vera identità sessuale. Sta semplicemente facendo bud sex: il sesso fra maschi eterosessuali. E’ questa una tendenza che si sta diffondendo negli ultimi anni fra uomini etero. Fanno sesso fra loro, se capita, ma difendono a spada tratta la propria identità sessuale: non si considerano nemmeno lontanamente gay. Anzi, in molti casi hanno partner e figli. La parola ‘bud’, che letteralmente significa “tizio”, “tipo”, da sola non dice nulla. Ma se unita a ‘sex’ descrive e caratterizza un fenomeno degno di studio: il ‘sesso fra compagni’.
A condurre una significativa ricerca su questa pratica è stato il sociologo Tony Silva della Northwest University dell’Oregon, negli States. Il suo studio, ‘Constructing Normative Masculinity among rural straight men that have sex with men’ è partito dall’analisi della pratica del sesso tra uomini eterosessuali di popolazioni rurali. Cosa ha rivelato? Che il fenomeno esiste ed è concepito e vissuto come qualcosa di assolutamente lontano dall’omosessualità. Lo studioso è arrivato a queste conclusioni a partire dalle testimonianze di una ventina di soggetti intervistati. Silva, animato dall’intento di studiare il bud sex in relazioni ai molteplici fattori che influenzano l’identità sessuale, cultura, contesto sociale, luogo, momento storico e interpretazioni personali, ha raccolto le loro motivazioni, percezioni e ha tracciato la sua relazione.
Secondo i dati ottenuti nella ricerca, chi partecipa a questa pratica sessuale seleziona il partner sulla base della mascolinità, dell’etnia e dell’identità sessuale. Gli uomini intervistati dal sociologo hanno scelto infatti uomini della stessa etnia (in questo caso bianca, perché lo studio è stato condotto su questa parte della popolazione), eterosessuali o, in privato, bisessuali. In base a questi presupposti i loro comportamenti, o per meglio dire i loro incontri intimi, sono stati considerati come eterosessuali perché vissuti con persone simili in tutto. Nell’orientamento sessuale, nei valori, nello stile di vita. Assolutamente lontani dalla dimensione dell’omosessualità. Quali sono i sentimenti che preparano la strada alla pratica del bud sex? Complicità e amicizia, condivisione di interessi e argomenti comuni di dialogo. Il parlare delle donne e della politica, per esempio. Insomma, quel senso di gruppo che fa parte del cliché e dello stereotipo maschile degno di tanta cinematografia. Ma con una differenza. Pensiamo per esempio ad “American Psycho” il film diretto da Mary Harron nel 2000. Il gruppo dei maschi americani ricchi e di potere all’epoca di Reagan, che il registra ritrae, condivide solo l’aspetto di competizione e di una complicità apparente, relegata al mondo degli affari milionari. Una sorta di appartenenza allo status comune. Tanto che il protagonista è letteralmente schifato dalle avances di un collega (un gay effeminato) che gli dichiara il suo innamoramento in bagno. Palestrato e virile, prova ribrezzo verso chi è sentimentale, maschi e femmine che siano. Ma nemmeno cerca amicizia in quelli simili a lui, anzi, li invidia.
Nel caso del bud sex invece ci sono amicizia e complicità. Sebbene resti una pratica priva di sentimento e romanticismo ma sia piuttosto una soddisfazione di istinti, nasce da un senso di condivisione amichevole. Altra caratteristica fondamentale del bud sex, secondo Silva, è la riservatezza. La maggior parte degli intervistati rivela che una delle prerogative fondamentali è la segretezza delle loro relazioni sessuali, considerate nell’ambito della normalità etero. Di più: sarebbero ulteriori affermazioni di mascolinità. Il profilo tracciato dallo studioso nella sua ricerca? Maschio eterosessuale, bianco, di solito sposato e con prole, over 50. Un uomo che ha vissuto la giovinezza in un’epoca in cui era difficile esprimere qualsiasi altro tipo di desiderio sessuale, oltre a quello ‘normalizzato’. Un uomo che cerca la mascolinità, quella basata su stereotipi di genere, nell’altro come specchio.
In conclusione, il bud sex è una pratica che alcuni uomini esercitano per esprimere e dare sfogo al proprio desiderio sessuale. Punto. Un desiderio che non è oggetto di riflessione sulla messa in discussione della propria identità. Prima di Tony Silva anche l’autrice Jane Ward aveva indagato il comportamento sessuale dei maschi che si dichiarano etero ma hanno rapporti con altri maschi etero. Il suo studio per la California University, dal titolo “Not Gay: sex between Straight White Men” aveva portato alla luce ciò che lei definiva un legame etero-flexible fra gli uomini. Come quello di squadra, cameratismo militaresco o sportivo. Anche Secondo la Ward la scelta dei maschi etero di fare sesso con altri maschi etero serve a rafforzare la loro virilità. Ma se Silva insiste sulla mera sessualità fine a se stessa, Ward azzarda anche lo scivolamento verso aspetti più sentimentali. Viene da chiedersi allora quale sia il confine fra eterosessualità, omosessualità, bisessualità in un contesto sempre più fluido. Il bud sex in quale categoria rientra?