di Maurizio Donini

L’ascesa al potere della destra populista ha dato nuova linfa alla spingarda salviniana rispolverando il vecchio e stantio mantra leghista dell’invasione di immigrati dal terzo mondo. Storia vecchia, ma sempre attuale e funzionale alla scarsità di argomenti degli sciovinisti padani. Ma l’immigrazione, lasciando da parte le varie sensibilità politiche, è un male o un’opportunità? Tecnicamente, la realtà è che oggi l’immigrazione è una necessità di cui non possiamo fare a meno e che risulta addirittura povera per le necessità italiane parlando ovviamente di un flusso regolato e da organizzare secondo dettami corretti.

Le previsioni ai tassi di natalità italiani odierni, ben al di sotto del necessario e in costante decrescita, portano al risultato che nel 2050 la popolazione assommerà a 47 milioni di abitanti, un numero che renderà impossibile finanziare la spesa sociale, dalle pensioni alla sanità passando per la sicurezza. Giova rammentare che malgrado l’aumento del tasso di partecipazione degli ultimi tempi, la forza lavoro del nostro paese assomma a 23 milioni di persone e che il pil si calcola per unità lavorativa attiva. Così come è utile ricordare che l’aumento del pil nazionale inferiore agli altri paesi è dovuto, anche, per l’invecchiamento della popolazione, gli over 65 hanno già superato gli over 15.

E’ di pochi giorni fa l’allarme lanciato da Bankitalia, un rapporto che calcola un fabbisogno di 375.000 lavoratori da qui al 2026 per sviluppare Pnrr e Fondi Ue per l’occupazione; ma riprendendo il discorso precedente, nello stesso arco di tempo l’offerta all’interno del mercato del lavoro si contrarrà di 630.000 unità nella fascia 15-69 anni. Le soluzioni sono solamente due: un’efficace politica attiva per incrementare la natalità (ma i tempi sono ovviamente generazionali) e un consistente aumento dei flussi migratori mirati (non si parla solo di ingegneri, ma anche di gruisti, palisti e minatori). In compenso il nuovo codice degli appalti messo a punto dal governo Meloni va in senso opposto rendendo questi posti di lavoro ancora meno appetibili.

L’immigrazione continua a essere un punto dolente nelle sensibilità europee. Nel 2020 Ursula von der Leyen ha annunciato la presentazione nuovo Patto Europeo sull’Immigrazione e l’Asilo teso a riformare il Ceas (Sistema Comune Europeo di Asilo). Ceas ha preso spunto dal Regolamento di Dublino, convenzione volontaria tra 12 stati membri, al momento vige il Regolamento di Dublino III. La norma vuole evitare trasferimenti di migranti rimpallati tra diversi stati membri, con la conseguente difficoltà di individuare lo stato competente e multiple richieste di protezione. Curiosamente venivano considerati solo i legami nati nel paese nativo e i familiari ascendenti ai fini del ricongiungimento: ovvero genitori, zii, nonni, ma non fratelli e sorelle.

Le resistenze del Gruppo di Visegrád alla riforma del sistema che prevedeva un mix di benefit e sanzioni a seconda dei livelli di accoglienza e legato al pil ha impedito di aggiornare la normativa veicolando le novità all’interno del Patto ora proposto. In sintesi sono previsti controlli volti all’identificazione alle frontiere esterne per gli accessi clandestini, in modo da velocizzare al massimo la procedura di accoglimento o respingimento. Di grande interesse è l’evoluzione del concetto di familiare rispetto l’esistenza di legami sul territorio europeo, ora vengono compresi anche i parenti laterali come fratelli e sorelle e quelli creatisi in itinere. Preso atto del lungo tempo che intercorre tra la partenza dai paesi di origine e l’arrivo a destinazione, si valorizzano eventuali legami che si siano venuti a creare lungo il viaggio. Fondamentale la protezione data ai minori non accompagnati, l’imprescindibile necessità di proteggere un minore privo di legami in territorio europeo, come già stabilito dalla Corte di Giustizia, viene posto comunque allo stato membro in cui il minore si trova.

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