Proiettili di artiglieria incandescenti, produzione in aumento e un impianto in funzione 24 ore al giorno, 7 giorni su sette, per inviare sempre più armi al fronte ucraino. Cnn ha realizzato un servizio nella fabbrica Scranton Army Ammunition Plant, in Pennsylvania, che “sforna circa 11mila proiettili di artiglieria al mese”. Un quantitativo che l’esercito ucraino esaurisce nel giro di pochi giorni. L’impianto – che è tra i maggiori produttori in assoluto di artiglieria negli Stati Uniti – si trova a Scranton, città dove è nato il presidente americano Joe Biden, e negli ultimi mesi il lavoro è aumentato esponenzialmente per fare fronte alla richiesta di armamenti da parte di Kiev, “alimentata da milioni di dollari in nuove spese per la difesa da parte del Pentagono“. La fabbrica “sta investendo in nuovi macchinari ad alta tecnologia, assumendo qualche dozzina di lavoratori in più e alla fine passerà a un programma di produzione costante 24 ore su 24, 7 giorni su 7″. Il ritmo di produzione in progressivo aumento è motivato dall’urgenza di rifornimenti militari all’Ucraina, un punto sollevato più volte nelle ultime settimane dal segretario della Nato Jens Stoltenberg, che ha invitato gli alleati a incrementare la produzione bellica e ha sollevato l’allarme sulla mancanza di munizioni.
The US Army is planning a 500% increase in 155mm artillery shell production, from 15,000 a month to 70,000. It will take anywhere from 12 to 18 months for the US to reach this “max” production rate.https://t.co/TLEQ05bH4P
— Franz-Stefan Gady (@HoansSolo) February 17, 2023
“Gli Stati Uniti e i loro alleati – scrive ancora Cnn – hanno già inviato quasi 50 miliardi di dollari in aiuti e attrezzature all’esercito ucraino nell’ultimo anno. Per continuare così e per ripristinare le proprie scorte, il Pentagono si sta riarmando rapidamente, col più grande aumento negli ultimi decenni della produzione di munizioni e impiegando a pieno regime rami dell’industria della difesa statunitense, nonostante l’America tecnicamente non sia in guerra”. Finora il Pentagono “ha stanziato circa 3 miliardi di dollari per acquistare munizioni all’estero dagli alleati e per aumentare la produzione interna”. Una somma che, almeno in parte, “sarà utilizzata per produrre quello che è diventato un punto fermo della guerra: proiettili di artiglieria da 155 millimetri”. Nei piani dell’esercito c’è “l’aumento del 500% nella produzione di proiettili di artiglieria”, che passeranno “da 15mila a 70mila al mese”. Un quantitativo che per gran parte sarà fornito proprio dall’impianto di Scranton.
Ma non c’è solo questa fabbrica a spingere massicciamente l’industria bellica americana, in particolare quella delle munizioni. “Uno stabilimento della Lockheed Martin a Camden – si legge ancora sul sito dell’emittente americana -, in Arkansas, sta producendo una serie di razzi e missili, compresi quelli utilizzati dal sistema missilistico Patriot dell’esercito, tutti molto richiesti in Ucraina“. E secondo il responsabile acquisti e logistica dell’esercito Doug Bush, la Difesa sta mettendo a punto “un nuovo impianto a Garland, in Texas, per fabbricare proiettili di artiglieria, mentre un impianto esistente è in fase di ampliamento a Middletown, Iowa, che carica, imballa e assembla proiettili da 155 millimetri”. Secondo Bush, saranno necessari “dai 12 ai 18 mesi perché gli Stati Uniti raggiungano il loro tasso di produzione “massimo” di 70mila proiettili di artiglieria al mese”. Le tempistiche? Nel giro di un anno, sebbene ci si auguri che la guerra sia già finita, la produzione potrà avere ritmi ben più elevati di adesso.