“Aveva perso ogni certezza, era andato in tilt”. Sono queste le parole del fratello di un barista che negli ultimi giorni del 2020 ha deciso di farla finita gettandosi sui binari del treno. Lavorava in un locale, ma a causa delle restrizioni causate dalla pandemia Covid-19 aveva perso il lavoro ed era stato anche costretto a tornare a vivere a casa del padre. “Si era completamente chiuso in se stesso,” spiega il fratello.
Durante lo stesso periodo, si osservavano altre tragedie simili. In Italia nel 2020 il Pil è diminuito dell’8,9% e, secondo l’Istat, tra febbraio 2020 e 2021 il numero di occupati è sceso di circa 945mila unità. La pandemia ha inoltre causato la chiusura definitiva di centinaia di migliaia di imprese.
Sulla base di dati così allarmanti, era plausibile aspettarsi che la pandemia esercitasse un grave impatto sulla salute mentale. Le crisi economiche sono spesso associate a comportamenti autodistruttivi. Alcuni esperti e opinionisti hanno denunciato gli interventi di prevenzione Covid-19, accusando i loro sostenitori di “allarmismo”, “catastrofismo” e “chiusurismo”, assicurando che i lockdown avrebbero causato una strage di suicidi. Avevano ragione?
Sorprendentemente, in molte nazioni non c’è stato un incremento significativo di suicidi nel 2020 e si sono addirittura osservati trend temporali decrescenti. Negli Stati Uniti, uno dei Paesi colpiti più duramente dalla pandemia, i suicidi sono scesi da 47.511 nel 2019 a 44.834 nel 2020. Un simile scenario si è osservato anche in Canada. In Svezia, i tassi di suicidio a gennaio-giugno 2020 hanno mostrato una leggera diminuzione rispetto ai corrispondenti tassi di gennaio-giugno 2019. Anche in Perù si è osservata una decrescita dei suicidi. La pandemia sembra non aver prodotto effetti negativi sui suicidi neppure in Inghilterra e Australia.
Anche uno studio condotto in Norvegia ha mostrato livelli stabili di disturbi mentali, ideazione suicidaria e decessi per suicidio. Analisi dalla Germania hanno rilevato tassi di suicidio durante la pandemia in linea con la tendenza degli anni precedenti. In Italia, un report ha mostrato che rispetto alla media calcolata nello stesso periodo del quinquennio 2015-2019 i suicidi sono diminuiti del 19% tra gli uomini e del 27% tra le donne.
Una revisione sistematica della letteratura ha evidenziato un incremento di suicidi e tentativi di suicidio in solo 6 paesi su 18 di quelli considerati, ma una diminuzione in 4 paesi. Un’ulteriore analisi empirica pubblicata su Lancet con dati provenienti da 33 paesi ha concluso che non ci sono prove a sostegno dell’ipotesi di un numero di suicidi superiore al previsto negli anni della pandemia.
Numerosi studi suggeriscono che la pandemia ha esercitato i più dannosi effetti psicologici su bambini e adolescenti. Tuttavia, una revisione sistematica della letteratura e metanalisi con 47 studi osservazionali su adolescenti e giovani mostra che, durante la pandemia, le tendenze temporali suicidarie hanno riscontrato incrementi non significativi da un punto di vista statistico. Un’altra revisione ha invece osservato una tendenza al rialzo dell’ideazione suicidaria e dei tentativi di suicidio, ma il tasso di suicidi è rimasto stabile.
Questi risultati devono essere interpretati con cautela. Ricerche future ci diranno se la riduzione dei suicidi osservata nel 2020 non è altro che un “effetto luna di miele” destinato a essere rimpiazzato da tendenze temporali meno confortanti. Sappiamo però che durante scenari di minaccia esterna, come una guerra o una pandemia, possono accadere due tipi di risposte sociali. Da una parte, una crisi può aumentare, oltre all’isolamento, il pregiudizio, il razzismo latente e la xenofobia. Dall’altra, può favorire reciprocità, solidarietà e per alcune popolazioni uno stile di vita meno stressante.
E’ possibile che, a livello aggregato, i fattori di rischio dei suicidi causati dalla pandemia siano stati compensati da fattori protettivi come l’aiuto interpersonale, un maggiore senso di appartenenza e il prendersi cura della propria salute? Non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che, contrariamente alle opinioni di alcuni esperti, la crisi di suicidi causata dalla pandemia, a livello di popolazione, non c’è stata.
Questi studi, tuttavia, non consolano il dolore verso chi si è tolto la vita e non devono essere una scusa per abbassare la guardia sulle misure di sostegno e equità capaci di attutire l’impatto delle crisi. Anzi. Devono essere un ulteriore monito a far in modo che i governi s’impegnino a evitare condizioni sociali che fanno “perdere ogni certezza.”