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La lunghezza del pene è cresciuta di 3 cm in 30 anni, ma gli esperti avvertono: “Pessimo segnale”

La lunghezza del pene maschile in erezione è aumentata rapidamente negli ultimi trent’ anni, passando da 12cm a ben 15,2 cm. Potrebbe sembrare una buona notizia, in realtà gli esperti avvertono: "Potrebbe trattarsi di un pessimo segnale". Ecco perché

di 30science per Il Fatto

La lunghezza del pene maschile in erezione è aumentata rapidamente negli ultimi trent’ anni, passando da 12cm a ben 15,2 cm. A segnalare quella che potrebbe essere solo apparentemente una buona notizia sono stati gli esperti della Società italiana di andrologia (Sia) dal congresso della Società europea di andrologia, in corso ad Amsterdam. Gli andrologi italiani hanno infatti commentato una metanalisi condotta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Stanford, negli Stati Uniti, e che ha preso in esame 75 studi condotti tra il 1942 e il 2021. I dati comprendevano la misurazione della lunghezza del pene di 55.761 uomini in tre stati diversi: flaccido, allungato e in erezione. I ricercatori hanno scoperto che in tutto il periodo di studio le dimensioni sono aumentate.

In particolare, ad essere aumentata è la lunghezza del pene quando è eretto. Se infatti la lunghezza media del pene “a riposo” è rimasta sostanzialmente invariata, cioè poco più di 8,5 centimetri, ed è rimasta stabile anche quando allungato, cioè mediamente 13 centimetri, i peni completamente eretti si sarebbero allungati, passando da una media di 12 centimetri a una di 15,24 centimetri. Anche se può sembrare il desiderio di ogni uomo, gli esperti sostengono che potrebbe trattarsi di un pessimo segnale. “L’aumento delle dimensioni dei genitali maschili potrebbe essere un altro indicatore dell’impatto di fattori ambientali, come l’esposizione a inquinanti o l’aumento di stili di vita poco sani – commenta Alessandro Palmieri, presidente della Sia e professore di Urologia alla Università Federico II di Napoli – . Questi potrebbero infatti alterare il funzionamento del sistema endocrino – continua – modificando in modo anche strutturale l’apparato riproduttivo maschile. Lo studio quindi suggerisce l’importanza di approfondire e valutare le ripercussioni dei fattori ambientali sulla salute sessuale e riproduttiva maschile, a cui la Sia ha sempre dedicato molta attenzione sia dal punto di vista divulgativo che scientifico”.

Secondo i ricercatori, infatti, questo incremento del ben 25% potrebbe essere causato dall’esposizione a sostanze chimiche, da uno stile di vita sedentario e dal cibo spazzatura, gli stessi fattori che sono stati anche attribuiti alla rapida diminuzione dei tassi di fertilità. “Lo studio non ci dà alcuna indicazione circa le possibili ripercussioni di questo allungamento sulla salute del sistema riproduttivo maschile e serviranno ulteriori indagini e approfondimenti – spiega Palmieri -. Tuttavia, aldilà dei risultati della ricerca il tema delle dimensioni del pene è ancora oggi molto dibattuto e una costante fonte di ansia e preoccupazione per gli uomini, addirittura considerato invalidante. Va invece ribadito – sottolinea l’esperto – che le misure sono del tutto indicative perché ogni uomo è diverso dall’altro, e la lunghezza del pene non è sempre importante per una vita sessuale soddisfacente”.

Le dimensioni del pene non sono l’unica sentinella dei cambiamenti nella salute maschile e delle ripercussioni sulla salute riproduttiva. In Italia, il gruppo di lavoro EcoFoodFertility, coordinato da Luigi Montano uroandrologo ASL Salerno e presidente Società Italiana Riproduzione Umana (Siru) rileva che “sempre più giovani maschi presentano alterazioni seminali non solo dei classici parametri, a partire dalla motilità spermatica”. Infatti, nel suo ultimo studio finanziato dal ministero della Salute pubblicato nel 2021 FASt rileva che la motilità progressiva spermatica risultava al di sotto della media del parametro del 30% fissato dal manuale Oms. “Ma le indagini che stiamo conducendo – prosegue l’uroandrologo – in particolare in diverse aree d’Italia ad alto inquinamento, mostrano i segni più profondi di queste alterazioni a livello del patrimonio genetico. Questo aspetto è particolarmente preoccupante per il futuro della salute non solo riproduttiva delle future generazioni. È urgente un cambio di rotta nel campo della prevenzione che tenga conto degli aspetti che riguardano il rischio da esposizione ambientale, oltre che agli stili di vita, perché stiamo assistendo ad una trasformazione biologica del nostro organismo di cui l’apparato riproduttivo, in particolare maschile ne è il primo indicatore”.

Lella Simone

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