di Michele Sanfilippo
Sono quasi vent’anni che non voto più il Pd. Mi sembra inutile elencare le mille ragioni per le quali, come altri milioni di elettori, ho smesso di votarlo – anche perché chiunque abbia il cuore che batte a sinistra le conosce benissimo. Adesso, però, scriverò qualcosa di apparentemente contraddittorio: in queste ore sto maturando la convinzione che andare a votare alle primarie del Pd del prossimo 26 febbraio potrebbe essere utile, se non importante. Provo a spiegare.
Vivo a Torino, una città in cui alle ultime elezioni ha vinto un esponente del Pd che sta navigando nell’assoluto anonimato politico, che maschera con un presenzialismo, almeno sui mezzi d’informazione locale, che neanche Zelensky. Quelli a seguire soni i numeri delle primarie del Pd vinte dal sindaco prima delle elezioni del 2021:
1. Igor Boni: 257
2. Francesco Tresso: 3.932
3. Stefano Lo Russo: 4.229
4. Enzo Lavolta: 2.864
Come si può vedere sembrano i numeri della votazione di un’assemblea condominiale. Io sapevo benissimo che Lo Russo era un prodotto del renzismo e, in cuor mio, speravo vincesse un esponente un po’ più orientato verso la parte periferica della città piuttosto che verso la Ztl. Ma, essendomi ripromesso che non avrei più votato il Pd, non ho partecipato al voto. Eppure, se poche centinaia di persone fossero andate a votare, probabilmente avremmo avuto un sindaco diverso e, credo, migliore.
Ora le primarie Pd per il sindaco di Torino stanno a Lo Russo come quelle nazionali stanno a Stefano Bonaccini. Quest’ultimo è un altro derivato della funesta stagione Renzi. Bonaccini, probabilmente, è un buon amministratore locale, ma le sue formule sono le solite della sinistra sbiadita che, negli ultimi trent’anni, ha fatto del mercato il suo vangelo: prima l’impresa e poi, se c’è margine, di quello che avanza beneficeranno anche gli altri. Ricordiamo tutti il “con Marchionne senza se e senza ma” detto all’unisono da Piero Fassino da Torino e dal Pericle di Rignano, allora segretario del Pd. Si tratta di formule che, forse, hanno funzionato in alcune regioni ricche e in tempi di vacche grasse. Ma l’Italia non è ricca, ha un deficit da paura e questi non sono più tempi di vacche grasse. Anzi, tutto il contrario. Le sfide che ci attendono sono planetarie e devono partire dal contenimento del surriscaldamento globale passando per un’economia che sappia redistribuire equamente le ricchezze, con l’ausilio di una classe dirigente onesta, leale verso gli elettori e generosa.
Se tanto mi dà tanto, non sarà Bonaccini a indirizzare quel poco che resta della sinistra italiana in questa direzione. Lo so che andare a votare le primarie del Pd può apparire ingenuo. Probabilmente stupido. Ma so anche che se saranno i quadri del partito a scegliere il prossimo leader, non vedremo alcun cambiamento sostanziale; mentre questa potrebbe essere l’ultima opportunità per vedere in azione una vera forza di sinistra che sappia collaborare con quella parte del Movimento 5 Stelle che ha tenuta viva la fiammella dell’attenzione ai più deboli.
Non è sufficiente poter dire “almeno non sono stato complice”, come fa un personaggio di Mediterraneo di Gabriele Salvatores. Non voglio avere il rimpianto di non aver fatto nulla per cambiare le cose. Pertanto ho deciso che mi turerò il naso (e anche altro se serve) e andrò a votare per Elly Schlein, che mi sembra la sola candidata a presentare un programma in linea con i problemi da affrontare. Che sia eletta e riesca ad attuarlo è altra cosa. Alla peggio avrò buttato via un euro e, se non vedrò un cambiamento, sarà davvero l’ultimo.