Un pool di media internazionali, tra cui le testate tedesche Süddeutsche Zeitung, Wdr e Ndr, rivela l’esistenza di un documento dell’estate 2021 dell’amministrazione presidenziale russa intitolato “Traguardi strategici della Federazione Russa in Bielorussia”, che in 17 pagine delinea come Mosca intenderebbe procedere per annettere la Bielorussa entro il 2030. Il piano uscirebbe – secondo questa ricostruzione – dalla “Direzione per la collaborazione estesa oltre le frontiere” creata cinque anni fa dal Cremlino per sviluppare strategie volte ad aumentare l’influenza russa negli Stati vicini.
La Ard riporta che il leader bielorusso Aleksandr Lukašenko, quando venerdì scorso è andato a Mosca, dopo che Putin di fronte alle telecamere lo ha ringraziato per la visita, avrebbe dato la misura dei rapporti di forza già esistenti rispondendo salace: “Come se avessi potuto disapprovare”. Il despota di Minsk deve d’altronde agli aiuti di Mosca la sua permanenza al potere, dopo che in centinaia di migliaia erano scesi in strada nel 2020 chiedendone le dimissioni.
Il progetto di uno Stato unificato esisterebbe in effetti fin dal 1999, riportano Florian Flade, Lea Frey e Manuel Bewarder di Wdr e Ndr, ma non era finora noto fin dove Mosca intenderebbe spingersi. Nel documento del Cremlino viene delineata un’annessione strisciante impiegando sia mezzi politici, che economici e militari. Il documento strategico indicherebbe esplicitamente il fine di “assicurare il predominante influsso della Federazione Russa nei settori sociali, politico, commerciale, economico, scientifico, dell’istruzione, cultura ed informazione”. L’influenza occidentale dovrebbe essere bandita, creando un baluardo contro la Nato, e la riforma costituzionale decisa nel febbraio 2022 portata a termine alle condizioni volute da Mosca. La Bielorussia perderebbe qualsiasi indipendenza.
Il piano, illustrato anche dalla ZdF con materiale di France Press, è diviso in due parti, una elencazione dei traguardi strategici nel breve termine (entro il 2022), nel medio termine (fino al 2025), e nel lungo termine (2030). I fini sarebbero poi ancora delineati in quattro aree diverse: politico, militare-difensivo, sociale ed economico-commerciale. Elite filorusse verrebbero instaurate in campo economico, scientifico e nella società civile. Semplificata la procedura per l’emissione di passaporti russi, come è già avvenuto nelle aree occupate dell’Ucraina. La presenza militare estesa con un sistema di comando congiunto delle forze armate. Le centrali nucleari allacciate alla rete del nuovo Stato unificato e la flotta commerciale bielorussa potrebbe attraccare solo nei porti russi. In Bielorussia verrebbero create scuole ed università russe ed i bambini bielorussi inviati per corsi di istruzione in centri patriottici di Mosca.
Flade, Frey e Bewarder indicano che il piano, che descriverebbe anche i rischi connessi ai singoli traguardi prefissati, per operatori di diversi servizi segreti occidentali sarebbe autentico e non obsoleto, il tassello di una strategia più ampia per creare una Grande Russia. Anche se lo stesso Lukašenko non può volere consegnare la piena indipendenza del Paese a Vladimir Putin, i piani di Mosca parrebbero peraltro ormai in effetti già molto avanzati e realtà sul campo. Dall’ottobre 2022 migliaia di soldati di Mosca sono stazionati in Bielorussia e vi svolgono esercitazioni congiunte. La dipendenza economica da Mosca, che è sempre esistita, è quasi completa e si stima che circa due terzi delle esportazioni di Minsk – che ha perso molti partner commerciali per le sanzioni dopo l’invasione russa dell’Ucraina – siano già esclusivamente verso la Russia. Anche l’influenza della propaganda del Cremlino è già onnipresente nei media e l’uso della lingua bielorussa in pubblico limitato, in piena sintonia con i traguardi di Mosca.