La sanzione per Alessia Sinatra è legata ad alcuni messaggi inviati all'allora leader di Unicost, che auspicavano la bocciatura nella corsa al vertice della procura di Roma del magistrato da lei accusato di molestie. Nel capo di incolpazione si legge che Sinatra "coinvolgeva Palamara in una "missione" rivolta a soddisfare la necessità di ottenere una giustizia riparativa e di trovare nella sconfitta del Creazzo una sorta di anelata e privatissima rivincita morale"
Sanzionata per aver tenuto un comportamento “gravemente scorretto” nei confronti di un collega che l’ha molestata sessualmente. È quello che è successo ad Alessia Sinatra, pm di Palermo alla quale la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha inflitto censura, la sanzione disciplinare minima applicabile. Una decisione inaspettata, visto che la procura generale della Cassazione aveva chiesto l’assoluzione, seppure motivandola con la particolare tenuità degli illeciti contestati. Nel 2021 lo stesso tribunale interno delle toghe aveva condannato l’allora procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo, alla perdita di due mesi di anzianità per aver molestato sessualmente Sinatra nel dicembre 2015.
L’accusa riguardava alcuni messaggi inviati a Luca Palamara, l’ex leader della corrente Unicost finito al centro dello scandalo che ha terremotato il mondo della magistratura. I fatti risalgono al maggio del 2019, quando il Csm doveva decidere sulla nomina del procuratore capo di Roma, a cui Creazzo era uno dei principali concorrenti. Nel capo di incolpazione si legge che Sinatra “coinvolgeva Palamara in una “missione” finalizzata a condizionare negativamente i componenti del Csm chiamati a esprimere la loro valutazione in sede di assemblea plenaria, rivolta a soddisfare l’avvertita necessità di ottenere in tal modo una giustizia riparativa e, specificamente, di trovare nella sconfitta del Creazzo una sorta di anelata e privatissima rivincita esclusivamente morale“, a distanza di quattro anni dalla molestia subita (che non è mai stata denunciata in sede penale). Nello specifico, “nei giorni immediatamente precedenti la data prevista” per la votazione, la pm palermitana scriveva una serie di messaggi a Palamara “sollecitandolo a intervenire presso i componenti togati e laici del Consiglio superiore (…) per metterli in guardia dall’esprimere il loro voto a favore di Creazzo, ripetutamente appellato “porco”, dichiarandosi finanche “disposta a tutto” pur di scongiurare la nomina. “Giurami che il porco cade subito“, “il mio gruppo non lo deve votare“, “porco mille volte”, “è pure scemo”, “dice che a Creazzo mancano due voti e ce la può fare, non si può correre il rischio”.
Dura la reazione dell’avvocato di Sinatra, Mario Serio: “La sentenza della sezione disciplinare di condanna di una magistrata, già vittima di accertati abusi sessuali da parte di un collega, che aveva la sola colpa di avere in una conversazione privata – destinata a non essere divulgata e malgrado questo fatta ostensibile – reso manifesta la sua indignazione per la possibile promozione dell’autore del gesto ed auspicato, in ambito egualmente privato, il mancato riconoscimento del successo professionale, segna un grave arretramento nella difesa delle vittime di abusi in ambito lavorativo e suscita grave allarme”. Serio prosegue spiegando che “malgrado la motivata richiesta di assoluzione per la scarsa rilevanza del fatto formulata dalla Procura generale della Cassazione la sezione disciplinare del Csm, composta in misura paritaria da componenti maschili e femminili e con una sostituzione per ragioni non rese note, ha condannato la donna magistrato alla sanzione disciplinare della censura, evidentemente trascurando ciascuno degli argomenti difensivi e perfino l’accorata, toccante autodifesa dell’ incolpata che ha spiegato il retroterra psicologico ed il fine dei messaggi, che altro non rappresentavano se non uno sfogo segreto di una donna violata. È un precedente pericoloso sia sul piano giurisprudenziale sia sul piano del costume sociale che non potrà non toccare le corde della diffusa sensibilità femminile. Naturalmente l’auspicio è che la Cassazione, che finalmente sta per trovare al proprio vertice una prestigiosissima e coraggiosa presenza femminile, pronunci l’appropriata e definitiva parola di giustizia ed equità”, conclude.