Il fine settimana ci ha regalato, purtroppo, lo psicodramma fiscale del ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti e del governo della destra. Con atto d’imperio, tenuto per giorni ben nascosto, il governo ha bloccato in poche ore i meccanismi fondamentali del superbonus fiscale e di tutti gli altri bonus edilizi, cioè lo sconto in fattura e la cessione del credito.

L’argomento di Giorgetti per giustificare questo intervento clamoroso è un classico della finanza pubblica. Secondo il ministro questo meccanismo ha creato un buco nei conti pubblici di 110 miliardi ed era necessario intervenire per evitare altri grossi guai. Questo psicodramma mentale del ministro è diventato invece un dramma reale per migliaia di imprese e centinaia di migliaia di famiglie che stavano decidendo di approfittare di questa ultima finestra fiscale. Un disastro economico insomma.

L’argomento del buco, chiamiamolo così, non è nuovo. È stato usato dalla stessa Meloni a novembre per una prima riduzione del superbonus. Appena tre mesi fa il famoso buco da bonus era di 38 miliardi. Ora è quasi triplicato. Come mai il ministro non si è accorto di questa lievitazione? Forse era colpevolmente distratto oppure impegnato altrove. Possiamo dire che il caso è ampiamente sospetto, anche perché emerso a pochi giorni dalle elezioni regionali vinte dall’astensionismo e dalla destra.

Poi il buco da bonus è scomparso dalla finanziaria 2023. Se fosse esistito, avrebbe dovuto essere considerato e debitamente affrontato con tagli e riduzioni. Ma la finanziaria di Giorgetti ha guardato altrove, generando altri e ben più pesanti buchi nella finanza pubblica. Giorgetti ha confezionato una finanziaria in stile partita doppia, visto che è uno stimato commercialista. Non essendoci grosse risorse da distribuire, ma molti appetiti post-elettorali da soddisfare, si è inventato una finanziaria nuova in cui si sottraggono redditi ad alcuni per darli ad altri. Come nella partita doppia ogni posta contabile viene segnata con un segno più da una parte e con un segno meno dall’altra, nello tesso modo si è proceduto con i cittadini e con i contribuenti.

Ecco alcuni esempi. Si è tolto ai pensionati cosiddetti ricchi (?), quelli che per decenni hanno versato i contributi e che percepiscono per questo più di duemila euro lordi al mese, per aumentare le pensioni minime con un’operazione che non si era mai vista e molto discutibile. L’indennità di vacanza contrattuale dei dipendenti pubblici è stata utilizzata per ridurre di poco il cuneo fiscale dei lavoratori dipendenti. È come se un’impresa decidesse di aumentare lo stipendio dei lavoratori di altre imprese. Sarebbe molto strano, ma per i dipendenti pubblici è la normalità. Gli avanzi fiscali generati dall’inflazione sono usati dalla classe politica per altri scopi. Il reddito di cittadinanza è stato ridotto per allargare i privilegi fiscali dei lavoratori autonomi, forse per premiarli della loro lealtà verso il fisco. E così via.

Questa partita doppia sociale, toglier di qua per dare di là, non si è conclusa a pareggio, come dovrebbe essere secondo le regole della ragioneria, ma con un saldo negativo di 21 miliardi. Quindi, se c’è un buco vero nei conti pubblici, è quello che ha provocato il ministro delle Finanze. Pazienza se anche il precedente Presidente del Consiglio aveva licenziato una finanziaria che prevedeva un buco simile. Ma allora l’economia correva attorno al 4% e se lo poteva permettere, ora è ferma.

Non serve a nulla, a pochi centimetri da un precipizio, dire che è colpa degli altri se si è arrivati a questo punto. Quello che bisogna evitare è l’ultimo passo, quello decisivo. Cosa che evidentemente un ministro non ha fatto, visto che ora grida al mondo che c’è un buco fiscale di 110 miliardi nei conti pubblici di cui non si era minimamente accorto.

Sembrava però che la finanziaria 2023 avesse messo le cose a posto. Così si esprimeva in maniera molto ottimista la premier in una lunga intervista ad un quotidiano economico. Ecco le sue parole del 9 febbraio 2023: “Al momento la situazione finanziaria italiana è sotto controllo: nonostante i tassi di interesse in rialzo della Bce lo spread è basso e il debito non è esploso”. Ora Meloni ha cambiato versione e afferma che senza il blocco dei bonus non sarebbe possibile fare la sua finanziaria per il 2024. Dobbiamo credere alla Meloni rassicurante e ottimista di 12 giorni fa o alla Meloni catastrofista di domenica, che magari fra dieci giorni cambierà versione?

Un paese con un debito pubblico che è il terzo al mondo in rapporto al Pil e con una crescita economica asfittica non può permettersi colpi di testa in materia di finanza pubblica. Se anche il problema si fosse palesato, non serviva a nulla fare una grande cagnara su di un ipotetico buco nei conti pubblici. Il problema andava sollevato nelle sedi opportune e risolto. I ministri servono per dare soluzione ai problemi, non per sbandierarli ai quattro venti di fronte all’opinione pubblica e soprattutto alla comunità internazionale che compra il nostro debito.

Giorgetti, fino a venerdì scorso, era considerato un ministro serio e prudente. Che cosa possiamo dire ora dopo il suo improvviso colpo di testa? Certamente un ministro delle Finanze sull’orlo di una crisi di nervi che crea un tale panico fiscale e che produce un danno così grande ad uno dei settori trainanti dell’economia non sta facendo bene il suo mestiere. Per mesi ha sottovalutato oppure ignorato un problema pur che esisteva, e oggi scarica la responsabilità molto generosamente, oltre che ingiustamente, sui suoi predecessori.

Questo atteggiamento fiscalmente puerile non è accettabile da un ministro serio. Il buco da bonus esisteva anche a settembre 2022 quando la destra ha fatto il pieno di voti con assurde promesse elettorali e poi il ministro ha accettato la sua carica. Il ministro Giorgetti salverà ora i conti dell’Italia come lui stesso promette? Un’analisi della sua esperienza, pur breve, depone ampiamente in senso contrario. Invece sarebbe opportuno salvare l’Italia da ministri poco efficaci come Giorgetti. Se Meloni vuole fare qualcosa di serio dovrebbe invitare il suo ministro alle dimissioni e chiamare al caldissimo ministero delle Finanze qualcuno di più preparato, visto che il cammino della prossima finanziaria sarà irto di difficoltà ed ostacoli.

L’ex ministro nonché Ragioniere dello Stato Daniele Franco potrebbe essere un’ottima scelta per limitare i danni della banda del buco dei conti pubblici, che ha abili scassinatori, a destra soprattutto ma anche a sinistra.

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