Gli scaricarono addosso tre colpi di fucile da caccia calibro 12 e uno di pistola calibro 9. Poi avevano dato fuoco al corpo, caricato su un’auto abbandonata in una zona boschiva in provincia di Pavia. E’ la dinamica dell’omicidio di Mohamed Ibrahim Mansour, 44 anni, egiziano. Fu un agguato organizzato ed eseguito da un mini-commando ora finito in carcere. Gli arrestati sono due fratelli, Massimo e Claudio Rondinelli, e Luigi D’Alessandro, compagno di una loro sorella. Il delitto si è consumato l’11 gennaio a Morsella di Vigevano. L’inchiesta è stata condotta dal nucleo investigativo di Pavia attraverso l’uso delle intercettazioni telefoniche e telematiche (definite “cruciali per verificare la fondatezza delle dichiarazioni rese dalle persone informate sui fatti”) incrociate con diverse testimonianze. Le indagini sono state coordinate dal procuratore Fabio Napoleone e dal sostituto Andrea Zanoncelli.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri Mansour aveva avuto una figlia con un’altra sorella degli arrestati. Il 44enne viveva infatti in un capannone industriale, usato un tempo per scopi agricoli, a Cassolnovo, sempre in zona. Dopo averlo ucciso i tre – secondo la ricostruzione degli investigatori – hanno ripulito tutto l’ambiente, hanno caricato il cadavere sull’auto della vittima e hanno dato tutto alle fiamme. Mansour sarebbe stato ucciso perché voleva che la famiglia gli intestasse la proprietà per chiedere l’affidamento della figlia avuta con una delle sorelle quando lei aveva una quindicina anni.
Il Consolato egiziano, secondo quanto ha appreso l’agenzia LaPresse, ha chiesto la restituzione del corpo a nome dei genitori di Mansour. La figlia di Mansour, che ora ha 5 anni, al momento si trova in una comunità, mentre la madre è estranea all’indagine e si sarebbe rifatta una vita da tempo. La famiglia di Ibrahim Mansour è rappresentata in Italia dall’avvocato Fabio Eugenio Santopietro del Foro di Pavia che ha chiesto di ottenere copia degli esiti dell’autopsia disposta nelle scorse settimane. A prendere contatti con il legale anche la comunità islamica del Pavese, attraverso lo zio di Mansour. In giornata si sono tenuti altri interrogatori e testimoni sentiti a sommarie informazioni per comprendere dentro quale contesto sia maturato l’omicidio. Tra le ipotesi esplorate quella che Ibrahim Mansour avesse avanzato la pretesa di farsi intestare uno o più immobili per ottenere l’affidamento della bimba o minacciato di portarla via con sé.