Quella in Ucraina è diventata “una guerra per procura tra gli Stati Uniti e la Nato da una parte e la Russia dall’altra”. A parlare è il politologo americano Ian Bremmer che, in un’intervista al Corriere della Sera, spiega che proprio per questo motivo il viaggio di Joe Biden a Kiev sia stato particolarmente “significativo” e abbia avuto un peso diverso rispetto a viaggi analoghi dei suoi predecessori nelle zone di guerra. Una missione a sorpresa durata soltanto cinque ore che “vuole contribuire ad assicurare la sconfitta della Russia, un Paese con un esercito enorme, che dispone di capacità di guerra asimmetrica tra le più notevoli al mondo e di 6mila testate nucleari. La posta in gioco è alta, il viaggio di Biden l’ha alzata ulteriormente”. Mentre la tensione continua a crescere per gli Stati Uniti sia sul fronte del conflitto con la Russia che su quello cinese, con Washington ha accusato Pechino di volere fornire armi a Mosca, per Bremmer, fondatore della società di consulenza politica Eurasia Group, al momento non c’è spazio per i negoziati. “C’è ben poca speranza per la diplomazia, a questo punto. Di recente, anche il presidente francese Emmanuel Macron ha fatto un passo indietro rispetto a questa prospettiva, dicendo che non è il momento giusto. Il presidente cinese Xi Jinping annuncerà a breve il suo piano di pace”, aggiunge, facendo riferimento allo scopo della missione a Mosca del capo della diplomazia del partito comunista cinese, Wang Yi, ma – precisa Bremmer – “mi aspetto una scarsa accoglienza da parte dei leader della Nato o degli ucraini. Il viaggio di Biden a Kiev non cambia le cose”. E alla domanda se ci sia o meno un rischio reale che la Cina fornisca armi e munizioni alla Russia e se l’incidente diplomatico del pallone-spia cinese sui cieli americani e la cancellazione della visita di Blinken a Pechino potrebbero aver influito sull’invio di aiuti militari, risponde: “Sì, è possibile… e se accade ci saranno come minimo sanzioni secondarie applicate dagli Stati Uniti direttamente contro aziende cinesi. Questo potrebbe essere un serio problema nelle relazioni e una notevole escalation della guerra. Non è legato all’incidente del pallone”.
Intervistato ieri dall’Ansa, Bremmer considerava inoltre che l’Ucraina può perdere la guerra contro la Russia, che ha più mezzi militari ed economici, ma questo non significa che Vladimir Putin la vincerà. “Nell’eventualità che i due eserciti restassero impantanati e fossero veramente esausti, potrebbe essere possibile un cessate il fuoco, ma non credo che possa durare. Alla fine Russia e Ucraina vogliono il controllo dello stesso territorio e faranno di tutto per ottenerlo. La guerra andrà avanti in una forma o nell’altra finché Vladimir Putin resterà al potere”. Il rischio che gli ucraini non riescano a prevalere sul campo è alto, per Bremmer: “La Russia è un’economia molto più grande con molta più forza lavoro e una maggiore capacità militare”. Tuttavia, non significa che il Cremlino riuscirà a trionfare. “L’allontanamento di Mosca dalle economie più avanzate è ormai permanente. La sua influenza sui Paesi europei è scomparsa. La sua economia e le sue forze armate saranno danneggiate a lungo. La Russia è diventata il Paese canaglia più grande e pericoloso del mondo, non potrà mai più tornare allo status quo precedente al 24 febbraio”, spiega l’analista. Invece “l’Ucraina è sulla buona strada per entrare a far parte di una Nato allargata e rinvigorita. Gli alleati americani in Europa e in Asia stanno aumentando le loro spese per la difesa”. Certo, le forze del presidente Volodymyr Zelensky continuano ad avere “un disperato bisogno di un sostegno prolungato e forte da parte dei Paesi dell’Alleanza Atlantica”. E questo per Bremmer “non è un fatto scontato”. I popoli occidentali “sono destinati a stancarsi della guerra prima o poi”.
Negli Stati Uniti in particolare “con i repubblicani che hanno il controllo della Camera, il blocco dei contrari agli aiuti all’Ucraina sta crescendo e se alla Casa Bianca dovesse arrivare un presidente repubblicano nel 2025, l’impegno di Washington nei confronti di Kiev non potrà che indebolirsi”. Nel momento in cui il sostegno degli Stati Uniti “calerà, lo farà anche quello dell’Europa. Il tempo non è dalla parte dell’Ucraina”, è la conclusione di Bremmer. Finora per il fondatore dell’Eurasia Group il sostegno dei 27 Stati dell’Unione europea è stato “straordinario”. “Tutti hanno supportato in modo compatto l’eventuale adesione di Kiev all’Ue, essenzialmente dichiarando che la guerra in Ucraina è un conflitto europeo. Una solidarietà, forse interssata, ma che pochi si sarebbero aspettati qualche tempo fa”. Quanto alle recenti dichiarazioni contro Zelensky dell’ex premier e leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, il politologo americano ritiene siano “imbarazzanti per l’uomo ma non riflettono in nessun modo la linea ufficiale del governo di Giorgia Meloni”.