La proposta di legge di Avs si compone di tre articoli e prevede l’istituzione del congedo mestruale scolastico e lavorativo. Nel primo caso, fino a due giorni al mese di assenze giustificate per le studentesse che soffrono di dismenorrea, in deroga al vincolo di frequenza di almeno i tre quarti dell’orario annuale previsto dalla normativa nazionale. Assenze che non incideranno sul monte ore massimo consentite. Sarà necessario presentare un certificato medico all’inizio dell’anno scolastico e servirà comunque la giustificazione. Per quanto riguarda invece il congedo lavorativo, si prevede che, sempre dopo la presentazione di un certificato medico, sia consentito alla lavoratrice di usufruire di massimo di due giorni al mese, con indennità pari al 100% della retribuzione. I giorni di congedo non possono essere equiparati ad altre cause di assenza dal lavoro, a partire dalla malattia. Un diritto che si applica ai contratti di lavoro subordinato o parasubordinato, a tempo pieno o parziale, a tempo indeterminato, determinato e a progetto. Infine, l’articolo 3 della proposta di legge prevede che i contraccettivi ormonali siano inseriti nei livelli essenziali di assistenza e che il ministro della Salute adotti apposite linee guida per la loro distribuzione gratuita nelle farmacie, previa prescrizione su ricetta medica.
“Ci auguriamo che tante deputate e deputati condividano questa proposta. È paradossale – ha continuato Piccolotti – che quando si presentano queste leggi la risposta sia sempre che non è la priorità. Noi rispediamo al mittente il benaltrismo perché per le donne questa è una delle priorità. Se gli uomini avessero avuto il ciclo questa legge sarebbe stata approvata da tempo. Questa legge non è ancora realtà soltanto perché siamo un Paese maschilista e patriarcale“. “Molti studi dicono che la produttività aumenta fino all’8-9 per cento quando c’è almeno il 40 per cento di lavoratrici donne, quindi maggiore benessere porta anche maggiore produttività. Siamo convinte che le aziende non vogliano fare a meno del contributo delle donne e che il rischio stigma non ci sia”, hanno concluso le deputate.