L’epoca che stiamo vivendo ci sta sbattendo in faccia una nuova forma di moralismo. Questa nuova forma si traduce nella pratica fanatica di cancellare tutto ciò che non risponde alla “sensibilità” del tempo presente. In nome dell’inclusività e del rispetto delle fragilità umane, si finisce però col realizzare un nuovo tipo di fascismo. Il delirio tecnologico c’entra eccome con tutto ciò. Con la facilità con cui si cancella un post, si blocca un contatto sui social o si eliminano le imperfezioni del nostro corpo grazie ai filtri della tecnologia digitale, si pretende di attuare anche a livello socio-culturale la cancellazione di tutto ciò che può risultare offensivo per determinate categorie di persone (i grassi, i bassi etc.).
A farne le spese, ultimo di una lista che si allarga in continuazione, è lo scrittore inglese Roald Dahl, la cui casa editrice (Penguin) si appresta a ristampare i libri cancellando o trasformando frasi o termini considerati offensivi per la sensibilità contemporanea. Non è mia intenzione unirmi alla (neanche troppo) lunga lista di coloro che si scandalizzano per quello che indubbiamente è anche un episodio di censura, nonché di manipolazione arbitraria di un’opera letteraria che l’autore ha pensato con quei termini e quelle frasi.
Vorrei andare più a fondo e portare alla luce la radice di un fenomeno paradossale e inquietante: quello per cui in nome di valori profondamente umani (inclusività, rispetto, attenzione per le fragilità), si finisce col mettere in pratica una forma di polizia moralistica che si dà come obiettivo la realizzazione del paradiso in terra. È sempre stata questa, del resto, la caratteristica portante di tutti i movimenti fondamentalisti che si sono tradotti in regimi autoritari: combattere le imperfezioni dell’umanità con teorie (e azioni) volte a realizzare una sorta di perfezione divina o comunque metafisica.
Proprio perché quella perfezione è irraggiungibile, e quindi infinita, i regimi autoritari hanno sempre spinto un po’ più in là l’asticella del consentito, fino a realizzare le azioni più liberticide e sanguinose contraddicendo gli stessi valori da cui quei regimi erano partiti e colpendo i propri stessi compagni del viaggio rivoluzionario (la celebre “rivoluzione che divora i suoi figli” di cui parlava Hegel).
Il fanatismo moralistico dei giorni nostri parte con gli stessi presupposti. Eliminare tutte le differenze in nome della creazione di un’umanità indistinta e perfetta in cui nessuno si senta escluso, offeso, mortificato e disagiato. Certo che l’intento è nobile e del resto lo sono stati tutti gli intenti dei movimenti rivoluzionari – perfino i nazisti si erano dati l’obiettivo di creare un’umanità perfettamente sana, bionda e in grado di dominare gli urti dell’esistenza.
Il guaio è che tale intento è talmente nobile da risultare irrealizzabile. Piaccia o meno – e a me non piace – il mondo umano è stato concepito con l’idea di perfezione in testa, ma con l’assoluta inclinazione a realizzare contesti imperfetti. È imperfetta la natura, quando crea persone con più o meno grandi difetti fisici o inestetismi, ed è imperfetta la specie umana poiché mossa da un irrefrenabile istinto del più forte a esercitare un dominio sui più deboli. È imperfetta anche la società, con le sue gerarchie, i suoi privilegi e le sue ingiustizie, che consentono tutto a pochi e poco o nulla ai molti.
Bisogna quindi rassegnarsi ad accettare tali imperfezioni? Proprio qui è il punto: una sana educazione insegna a combattere le imperfezioni, a studiare, organizzarsi e impegnarsi per migliorare ciò che è migliorabile. Che si tratti del proprio essere grasso o basso, o che si tratti di idee discriminatorie e ingiuste, oppure ancora di norme sociali inique e illiberali, io come individuo e noi come società possiamo e dobbiamo lavorare su noi stessi, discutere con gli altri e impegnarci nella società per cambiare il cambiabile. Ma la cultura della cancellazione, per cui fin dal linguaggio non dovrebbero più esistere le differenze fra maschi e femmine, grassi e magri, alti e bassi è una forma aggiornata di fondamentalismo moralistico sterile dal punto di vista teorico (perché del tutto utopistico) e molto pericoloso da quello pratico (perché un fine assoluto giustifica ogni mezzo).
La nostra epoca è figlia di Nietzsche e del suo sostenere che bene e male non esistono e che, con queste due categorie, vanno eliminate tutte le altre distinzioni operate dalla natura e dalla ragione umana. Invece, proprio in nome di quest’ultima, dobbiamo assolutamente recuperare la capacità di individuare le differenze, non per cancellare integralisticamente ciò che non ci piace, come si farebbe con un post o con un’imperfezione del nostro corpo nel mondo virtuale.
Nel mondo virtuale ci si può illudere di cancellare le imperfezioni o le differenze quasi senza fare del male a nessuno (se non alla verità). Operare allo stesso modo in quello reale conduce dritti al fascismo e alla violenza prevaricatrice. Gli estremisti di destra che hanno picchiato gli studenti a Firenze ci hanno ricordato tristemente cos’era e com’era il vecchio fascismo. Ma sarebbe sciocco e pericoloso concentrarsi soltanto su quello per non vedere il nuovo fascismo che bussa alle porte di una civiltà in pericolosa decadenza.