Nel 2016 in 19 erano stati arrestati con l’accusa di far parte dell’associazione "mafia nigeriana" e i cinque ancora imputati erano tornati liberi dopo l'assoluzione in appello. Gli altri 14 furono processati invece con il rito abbreviato e condannati dalla giudice per l'udienza preliminare Claudia Rosini nel 2018 a un totale di 87 anni di carcere
Tutti assolti. A Palermo non c’era un’associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso, non sono esponenti della mafia nigeriana. La Cassazione ha confermato le assoluzione di primo e secondo grado per i 5 imputati accusati di far parte del braccio palermitano di Black Axe, la potente mafia nigeriana. Muhammed Abubakar, Ken Osayande, Festus Pedro Erhonmosele, Osahenagharu Uwagboe sono innocenti: né mafia né estorsioni.
Nel 2016 in 19 erano stati arrestati con l’accusa di far parte dell’associazione “mafia nigeriana” e i cinque ancora imputati erano tornati liberi dopo l’assoluzione in appello. Gli altri 14 furono processati invece con il rito abbreviato e condannati dalla giudice per l’udienza preliminare Claudia Rosini nel 2018 a un totale di 87 anni di carcere vedendo confermate le accuse anche relative all’associazione a delinquere.
I cinque ancora imputati ad avviso dei giudici – a differenza di quanto sostenuto dall’accusa che aveva chiesto pene fino a 30 anni di carcere – non fanno invece parte di una frangia di Black Axe, l’organizzazione con una struttura simile a Cosa Nostra, che si sarebbe insediata in alcuni rioni del capoluogo siciliano controllando diverse attività illecite tra cui lo spaccio di droga e la prostituzione.
Gli avvocati avevano contestato la tesi della Dda della procura di Palermo e, soprattutto, le affermazioni dei pentiti. L’unica condanna, confermata dalla Suprema Corte, è quella inflitta a Kingsley Chima Isoguzo per sequestro di persona, ma anche per lui è caduta l’ipotesi di associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso. La Cassazione ha quindi rinviato alla Corte d’appello per un nuovo processo così da ridefinire la pena.
AGGIORNAMENTO
Precisiamo che, con riferimento alla posizione di ISIGUZO TOCHI KINGSLEY CHIMA, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al delitto di sequestro di persona di cui all’art. 630 c.p. e alle contestate aggravanti, rinviando comunque alla Corte di Appello di Palermo per un nuovo giudizio