A un anno esatto dalla decisione della Cassazione di confermare la condanna per omicidio ma rinviare gli atti per la sola accusa di violenza sessuale, è stata confermata la pena dell’ergastolo per Innocent Oseghale accusato di avere ucciso e fatto a pezzi la diciottenne Pamela Mastropietro nel gennaio del 2018 a Macerata. L’imputato non era presente in aula al momento della lettura della sentenza. C’erano invece i genitori della giovane. Il processo d’appello bis ha riguardato solo il reato di violenza sessuale ed è stato trasmesso a Perugia per questioni procedurali dopo che la Cassazione aveva definitivamente confermato la condanna per l’omicidio.
Il sostituto procuratore generale Paolo Barlucchi aveva chiesto il fine pena mai perché “l’omicidio è avvenuto in occasione della violenza sessuale. “Partiamo dal fatto che Oseghale ha ucciso Pamela, se fosse qui mi rivolgerei a lui dicendogli: ‘L’hai uccisa’. Questo ci permette di eliminare qualsiasi enfasi e di concentrarci sul problema tecnico: c’è o no prova che ci sia stata violenza sessuale”, ha detto il sostituto procuratore generale sottolineando che “il punto fondamentale è che è stato accertato che c’è stato almeno uno rapporto sessuale non protetto con Oseghale“. Il sostituto procuratore generale ha anche sgombrato il campo: “Pamela non era una prostituta”, ha precisato, “la sentenza della Corte di appello usa un’espressione gentile ed esatta secondo cui Pamela usava il suo corpo per avere quello di cui aveva un bisogno impellente”, per avere “eroina”. “C’è una verità nella vita di Pamela che è la sofferenza psichica, la sofferenza che si fa disturbo psichico e dipendenza da eroina”, ha continuato spiegando di aver ripensato al “film Accattone di Pasolini” di cui mi colpì la frase quelli come me l’inferno ‘lo hanno già sofferto in terra’. “Se penso a Pamela penso a una persona che ha sofferto – ha proseguito- Nessun giudizio morale sulla vittima, comprensione e affetto”. Chiedo alla Corte la condanna alla pena dell’ergastolo”. La 18enne romana si allontanò dalla comunità di Corridonia e cercò di procurarsi l’eroina. I resti furono poi ritrovati in due trolley a Pollenza (Macerata) nel gennaio di cinque anni fa. Oggi in aula stati sentiti a porte chiuse i due testimoni citati per il processo d’appello bis. Si tratta in particolare dei due uomini con i quali Pamela ha avuto rapporti dopo avere lasciato la comunità dove si trovava e prima di essere uccisa.
La difesa aveva invitato “la Corte ad ignorare il clamore e le aspettative di vendetta e ad attenersi alle risultanze processuali senza perseguire un fine che non si sposa con la giustizia. “La giustizia non deve essere vendetta” ha detto l’avvocato Rosario Matraxia, che insieme al collega Umberto Gramenzi difende l’imputato. “Il fatto è orribile – ha aggiunto -, l’imputato è stato condannato per i reati commessi, la condanna di omicidio è stata affermata irrevocabilmente, ma il reato di violenza sessuale non è provato“. Dopo il verdetto la difesa ha annunciato un nuovo ricorso: “Siamo molto delusi dalla sentenza. Non appena usciranno le motivazioni le valuteremo ma preannunciamo il ricorso in Cassazione” ha detto Matraxia LaPresse.