di Antonella Caroli*
Italia Nostra deve constatare che, le contraddizioni che si volevano risolvere con l’introduzione un anno fa della tutela dell’ambiente in Costituzione, salutata all’epoca con tanta soddisfazione da molti, restano purtroppo ancora tutte da chiarire. Infatti, in questo anno, hanno continuato gli attacchi ai territori e al sistema delle tutele paesaggistiche, soprattutto per la realizzazione della cosiddetta “Transizione Ecologica”. Il concetto di ecologia, dibattuto per decenni, definisce ormai nel senso comune un insieme complesso di fattori, che includono non solo il clima ma anche e soprattutto biodiversità, suolo e paesaggio. Ultimamente quelli che potremmo definire “climatisti” sembrano voler invece dare la preminenza al clima, con effetti potenzialmente pericolosi per l’ecosistema e l’uomo.
Ricordiamo che in base agli accordi con l’Europa, in cambio dei 200 miliari circa di euro del Pnrr ci siamo impegnati a realizzare 85 GW di rinnovabili. La realizzazione di questo ambizioso piano avrà un impatto fortissimo sul territorio se non viene adeguatamente pianificato. Procedere come si è fatto fino ad oggi, nella totale deregulation, lasciando alle imprese la decisione di dove e come installare i loro impianti, rischia di trasformarsi in un suicidio turistico, agricolo e ambientale.
La deregulation attuale ha generato 300 GW di richieste di allacci a Terna da parte delle aziende, cioè tre volte e mezzo il necessario. È evidente che questi progetti vanno selezionati con criteri rigorosi e che quando le Soprintendenze ne bocciano una parte stanno solo facendo bene il loro mestiere: facendo, cioè, la selezione che, purtroppo, non sempre le Commissioni di VIA sembrano voler fare. Tutti gli attacchi quindi al loro operato sono assolutamente strumentali.
La verità è che le Soprintendenze oggi non hanno adeguate strutture per difendere coerentemente il nostro paesaggio, cespite strategico per un Paese il cui comparto turistico genera direttamente il 5% del Pil (l’impatto generale però è stimato al 13 %) e che occupa oltre il 6% dei lavoratori. Un settore essenziale per le aree interne che avevano trovato speranza di riscatto nel turismo di prossimità e slow. In questi anni, per depotenziare le Soprintendenze sono stati introdotti provvedimenti di semplificazione che hanno gravemente ridotto la Tutela, anche e soprattutto a causa del depauperamento delle risorse umane.
Adesso si parla di abolire, in pratica, la verifica archeologica preventiva e di ridurre la zona di rispetto intorno ai beni sottoposti a tutela da 7 km a 3 km per gli impianti eolici e da 1 a 0,5 km per i pannelli solari. Non vogliamo fare le Cassandre, ma provvedimenti come questi verranno pagati cari da tutti i cittadini, perché oggi si smantellano le tutele per pale e pannelli e domani sarà impossibile difendersi da inceneritori o altri impianti impattanti. Una volta smantellato il principio, si finisce poi per cedere su tutto. Ecco perché Italia Nostra ritiene che l’introduzione della tutela ambientale in Costituzione non sia stata efficace.
Le posizioni preconcette sono tutte deleterie ed è triste vedere la cecità di chi sacrifica oggi il ricco e grande patrimonio arboreo italiano, che contrasta il dissesto idrogeologico e contribuisce alla salubrità di aria, acque e ambiente, per l’installazione di pale eoliche (vedi il caso Monterosso Calabro). O chi sostiene che campi seminati a grano fino all’anno precedente siano “abbandonati” e quindi possano legittimamente essere ricoperti da ettari di fotovoltaico (innumerevoli sono i casi e consigliamo un giro in Tuscia o in Capitanata per un’anteprima di cosa ci attende). Neanche l’evidenza del consumo di suolo riesce a fermare i fanatici “climatisti” che non si vergognano, tra l’altro, di sfregiare in nome della loro causa i nostri tesori d’arte nei musei o imbrattare di vernice i monumenti.
Vengono inoltre occupati per la produzione energetica gli habitat di moltissime specie a rischio, con conseguenze significative sulla fauna, soprattutto gli uccelli e tra questi i rapaci. Chi teorizza estinzioni di massa nel futuro a causa dei cambiamenti climatici, è il primo a chiedere la distruzione immediata di questi habitat essenziali: un cortocircuito logico abbastanza inquietante.
Se si vuole veramente superare le contraddizioni odierne e armonizzare la tutela dell’ambiente con quella paesaggistica, dando seguito alle speranze sollevate dalla modifica dell’Articolo 9 della Costituzione, si deve finalmente rafforzare l’urgente Pianificazione paesaggistica in tutte le Regioni e completare la transizione ecologica individuando rapidamente le aree idonee e non idonee per l’installazione delle Fer (un provvedimento dovuto già da un anno in base alla Direttiva RED II recepita dal nostro Paese). Bisogna anche tradurre il tutto in Piani Energetici, con la piena disponibilità a partecipare delle istituzioni competenti, di tutti i portatori di interesse e dei territori.
*presidente di Italia Nostra