Gent.le redazione,

sono furioso e frustrato dall’ampio risalto dato alle lamentele degli imprenditori che affermano di non trovare lavoratori incolpando il reddito di cittadinanza (RdC), specie in ambito turistico.

1. Gli annunci contengono spesso requisiti esagerati (esperienza di 5 anni in hotel di lusso, conoscenza di tre lingue, ecc) e proposte economiche indecorose, al massimo accettabili per chi non possiede alcuna professionalità. È ovvio che una persona seria, per non far la figura del “perditempo”, non si propone neppure se sa di non avere quei requisiti. Ma se le aziende non trovano lavoratori, perché pretendono così tanto pur sapendo che nella pratica potrebbero fare a meno di così alte professionalità? Forse, se rispettassero di più il valore di una professionalità – pagandola adeguatamente – potrebbero trovare qualcuno.

2. Da quando è stato introdotto il RdC la classe imprenditoriale e i partiti che ora governano hanno inscenato una tragedia come se questo sussidio fosse il più grave problema economico italiano. Se la disoccupazione è al 7,8% e il RdC è percepito da 2 milioni e 300 mila individui ha senso raccontare che gli altri milioni e milioni di non-percettori non vogliono lavorare per colpa del sussidio?

3. Ho 46 anni, una laurea tecnica, sono italiano e mi sono trasferito in una regione dove la mia specializzazione non è richiesta. Così mi sono adeguato a cercare qualunque impiego per mantenermi, senza protestare, ma nessuno mi vuole assumere. Neppure quegli imprenditori che sbraitano contro “chi non vuole lavorare per colpa del RdC”. Ha un bel dire Giorgia Meloni che sono un “occupabile”. C’è una legge dello Stato che mi definisce “inoccupabile” poiché – fotografando la realtà del mercato – ho più di 40 anni e più di due anni di disoccupazione alle spalle. Una condizione che permette alle aziende di giovare di sconti sulle tasse in caso di assunzione; ma nessuno mi assume.

Per colpa di questi imprenditori che vogliono giovani da poter sfruttare e ignoranti da schiavizzare – e di governi che non vogliono riformare il lavoro – sono stato costretto a vivere con il RdC sebbene abbia fatto di tutto pur di lavorare. Ho inviato finora un migliaio di cv in risposta ad annunci, in questi tre anni: nessuna assunzione, se non per brevissimi periodi; niente proposte da aziende o centri per l’impiego. Sono costretto a nascondere che percepisco il RdC, a pubblicare in forma anonima questa lettera perché se i miei compaesani lo sapessero mi toglierebbero il saluto, mi isolerebbero, mi tratterebbero come un lurido parassita, quando invece vorrei lavorare e loro, pur avendo bisogno di manodopera, sono i primi a non chiamarmi perché sono “straniero”.

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