Ad un anno dal suo inizio, la guerra in Ucraina è arrivata ad un punto di svolta. La guerra in corso, in cui le superpotenze si fronteggiano, ha mantenuto sin qui le caratteristiche militari di una guerra regionale, che si combatte lungo una sola linea del fronte, in Ucraina. Nonostante le evidentissime implicazioni internazionali e il fatto che le origini della guerra siano completamente determinate dallo scontro tra le superpotenze, fino ad oggi, questo conflitto è rimasto un conflitto militarmente delimitato: un assurdo massacro che avviene su una specie di palcoscenico e di cui – quotidianamente – siamo informati e disinformati con la circolazione di foto, cartine, video e così via. Una specie di sanguinosissimo braccio di ferro che ha assunto le caratteristiche della guerra di posizione.

Dalla parte occidentale, fino ad ora, il governo ucraino fornisce le truppe e la Nato, a partire dagli Usa, le armi. Il personale per governare i sistemi d’arma sofisticati e i dirigenti dell’esercito ucraino. Si tratta quindi a tutti gli effetti di un conflitto per procura in cui però, fino ad ora, la Nato nel fornire le armi ha fatto attenzione a evitare che l’Ucraina potesse attaccare direttamente il suolo russo storicamente definito.

Questo conflitto, delimitato sul piano militare, che non dà luogo ad altre linee di fronte era esattamente nei desiderata della dirigenza degli Usa quando la guerra è cominciata: come affermato da Hillary Clinton, si trattava di incastrare la Russia in un “Afghanistan europeo” al fine di dissanguarla economicamente e di far precipitare il consenso di Putin in patria arrivando ad un cambio di regime in Russia e – nelle posizioni più esplicite – alla sua dissoluzione.

A distanza di un anno non solo gli obiettivi politici dell’Occidente sono falliti, visto che l’economia Russa non è collassata e il consenso di Putin non è crollato, ma sono falliti gli obiettivi militari: la guerra di posizione, regionale, sul terreno, la stanno vincendo i russi. Questa guerra, fondata in particolare sull’uso dell’artiglieria, vede una superiorità dell’esercito russo che – dopo un anno – si traduce in una drammatica carneficina che subisce l’esercito ucraino e anche in una maggiore difficoltà occidentale a garantire l’approvvigionamento di munizioni e sistemi d’arma. Una cifra sola per dare conto di quanto sta succedendo: l’esercito Ucraino spara ogni giorno una media di 6000 proiettili di cannone e pare difficile che nei prossimi mesi la Nato sia in grado di fornirgli una quantità maggiore di proiettili giornalieri. L’esercito russo spara ogni giorno più di 20.000 proiettili di artiglieria. E’ arrivato a punte di 60.000 proiettili al giorno e ha alle spalle un appartato industriale in grado di garantire la media.

Andando avanti così è del tutto evidente chi è nelle condizioni di vincere questa guerra “regionale”. I governanti occidentali, al di là della propaganda, hanno ben chiaro questa situazione e sono posti oggettivamente dinnanzi a un bivio: o aprire una fase di trattativa per risolvere diplomaticamente il conflitto in tempi rapidi o attuare una escalation militare che coinvolga direttamente le truppe di alcuni paesi Nato, che scelga di impegnare sistemi d’arma in grado di aggredire sistematicamente il suolo russo, che dia vita ad altri fronti (ad esempio trasformando anche la Moldavia in un nuovo campo di battaglia).

O la trattativa o la terza guerra mondiale, questo è il bivio! Com’è del tutto evidente il gruppo dirigente della Nato, con i suoi proclami altisonanti, ha scelto la strada dell’escalation del conflitto. Ha inoltre trovato nei governi polacchi e rumeni la disponibilità a unirsi a Zelensky nel fornire carne da cannone per proseguire il massacro.

Qui entriamo in gioco noi: la maggioranza dei popoli occidentali – a partire da quello italiano – non è disponibile a entrare in guerra e ritiene necessario aprire la trattativa. I governanti europei lo sanno e mentono spudoratamente sull’andamento della guerra e sui rischi che ci troviamo dinnanzi. E’ il momento che questa maggioranza delle popolazioni si faccia sentire per imporre la cessazione delle forniture militari e proporre il cessate il fuoco. Non esiste altre strada per evitare la catastrofe!

I governanti sanno che non possono andare in guerra contro la volontà popolare, per questo mentono e nascondono. Per questo le manifestazioni per la pace sono decisive per porre fine al conflitto. Facciamo sentire la nostra voce e incontriamoci sabato 25 marzo a Genova rispondendo all’appello dei lavoratori portuali per una grande manifestazione pacifista che fermi la follia dell’escalation, faccia tacere le armi e imponga la trattativa. Sabato a Genova e Berlino manifesteremo per la pace: costruiamo in ogni città una mobilitazione per impedire l’escalation militare!

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Mosca attacca Zelensky e difende Berlusconi: “Rabbia impotente perché ha ricordato il Donbass al regime di Kiev”

next
Articolo Successivo

Russia, cosa prevedeva il decreto del 2012 cancellato da Putin per la guerra in Ucraina

next