E anche l’italiana Eni si unisce al banchetto delle grandi compagnie petrolifere che grazie ai super prezzi del gas hanno incorniciato un 2022 da record. L’utile netto del gruppo italiano, controllato al 30% dal Tesoro, ha raggiunto i 13,3 miliardi di euro, ovvero 9 miliardi in più del 2021. Nel solo 4o trimestre dell’anno i profitti hanno toccato i 2,5 miliardi. L’utile operativo al netto delle componenti straordinarie (Ebit adjusted) sale a 20,4 miliardi, il doppio rispetto al 2021. Ne l2022 il flusso di cassa netto da attività operativa di Eni è stato di 17,46 miliardi, in aumento del 36% rispetto al 2021 mentre l’indebitamento finanziario è sceso di 2 miliardi attestandosi a 7 miliardi di euro. Eppure la produzione del gruppo italiano è scesa del 4% attestandosi a 1,610 milioni di barili equivalenti. “Per interruzioni non programmate e cause di forza maggiore”, spiega la società. Il dividendo annuale 2023 viene portato a 0,94 euro per azione, con un aumento del 7% rispetto al 2022. Eni continuerà a pagarlo in quattro rate trimestrali uguali, a settembre 2023, novembre 2023, marzo 2024 e maggio 2024. Lo indica il colosso energetico nella strategia 2023-2026. L’incremento non ha però soddisfatto le attese tanto che il titolo cala in borsa di oltre il 4%.

L’amministratore delegato del gruppo Claudio Descalzi, che a breve si giocherà la riconferma, ha definito “eccellenti” i risultati “così come la capacità di garantire in tempi rapidi forniture stabili all’Italia e all’Europa e il progresso nei piani di decarbonizzazione”. Descalzi ricorda che “durante l’anno abbiamo concluso una serie di accordi e di attività per rimpiazzare in modo definitivo il gas russo entro il 2025, potendo contare sulle nostre solide relazioni con i paesi produttori e sul nostro modello di sviluppo accelerato, che ci consentiranno di incrementare i flussi di gas da Algeria, Egitto, Mozambico, Congo e Qatar”. L’amministratore delegato ha aggiunto che “Le nostre priorità strategiche restano confermate: continueremo a investire per assicurare la stabilità e regolarità delle forniture per soddisfare il fabbisogno energetico e perdecarbonizzare le nostre attività e l’offerta ai clienti, mantenendo la disciplina finanziaria indispensabile per garantire ritorni attrattivi agli azionisti“.

“Mentre la crisi climatica si aggrava e milioni di persone sono alle prese con maxi bollette e caro energia, Eni annuncia oggi un utile operativo adjusted di gruppo nell’esercizio 2022 di 20,4 miliardi di euro. I profitti più alti di sempre e più del doppio rispetto al 2021, frutto degli altissimi picchi di prezzo raggiunti nel 2022 dalle fonti fossili al centro del suo business, come il gas”. Così Greenpeace Italia e ReCommon osservando che “la gran parte di questi profitti andrà in forma di dividendi e riacquisto di azioni proprie a vantaggio degli azionisti, per il 70 per cento privati”. Le due ong chiedono quindi che “la tassazione degli extra-profitti delle società oil&gas sia rafforzata dai governi europei e sia resa permanente anziché limitata a congiunture di crisi energetiche, così da liberare maggiori risorse pubbliche per far fronte alla povertà energetica e favorire un’equa transizione verso le fonti rinnovabili”. Secondo Greenpeace e ReCommon, “anziché investire su una seria svolta verso la decarbonizzazione”, Eni “si limita a fare greenwashing, mentre continua a destinare gran parte dei propri investimenti a quelle stesse fonti fossili che hanno causato e alimentano la crisi climatica. Inoltre, puntare ancora sul gas significa condannare le famiglie e le imprese italiane a pagare bollette molto care anche nei prossimi anni”.

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