I lavoratori del settore pubblico richiedono il 10,5% di aumento salariale, comunque almeno 500 euro in più al mese, al rinnovo del contratto per un anno. Caso a parte quello delle Poste: per la forte inflazione il sindacato Ver.di chiede il 15% di salario in più anche per il rinnovo del contratto per un anno dei circa 160.000 addetti
La Germania è attraversata da una raffica di scioperi di avvertimento: i sindacati vogliono ottenere garanzie reali del recupero del potere di acquisto dei salari erosi dall’inflazione. Rincari delle spese di affitto, energetiche, ed alimentari per molte famiglie sono diventati quasi insostenibili. I lavoratori del settore pubblico richiedono il 10,5% di aumento salariale, comunque almeno 500 euro in più al mese, al rinnovo del contratto per un anno. In Nord-Reno Vestfalia una decina di giorni fa si è fermato in diverse città il trasporto pubblico, compreso quello fluviale. A Stoccarda, (Baden-Württemberg) il 13 febbraio hanno scioperato necrofori e giardinieri di parchi e cimiteri, nello stesso momento a Schwäbisch Hall hanno incrociato le braccia tutti i dipendenti comunali. Mentre è di venerdì scorso l’agitazione del sindacato Ver.di che ha di fatto bloccato il traffico aereo colpendo oltre 2.400 voli a scapito di circa 300mila passeggeri. A Francoforte ci sono stati solo 12 voli su 1.005 ad Amburgo nessuno contro i 253 previsti. Le agitazioni indette da Ver.di e dall’associazione tedesca dei funzionari pubblici dbb interessano complessivamente circa 2,5 milioni di lavoratori statali e comunali: educatori, infermieri ed assistenti geriatrici, operatori ecologici, pompieri, conducenti dei trasporti municipali e tanti in altre professioni del settore pubblico.
L’Unione federale delle associazioni dei datori di lavoro (BDA) chiede adesso l’intervento del legislatore per regolamentarne più rigidamente il diritto di sciopero. Anche la Presidente della Federazione delle Associazioni dei datori di lavoro comunali VKA, Karin Welge, ha espresso alla Rheinischen Post poca comprensione per le richieste di aumenti: le richieste superano le capacità delle casse comunali e i salari nel settore pubblico nell’ultimo decennio sarebbero già costantemente saliti oltre l’inflazione, la tesi.
La seconda tornata di trattative si concluderà giovedì a Potsdam: il capo di dbb Ulrich Silberbach e quello di Ver.di Frank Werneke, in separate prese di posizione, hanno anticipato che gli iscritti sono intenzionati a mantenere alta la pressione fino a che non saranno fatte proposte a loro giudizio costruttive.
Caso a parte quello delle Poste: per la forte inflazione il sindacato Ver.di chiede il 15% di salario in più anche per il rinnovo del contratto per un anno dei circa 160.000 addetti. Il 90% di loro ha un salario lordo tra i 2.108 ed i 3.090 euro. L’azienda, nelle trattative in corso a Düsseldorf, ha proposto di riconoscere dall’inizio del 2024 un aumento in due tempi fino a 340 euro. Equivarrebbe, sostiene, ad un salario iniziale maggiore del 20,3% per un addetto allo smistamento dei pacchi ed un incremento del 18% per uno alla consegna. Inoltre, con effetto retroattivo al primo gennaio 2023, l’azienda si impegnerebbe a versare lungo l’arco di due anni l’indennizzo esente da imposte a compensazione dell’inflazione di 3.000 euro concordato con il Governo.
Per il sindacato l’offerta è lontana però dalle richieste: “Prezzi sempre crescenti richiedono aumenti durevoli dei salari”, ammonisce Werneke. Il premio straordinario è stato delineato dal governo proprio per scongiurare una spirale di aumenti dei salari che alimenterebbe l’inflazione, ma per Werneke se i salari non salgono si corre il rischio di un ulteriore calo del loro potere di acquisto reale. Anche gli addetti nelle poste sono così stati mobilitati in una massiccia serie di scioperi di avvertimento ai quali secondo Ver.di hanno già partecipato almeno 100.000 lavoratori, ritardando la consegna di milioni di lettere e pacchi.
La settimana scorsa le trattative sono però fallite ed entro l’8 marzo gli iscritti sono chiamati ad approvare lo sciopero generale. Se voterà a favore più del 75%, gli utenti dovranno mettere in conto ritardi ben più massicci nelle consegne della corrispondenza. Il capo del personale di Deutsche Post, Thomas Ogilvie, avverte però in un’intervista ai giornali del gruppo Funke, che l’azienda potrebbe ripensare il proprio modello e decidere di esternalizzare la consegna della posta a scapito della forza lavoro. Deutsche Post garantisce autonomamente il 98% della lavorazione, smistamento e consegne dei pacchi e la totalità di quella delle lettere. L’affidamento a forze esterne della distribuzione di queste ultime è escluso contrattualmente solo fino a fine giugno.