Alfredo Cospito resta al 41-bis. Dopo due successivi anticipi (inizialmente l’udienza era stata fissata il 20 aprile) il collegio della Prima sezione penale della Cassazione si è riunito venerdì mattina per decidere sul caso dell’anarchico in sciopero della fame da quattro mesi. Dopo una lunga camera di consiglio, i supremi giudici hanno deciso che il 55enne resterà detenuto con le modalità previste dal regime di carcere duro, che implica una serie di misure restrittive come l’isolamento, le limitazioni per l’ora d’aria e delle comunicazioni. Una volta appresa la notizia, Cospito ha annunciato di non voler più assumere integratori e ha detto quindi di essere convinto di morire presto. “Spero che qualcuno dopo di me continuerà la lotta“, ha aggiunto, secondo quanto trapela dal reparto di medicina penitenziaria dell’ospedale San Paolo di Milano, dov’è ricoverato da alcuni giorni.

Le proteste – Un presidio di anarchici è stato presente tutto il giorno davanti agli uffici giudiziari. “Se Alfredo muore, ve la faremo pagare. La nostra voglia di libertà è più forte della vostra autorità” e ” facciamo sentire la nostra voce a questa gentaglia” alcuni dei passaggi del discorso di chi si è alternato al microfono del presidio a piazza Cavour. Sono stati srotolati e appesi striscioni contro il 41-bis, l’ergastolo e la “tortura di Stato“. Un cordone di agenti di polizia è stato schierato davanti alla scalinata, ma non ci sono mai stati momenti di tensione o violenza. Alla notizia della decisione gli anarchici in presidio, circa una trentina di persone, hanno gridato “assassini, assassini” e “sarete responsabili di tutto quello che succederà”.

Gli avvocati: “Condanna a morte” – In ospedale Cospito sta rifiutando qualsiasi terapia. Le sue condizioni restavano critiche anche dopo che dal 31 gennaio era tornato ad assumere integratori a base di sale e potassio, proprio allo scopo di mantenersi lucido in vista dell’udienza in Cassazione: il suo difensore, Flavio Rossi Albertini, aveva anticipato che era pronto a tornare al digiuno totale se l’esito del giudizio fosse stato negativo. “Leggendo i pareri favorevoli della Dna, Dda, Dap inviati al ministro avevamo capito che la decisione ministeriale fosse stata politica e non giuridica. Dopo la lettura della requisitoria del pg Gaeta pensavamo che il diritto potesse tornare ad illuminare questa buia vicenda. La decisione di questa sera dimostra che ci sbagliavamo” commenta ora l’avvocato. Per Caterina Calia, un’altra legale del collegio difensivo, “è molto difficile in questo momento dire qualcosa perchè la viviamo come una condanna a morte. Si è fatto di tutto per non decidere in questi mesi, in quanto doveva essere il ministro Nordio a prendere una decisione politica e non la Cassazione”. Il Guardasigilli, invece, il 9 febbraio ha respinto l’istanza di revoca, decisione che è stata impugnata di fronte al Tribunale di Sorveglianza di Roma.

Il ricorso – Rossi Albertini aveva presentato ricorso in Cassazione contro il “no” della stessa Sorveglianza al reclamo con cui, in parallelo alla via “ministeriale”, aveva chiesto l’annullamento del carcere duro. Cospito, già condannato in via definitiva per aver gambizzato un dirigente dell’Ansaldo Nucleare, è in attesa della definizione del giudizio – si sta svolgendo l’appello-bis per rideterminare la pena – per l’attentato alla Scuola allievi carabinieri di Fossano per la quale è accusato del reato di strage politica, uno dei più gravi previsti dal codice penale. Nel maggio del 2022, su richiesta della Procura generale di Torino e della Direzione nazionale antiterrorismo, il ministero della Giustizia aveva deciso l’applicazione del 41-bis, perché si rischiava che il detenuto inviasse messaggi ai “compagni anarchici” attraverso riviste di settore. Cospito ha iniziato lo sciopero della fame lo scorso 20 ottobre per protestare contro il regime a cui è sottoposto.

La posizione del pg – La Suprema Corte era chiamata quindi a decidere se respingere l’istanza, ribadendo il carcere duro, annullare il provvedimento della Sorveglianza o rinviare gli atti al Tribunale di Sorveglianza per una nuova valutazione. Quest’ultima ipotesi è stata sollecitata dal procuratore generale, Pietro Gaeta, che l’8 febbraio ha depositato la sua requisitoria sostenendo che la decisione fosse “superata dagli eventi”. A detta del pg, dal provvedimento della Sorveglianza emergeva una “carenza di fattualità in ordine ai momenti di collegamento” con gli anarchici. “La verifica su tale punto essenziale non traspare nelle motivazioni del provvedimento” ma è “necessaria” e non può essere “desumibile interamente ed unicamente né dal ruolo apicale” né dall’essere egli divenuto “punto di riferimento” dell’anarchismo in ragione dei suoi scritti e delle condanne riportate”, è il ragionamento del magistrato.

La posizione della difesa – Dal canto proprio, l’avvocato di Cospito aveva auspicato “un annullamento senza rinvio“: “La dilatazione dei tempi della decisione renderebbe incompatibile la stessa con le condizioni di salute del detenuto”, argomentava Rossi Albertini, secondo cui “corrisponde a violazione di legge il fatto che il Tribunale di Sorveglianza” abbia “equiparato l’attività comunicativa di Cospito (che viene dallo stesso inviata quale contributo personale alle assemblee o ai giornali anarchici, e che viene poi a sua volta altrettanto pubblicamente divulgata da questi ultimi attraverso il web, nei notori siti d’area ovvero di controinformazione) ai cosiddettipizzini“, ovvero ai messaggi criptici che vengono veicolati dal detenuto all’esterno, spesso attraverso i parenti, sfruttando a tal fine le occasioni di contatto infra-murario ed esterno tipicamente connesse ad un ordinario regime di detenzione”.

Le reazioni politiche – “Prendiamo atto della decisione della Corte di Cassazione. Come più volte illustrato in Parlamento, essa attiene al procedimento giurisdizionale di competenza esclusiva della magistratura nella sua piena autonomia e indipendenza”, ha commentato il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Gioisce invece il sottosegretario di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro, indagato a Roma per aver passato documenti riservati sul caso al compagno di partito Giovanni Donzelli: “Le intimidazioni e le violenze non piegano lo Stato: Cospito rimane, correttamente, in regime di 41 bis. La Cassazione ha scritto la pagina definitiva. Abbiamo sempre difeso le istituzioni democratiche dalle violenze del terrorismo, senza alcuna indulgenza e senza farci intimorire. Oggi la Cassazione conferma che vi erano tutti i presupposti giuridici per il mantenimento del carcere duro a carico di Cospito”. “Non faccio nessuna valutazione. È una decisione della magistratura e le decisioni della magistratura vanno rispettate“, aveva detto il segretario del Partito democratico Enrico Letta, a margine della manifestazione organizzata in via di Castro Pretorio in occasione dell’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina.

Le reazioni della società civile – “Vedremo le motivazioni, anche perché c’era stato un parere del procuratore generale che andava in altra direzione. Una decisione che rimanda tutto al campo della politica”, dice all’AdnKronos Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. “La Cassazione si muove su un profilo di pura legittimità del provvedimento, che però resta un provvedimento di discrezionalità politica e aggiungerei in questo caso anche umanitaria. Sulla questione più strettamente politico-amministrativa, che è di pura pertinenza del ministro, noi ci auguriamo che anche alla luce di altri pareri, egli possa rivedere la sua decisione, anche perché il regime di 41-bis nasceva con altre finalità e non per contrastare ogni tipo di criminalità”, aggiunge.

“La Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, la Direzione distrettuale antimafia di Torino, il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria hanno tutti espresso parere favorevole a che Alfredo Cospito fosse trasferito dal regime di 41-bis a uno di minore afflittività e coercitività, come quello di alta sicurezza con censura. La stessa opinione era stata argomentata con motivazioni limpide e irrefutabili dal procuratore presso la Corte di Cassazione, Piero Gaeta. Ciò nonostante, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del militante anarchico”, scrive in una nota l’ex senatore Luigi Manconi, presidente della onlus A buon diritto. “Leggeremo le motivazioni della sentenza ma sin da ora posso dire che trovo che siamo di fronte a un verdetto iniquo. Con ciò una situazione che la classe di governo ha voluto portare alle estreme conseguenze, attraverso le decisione politiche del ministro della Giustizia e attraverso la costruzione di un nemico (il cosiddetto pericolo anarchico), rischia di precipitare. E in tempi rapidissimi”, avverte Manconi.

Il Comitato di bioetica – Intanto il Comitato Nazionale di Bioetica, riunito in seduta plenaria, ha deciso di proseguire l’analisi “in merito alle problematiche connesse all’autodeterminazione nel ricevere o meno i trattamenti sanitari offerti” come fa sapere lo stesso Comitato in una nota, al termine del dibattito relativo ai quesiti posti dal ministero della Giustizia. Cospito, tramite l’avvocato, aveva inviato una diffida a essere sottoposto a trattamenti forzati in caso di incoscienza. “Dopo un corale, approfondito dibattito, la Plenaria ha ritenuto di proseguire l’analisi al fine di ottenere la massimo convergenza possibile con riguardo alle delicate e complesse problematiche sottese, nel rispetto di tutte le posizioni sino ad ora emerse”.

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