L’aggressione che sabato mattina è stata subita da alcuni studenti e studentesse del Liceo Classico di Firenze Michelangiolo ha dei responsabili: sei ragazzi tra i 16 e i 20 anni, che fanno parte del movimento giovanile di destra Azione Studentesca, considerato vicino a Fratelli d’Italia. I numerosi video girati ne hanno consentito l’identificazione. La buona notizia è che l’episodio ha scatenato una ondata di indignazione, in un Paese assopito e distratto.
In questa situazione il presidente del Consiglio – Giorgia Meloni – che dichiara di “conoscere abbastanza bene l’universo dell’impegno giovanile, una palestra di vita meravigliosa”, tace da sabato. Un silenzio assordante, una notizia pessima. Ancora peggiore è la notizia che il titolare del dicastero dell’Istruzione e del Merito (sic!), Giuseppe Valditara, invece, non taccia. E abbia ritenuto necessario commentare non il gravissimo avvenimento di sabato, ma la comunicazione che la dirigente scolastica del liceo Leonardo Da Vinci – Annalisa Savino – ha sentito il dovere di inviare alla comunità scolastica in seguito all’aggressione. Una comunicazione pacata ma ferma, carica del richiamo sobrio e puntuale ai principi fondamentali desunti dalla Carta, che orientano e consolidano il patto repubblicano. E che dovrebbero essere considerati persino scontati da ministri che proprio sulla Costituzione hanno giurato.
In altri termini, il ministro dell’Istruzione e del Merito (doppio sic!), invece di stigmatizzare la violenza subita dagli studenti fiorentini, attacca, offende e minaccia chi, nella corretta interpretazione delle proprie funzioni di dirigente di una scuola della Repubblica, richiama l’intera comunità scolastica all’esercizio della responsabilità civile e politica, esortando a non girare la testa dall’altra parte, ricordando quali e quante brutture – anche sulla scorta delle parole di Antonio Gramsci (“Odio gli indifferenti”), che della violenza fascista fu martire – l’indifferenza abbia causato al nostro Paese. Una “lettera del tutto impropria” perché “non compete a una preside lanciare messaggi di questo tipo” e perché in “Italia non c’è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista”, così ha chiosato Valditara.
Il fatto che la preside Savino abbia indicato nel fascismo la conseguenza della violenza e dell’indifferenza dell’epoca ha spinto il ministro dell’Istruzione (e del Merito, triplo sic!) a dichiarare che la comunicazione della dirigente sia stata frutto di una iniziativa “strumentale”, che denota “una politicizzazione che auspico che non abbia più posto nelle scuole”. Difendere pertanto le fondamenta della Carta, nata dalla Resistenza e dall’antifascismo, è per un ministro della Repubblica italiana un atto arbitrario, inadeguato e di partigianeria politica; censurabile, quindi.
Viviamo, insomma, una paradossale condizione: quella che chi dovrebbe (il condizionale è d’obbligo, considerate le attuali circostanze politiche) garantire il rispetto dei valori costituzionali instilla – al contrario – il germe malato della loro rottamazione. E abusa del proprio ruolo, chiosando: “lettere ridicole. Vanno prese per quello che sono, un atto di propaganda. Ma se l’atteggiamento dovesse persistere andando al di là dei confini istituzionali, allora vediamo se prendere delle misure”.
Valditara continua a dare avvertimenti a tutte e tutti noi: sono in gioco la libertà di insegnamento e di espressione. Commentare la “politicizzazione” della scuola invece di condannare senza se e senza ma la violenza di chi si ispira al pensiero politico della maggiore forza parlamentare e di governo è uno dei tanti modi per tentare di confondere le idee. In questo modo, però, il ministro assume su di sé la responsabilità di quanto dovesse accadere in futuro. E consegna alla rimozione (fortunatamente solo sua e della sua premier) un episodio grave, agito e subito da giovani, che – in quanto tale – dovrebbe essere assunto a paradigma di ciò che è lecito e di ciò che non lo è, senza alcun tentennamento. Il culmine di questa pericolosa risposta sta poi nella velata minaccia di misure da assumere contro la dirigente.
Forse le uniche misure che andrebbero realmente prese sono quelle nei confronti di un ministro che viene meno alla sua funzione istituzionale e all’osservanza dei principi e dei valori su cui ha giurato. Un ministro che – in pochi mesi – è riuscito ad inanellare una serie veramente imbarazzante di inciampi e cadute (dalla “umiliazione come fattore fondamentale della crescita e nella costruzione della personalità” alla trovata del ripristino delle gabbie salariali, differenziando i salari dei docenti sulla base del costo della vita della regione in cui abitano). Un fenomeno pericoloso, che altrove porrebbe in serio dubbio la permanenza in una funzione istituzionale di tale importanza.
L’ottima notizia è che la dirigente scolastica Annalisa Savino non è sola. In tanti e tante si sono espressi per dichiararle la propria solidarietà; tra gli altri, il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, che ha definito la sua comunicazione “un esempio di sensibilità civile e pedagogia repubblicana. L’attacco del ministro è inaccettabile”. Con lui, i tanti e le tante che nella giornata del 23 febbraio – 41.956 alle ore 20,37, mentre concludo questo post – hanno firmato per il sostegno ad Annalisa Savino promosso da Priorità alla scuola.