Per valutare il livello di inquinamento di un fiume, devi andare alla foce e capire cosa abbia mestato le acque sino a rendere quello che fu un grande e pulito corso d’acqua una indistinguibile poltiglia melmosa. E’ solo camminando nella zona di periferia compresa tra Modena e Bologna, dove il Pd è nato e dove tuttora mantiene le sue ultime roccaforti, che ci si può fare un’idea di quanto l’attuale dibattito (primarie sì, primarie no, gazebo, ombrelloni) abbia ormai modificato il letto di questo fiume, tanto da renderlo irriconoscibile a coloro i quali ne hanno, sino a oggi, custodito la fonte.
Modena. Domenica mattina. Dalla strada che devia dalla periferia si arriva al centro polifunzionale, già antica sede del Pci poi divenuta un distaccamento del Pd di periferia e oggi covo di indomiti tangueros. Seduti al tavolo vociano uomini e donne con carte d’identità di un certo rispetto. Mi fermo a parlare con loro. Hanno un prestampato con vari nomi.
“Le primarie? Ancora??”
“Ma chi è questa Ella Sein? Non so nemmeno come si pronuncia (risate condivise anche dalle donne)…” “È la ex vicepresidente della Regione”
“Buono a sapersi. E perché non è in Regione, adesso?”
“E’ andata a Roma, in Parlamento”
“Ah! (imprecazione non ripetibile)”
“La Picerno? E chi sarebbe?” tuona il più anziano.
“Ma sì, quella che diceva in tv che coi soldi di Renzi ci facevi la spesa! Me la ricordo!”
“Renzi?” A questo nome si leva in cielo una sonora e collettiva imprecazione che si perde nel fumo di sigaretta e chiude la discussone mettendo tutti d’accordo.
“Ecologista?” avanza minaccioso un settantenne stringendo in mano uno dei volantini dei candidati e appallottolandolo con disprezzo.
“Guardi là, che schifo!” tuona focoso il vecchio caposezione, referente di un lungo elenco di liste cittadine civiche, sul piede di guerra da quando il Pd locale ha dato il permesso per costruire, proprio davanti a loro, uno degli hub di Amazon più grandi d’Italia facendo schizzare il livello di CO2 già tra i più elevati in Europa e intasando arterie locali già iper trafficate.
“Ecologista un c..!” sbraita la signora abituata anni fa a portare vetro e carta davanti alle scuole. Memore di un progetto virtuoso di riciclo da poco smantellato dal Pd locale che, sotto forma di lista civica, ha ripreso il comando del piccolo paese.
I candidati indaffarati a montare i gazebo di tutto questo mondo non sanno nulla, o quasi. Il gruppo dirigente del Pd attuale è costituito da un gruppo di uomini e donne che sposta, come il dottor Stranamore, bandierine e pedine su uno scacchiere cartonato, nella convinzione che, dietro a quelle mosse, orde di militanti siano pronti a seguire il capo. Nulla di più falso e di più irrealistico. Nulla di più tragicamente lontano dalla realtà. Intenti nella loro battaglia navale muovono flotte immaginarie, certi di essere talvolta dei capipopolo, talvolta dei politici di rango o, peggio, di essere amati dalla gente. Hanno confuso i like con le parole scambiate con le persone, i tweet con le strette di mano. Il virtuale è la loro comfort zone alla quale sono condannati perché ormai privi degli anticorpi per passeggiare in queste periferie.
Si muovono esattamente come si muoveva lo stato maggiore renziano prima che il 4 dicembre le persone reali lo spazzassero via. I contendenti non hanno tramutato quella sberla elettorale in un’opportunità, ma ne hanno forgiato una chiave per chiudersi in casa, impauriti e ignari degli affanni e problemi di quella gente che non sa chi essi siano. Si dirà: ma allora perché il Pd ha pur sempre preso quasi il 20 per cento alle ultime elezioni? La risposta sta nel concetto di ‘senza forma’. Il paradosso insito in questo amalgama impossibile tra politici digiuni della realtà e ascari passati attraverso formazioni diverse nate spesso dell’altra sponda politica. Sta proprio nella capacità attrattiva della formula ‘tutto e il contrario di tutto’, calamita irresistibile per quel ponderoso nucleo di indecisi che a ogni elezione è stimato essere il terzo partito d’Italia.
Mettere assieme in un caravanserraglio liberisti, governisti, renziani ed ex renziani, transfughi fuoriusciti poi rientrati, pluritrombati in cerca di uno strapuntino determina una situazione per la quale l’indeciso qualunquista, quello che di politica nulla sa e nulla vuole sapere, facilmente può trovare lì dentro quegli slogan assonanti al suo vuoto.
Con i lavoratori, ma anche con i padroni. Con i sindacati, ma anche con Confindustria. Guerra alla destra, ma anche al governo con la Lega. Contro il precariato, ma al contempo partito colpito da amnesia selettiva sui diritti dei lavoratori. Chiunque dunque potrà votare Pd perché in quell’agglomerato confuso sono rappresentate tutte le istanze della terra e i loro opposti. Tutto e il contrario di tutto, appunto.
Scannarsi sulle ‘primarie’, definire le ‘coalizione’ tra correnti, macerare gli zebedei online sulla corretta formula di rappresentazione è fuffa agli occhi dei vecchi e onesti militanti. Il dibattito intorno alla futura squadra del Pd ricorda la trama di Elysium, film di fantascienza che narra di una stazione spaziale lanciata a centinaia di chilometri dalla terra quando le cose stavano andando male, quando carestie e malattie erano in procinto di estinguere il genere umano. Elysium ha iniziato poi a vivere di vita propria, con regole interne e logiche abissalmente lontane da un pianeta terra sul quale nessuno aveva più messo piede da decenni.