Xi Jinping ha deciso di sfruttare il simbolismo per svelare la sua strategia. A un anno esatto dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, la Cina rompe ogni indugio e si propone come grande mediatore per la pace tra Mosca e Kiev. E lo fa presentando ufficialmente il piano di pace in 12 punti elaborato dai vertici del Partito Comunista e diffuso dal ministero degli Esteri. Nella lista della Repubblica Popolare ci sono il “rispetto della sovranità nazionale di tutti i Paesi”, chiaro messaggio alle mire espansionistiche del Cremlino. Ma anche lo “stop alle sanzioni unilaterali” che guarda più a Washington e Bruxelles. Oltre ovviamente alla “salvaguardia dei siti nucleari” e alla “cessazione delle ostilità”. Con un messaggio particolare per Putin e Zelensky: “La guerra non ha vincitori, tornate a parlarvi”.
I 12 punti di Xi Jinping
È dai 12 punti di Pechino, accolti con cauto ottimismo sia da Kiev che dall’Unione europea, che il nuovo anno di guerra può ripartire per trasformarsi il più velocemente possibile in un anno di pace ritrovata. La Cina vuole conferire legittimità alle proprie proposte contando sulla neutralità, almeno militare, dimostrata in questi 12 mesi, posizione ben diversa da quella di Unione europea e, soprattutto, Stati Uniti che con sanzioni martellanti e, soprattutto, un incessante invio di armi a Kiev hanno sempre più aumentato il proprio livello di coinvolgimento nel conflitto, come sottolineato proprio da Pechino nei giorni scorsi.
Emerge così quella che è stata, probabilmente fin dall’inizio, la strategia cinese, dopo la dichiarazione di “amicizia senza limiti”, mai diventata però una vera alleanza, con la Russia: lasciare che le grandi potenze occidentali si facessero tirare dentro al conflitto, fino a un punto di apparente non ritorno, per poter poi fare la parte del grande mediatore. Un ruolo che gli Usa eviteranno in tutti i modi di riconoscere al Paese di Xi Jinping nell’ottica di una riorganizzazione dell’ordine mondiale secondo uno schema multipolare, obiettivo perseguito sia da Pechino che da Mosca.
Oggi, per il leader cinese, è arrivato il momento di mettere definitivamente in atto il suo piano. E le proposte di pace avanzate sembrano pensate proprio in ottica di un equilibrio tra le parti. Innanzitutto, si legge, è necessario che venga rispettata “la sovranità nazionale di tutti i Paesi”, formula che prevede quindi un ritiro russo da una parte dei territori occupati che non rivendichino essi stessi la propria appartenenza alla Federazione. C’è poi la richiesta di “abbandonare la mentalità da Guerra Fredda“, come quella di “cessare le ostilità” e “riprendere i colloqui di pace”. Solo dopo lo stop agli scontri sul campo di battaglia si potrà procedere a quella che appare come una seconda fase del piano: “Risolvere la crisi umanitaria“, “proteggere i civili e i prigionieri di guerra“, “mantenere al sicuro i siti nucleari“, “ridurre i rischi strategici” sono solo alcuni dei punti elencati dalla diplomazia cinese. È poi necessario che la crisi umanitaria venga combattuta anche attraverso le forniture di cibo. Per questo si deve tornare a “favorire le esportazioni di cereali“. Al punto 10, poi, Pechino lancia un chiaro messaggio a Unione europea e Stati Uniti chiedendo di “mettere fine alle sanzioni unilaterali” e, di conseguenza, “mantenere stabili i canali di rifornimento e dell’industria”. La terza fase, infine, è quella che caratterizza tutte le guerre: “Favorire la ricostruzione post conflitto“.
Il messaggio a Mosca e Kiev: “Parlatevi”
Nel documento, la Repubblica Popolare dedica uno spazio a un messaggio diretto alle due parti in guerra, Russia e Ucraina, per chiedere di compiere ogni sforzo necessario per tornare al tavolo di pace. Nel testo si legge che la guerra “non prevede vincitori” ed è quindi necessario “mantenere razionalità e moderazione“, evitare che la crisi si aggravi o vada fuori controllo e “sostenere Russia e Ucraina affinché si incontrino” e riprendano “il dialogo diretto non appena possibile”. Il tutto astenendosi “dall’attaccare civili e strutture civili”. È questo, sostengono, “l’unico modo per risolvere” la questione: le parti “dovrebbero promuovere gradualmente l’allentamento della situazione e raggiungere infine un cessate il fuoco globale”.
“Droni cinesi a Mosca”
A stonare col clima disteso auspicato dal Paese di Xi Jinping arriva la notizia pubblicata da Der Spiegel, secondo cui l’esercito russo è impegnato in trattative con la cinese Xìan Bingo Intelligent Aviation Technology per la produzione di massa di droni kamikaze alle sue forze armate. Bingo, in base alle informazioni raccolte dalla testata tedesca, ha accettato di produrre e testare 100 prototipi di droni ZT-180 prima di consegnarli alla Difesa russa entro aprile 2023. Gli esperti militari ritengono che queste armi siano in grado di trasportare una testata da 35 a 50 chilogrammi.
Dura la replica di Pechino che con il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, respinge le accuse affermando che “negli ultimi tempi ci sono state troppe falsità su di noi, moltissime”. Il ministero ha aggiunto di “non saperne nulla. La Cina ha sempre adottato un approccio cauto e responsabile nei confronti dell’export militare, non vende armi in zone di conflitto o parti coinvolte in guerre”.