Un’edizione, quella del Festival di Berlino 2023, sempre diretta dall’italiano Carlo Chatrian, caratterizzata profondamente dalla politica e dalla cronaca, dalla bandiera ucraina sventolata sul tappeto rosso della cerimonia di premiazione all’appello per le donne iraniane spinto dalla giurata Golshifteh Farahani, fino al messaggio di cordoglio dei direttori per tutte le vittime del terremoto turco-siriano
Vola su una barca molto “speciale” sulla Senna l’Orso d’oro della 73ma Berlinale, cioè all’emozionante film documentario dell’autore francese Nicolas Philibert, Sur l’Adamant, in cui diversi pazienti psichiatrici vivono l’esperienza di condividere attività artistiche e socialmente utili, esattamente insieme con i loro operatori, tra psicologi, psichiatri e volontari. “Superando le differenze di ciascuno, è la nostra umanità che potrà salvare il mondo”, ha dichiarato il 72enne regista di Nancy, osannato dalla giuria internazionale guidata da una spigliata e appassionata Kristen Stewart. Un’edizione, quella del Festival di Berlino 2023, sempre diretta dall’italiano Carlo Chatrian, caratterizzata profondamente dalla politica e dalla cronaca, dalla bandiera ucraina sventolata sul tappeto rosso della cerimonia di premiazione (che segue il videomessaggio di Zelensky trasmesso alla serata di apertura) all’appello per le donne iraniane spinto dalla giurata Golshifteh Farahani, fino al messaggio di cordoglio dei direttori per tutte le vittime del terremoto turco-siriano. Un’edizione in cui anche l’Italia è stata premiata: il film Disco Boy, buon esordio di Giacomo Abbruzzese, si è infatti aggiudicato l’Orso d’argento per il miglior contributo artistico, per merito in particolare della coraggiosa cinematografia di Hélène Louvart, che insieme ad Abbruzzese ha ritirato il premio.
Ancora in Francia – e a un altro autore veterano molto amato – è andato un altro Orso d’argento, ovvero a Philippe Garrel per suo intenso Le grand chariot, recitato “in famiglia”, con i suoi tre figli. A loro, ma soprattutto al suo maestro, amico e collega di sempre Jean-Luc Godard “che qui vinse con uno dei suoi capolavori, Alphaville”, ha dedicato il suo premio per la miglior regia. Al bellissimo Roter Himmel di Christian Petzold è andato l’Orso d’argento Gran premio della giuria: un’opera corale in cui nulla è ciò che sembra, nonostante la naturalezza dei fatti in cui commedia e dramma si intersecano magicamente. Petzold ha dedicato la sua vittoria a un altro grande maestro recentemente scomparso, Carlos Saura.
L’Orso d’argento premio della giuria è stato assegnato a Mal viver del portoghese João Canijo, un lungo film sui complessi e forse irrisolvibili rapporti al femminile in una famiglia chiusa in un hotel di proprietà. La curiosità dell’opera è che in realtà consta di due film, uno il controcampo dell’altro, titolato non a caso Viver mal e posto curiosamente nella sezione Encounters. Commoventi i due riconoscimenti per le interpretazioni, andati entrambi ad attrici che interpretano ruoli sull’identità di genere, con tutta la complessità che questo comporta. Se dunque all’attrice transessuale tedesca Thea Ehre per il drama noir Bis ans Ende der Nacht di Christoph Hochhäuser è andato il premio da non protagonista, quello da protagonista è finito nelle piccolissime mani di una delle più giovani vincitrici di un Orso nella storia della Berlinale: Sofia Otero, probabilmente coetanea del suo personaggio che ha solo 8 anni. Nel bel film della regista basca Estibaliz Urresola Solaguren, 20.000 especies de habeas, Sofia è un bimbo, Aytor, ma si sente una bimba e vuole essere chiamata Lucia. Il talento di questa ragazzina avrà certamente un seguito nel cinema internazionale. Premiati, infine, il misterioso film tedesco/greco Musik di Angela Schanelec con l’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura, Adentro mio estoy bailando di Leandro Koch e Paloma Schachmann come miglior opera prima, proposto nella sezione Encounters dove pure era inserito il vincitore come miglior documentario, El eco della messicana Tatiana Huezo.