Il regime di Teheran la perseguita da anni, considerandola una minaccia per la Repubblica islamica al potere in Iran, per le sue campagne contro l’apartheid di genere e contro l’obbligo per le donne iraniane di indossare il velo in pubblico. Masih Alinejad, giornalista e attivista, già arrestata e minacciata dagli Ayatollah, poi esule negli Stati Uniti, è anche sfuggita a un tentativo di assassinarla, così oggi è costretta a vivere sotto scorta.
Nel corso di una serie di tappe in Europa, prima a Bruxelles, ora a Roma, dove ha incontrato alcune centinaia di attivisti iraniani della diaspora e partecipato a una manifestazione della sua comunità in piazza San Giovanni, Alinejad rilancia la sua battaglia per i diritti delle donne, a cinque mesi di distanza dall’inizio delle manifestazioni di protesta antigovernative in Iran, seguite alla morte di Mahsa Amini, la 22enne di origini curde che ha perso la vita mentre era in custodia della polizia morale, perché non indossava in modo corretto lo stesso hijab, il velo obbligatorio.
“Le donne iraniane stanno guidando la rivoluzione all’interno del mio Paese, sostenendoci, ma le proteste sono insanguinate dal regime di Ali Khamenei: più di 500 persone sono state uccise, 50 persone si trovano ora nel braccio della morte, 5 di loro sono state da poco giustiziate”, racconta al Fattoquotidiano.it. E ancora, lanciando un appello rivolto alle istituzioni europee e al governo italiano: “In tutto il mondo il popolo iraniano sta scendendo in piazza con una semplice richiesta ai leader dei Paesi democratici. Siamo nel 21esimo secolo, ancora le donne in Iran (e Afghanistan, ndr) vengono frustate, giustiziate e uccise solo per aver chiesto la propria libertà. È arrivato il momento in cui l’Unione europea si unisca ai leader del G7 e isoli questa Repubblica islamica”.
Khamenei va isolato, così come l’Ue ha già fatto con Putin. Perché non è soltanto una minaccia per gli iraniani, ma per tutte le persone nella regione. E in questo momento il regime è responsabile dell’invio a Mosca di droni usati per uccidere ucraini innocenti“, rivendica l’attivista, già ascoltata in Senato negli scorsi giorni e ora accolta dalla comunità iraniana nella Capitale tra slogan e cori. “Abbiamo una semplice richiesta: l’Ue e gli Stati membri mettano il Corpo delle Guardie rivoluzionarie nella lista dei terroristi, isolino Khamenei e riconoscano una delle rivoluzioni maggiormente progressiste, quella che porta il nome di “Donna, vita, libertà“, è l’appello rilanciato.
Quello del possibile inserimento dell’Irgc (la sigla internazionale che indica i Pasdaran, ndr) tra le organizzazione terroristiche da parte dell’Ue – come già fatto dagli Stati Uniti – è un nodo ancora irrisolto. Nell’ultimo pacchetto di sanzioni, il quinto, deciso dai leader Ue nei confronti di Teheran, infatti, sono stati colpiti altri 32 funzionari dal regime (per un totale adesso, rispettivamente, di 196 persone e 33 entità, ndr). Ma la richiesta (già votata e approvata dal Parlamento europeo) di inserire i Pasdaran nella lista nera è rimasta ancora ‘congelata’.
Non soltanto perché l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha precisato che per inserire i Guardiani della Rivoluzione nella lista europea delle organizzazioni terroristiche “manca una fondamentale base giuridica”, ovvero “c’è bisogno che la Corte di uno Stato membro emetta una condanna concreta”. Ma soprattutto per i risvolti politici, a partire dal rischio di compromettere diversi dossier delicati, compreso quello relativo all’accordo sul nucleare iraniano, o le trattative per liberare diversi cittadini Ue oggi ostaggio di Teheran.
L’attivista Alinejad, al contrario, insiste. E attacca: “Non capisco come tante donne politiche europee e italiane possano andare nel mio amato Paese, indossare l’hijab, fare affari con il regime, senza dire nulla. Questo è un tradimento”. Per poi invitare al contrario le donne italiane ed europee a sostenere le proteste in Iran e Afghanistan, contro l’apartheid di genere: “Le nostre sorelle in tutto il mondo, le studentesse e le universitarie qui in Italia, si uniscano a noi”.
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