“Da qui è molto semplice fare la rivoluzione, da lì, dalla Russia, è più difficile. Io non so se noi siamo meglio di loro, non ne sono così sicuro. Sento intorno a me questa idea che noi siamo i bravi e loro i violenti, i cattivi, ma non credo sia così”. A dirlo, ospite di Otto e mezzo, su La7, è stato lo scrittore Paolo Nori, esperto di letteratura russa e traduttore dei grandi romanzieri russi in italiano. “Mi stupisce l’idea che gli italiani che non hanno dimestichezza con la Russia hanno dei russi – ha raccontato – In luglio sono stato a San Pietroburgo per scrivere due reportage per due riviste, ed entrambe mi hanno chiesto: ‘Perché i russi tacciono?’. La verità è che non è vero che tacciono. Una buona parte della popolazione, che è d’accordo col governo, parla. Per l’altra, che è in disaccordo, è difficile parlare. Chi usciva per strada a protestare contro la guerra veniva messo in carcere”.
A San Pietroburgo ho trovato un cartello, vicino a un cancello, con scritto ‘no alla guerra’. Ero contento di averlo trovato e ho pubblicato la foto sui miei social. Una signora italiana ha commentato così: ‘Ma come è scritto in piccolo’. E allora le ho risposto: ‘Vieni tu a scriverlo più in grande’. E mi è venuto in mente che nel ’38, quando sono state emanate le leggi razziali, non è scoppiata la rivolta popolare“. Lo scorso anno, poco dopo lo scoppio della guerra, l’Università Bicocca aveva cancellato una serie di lezioni di Nori su Fëdor Dostoevski.
Video La7