Con “Polvere” ha catturato l’attenzione, tra gli artisti in gara all’ultimo Festival di Sanremo, per il ritmo, la personalità e il remix de “La notte vola” con Lorella Cuccarini sul palco dell’Ariston la sera delle cover. Olly sui social (specie su TikTok) è scatenatissimo e ha conquistato anche parte della comunità LGBTQ+ con le sue canotte, i balletti e lo sguardo sensuale. Sarà mica stata qualche mossa di queerbaiting, ossia attrarre un pubblico queer e al contempo non offendere l’audience più tradizionale? Lo abbiamo chiesto al diretto interessato, che però ha respinto questa ipotesi. Intanto è uscito “Gira, Il Mondo Gira”, repack del suo ultimo Ep “Il Mondo Gira”. Ad aprile parte il tour con il doppio sold out a Milano (5 e 6 aprile ai Magazzini Generali) e il sold out a Roma a Largo Venue il 16 aprile, rimangono biglietti per il 17 aprile. La data zero si terrà il 31 marzo all’Afterlife di Perugia.
Da Sanremo Giovani ai Big sul palco dell’Ariston. Hai avuto paura?
Tantissima e credo si sia anche visto nello speciale andato in onda su Rai1, dopo il Festival. Mi si vede chiaramente che, dietro le quinte, me la stavo facendo sotto (ride, ndr). Ho sempre avuto l’ansia da prestazione, ma quando salgo sul palco scatta qualcosa.
Bilancio del 20esimo posto di “Polvere”?
Ci sono state delle imperfezioni, lo dico serenamente, però ammetto che mi sono davvero divertito. Dalla prima all’ultima serata. Ho sentito un crescendo di consapevolezza sul palco, detto ciò penso che sia stata una esperienza davvero figa e che rifarei anche domani. Mi sono concentrato sul pubblico in platea, stavo facendo lo show per loro. Al di là delle telecamere.
Però hai ammiccato alle telecamere, sei stato bravo…
Ma certo, mi sono divertito fino in fondo, me la sono giocata e ho preso questa opportunità come crescita lavorativa e personale.
Hai parlato con tante persone durante Sanremo. Non ami la socialità forzata, come l’hai gestita?
Non è stato uno sforzo pesante. In realtà sin da piccolo dove mi mettevano parlavo con le persone e mi piaceva. Poi c’è stata la pandemia, mi sono isolato e alla fine mi sono abituato alla solitudine. Durante il lockdown, quando si poteva fare, lavoravo solo alla mia musica con il mio produttore JVLI. La mia vita era il percorso casa-studio e ritorno. Sanremo mi ha aiutato molto a ‘sbloccarmi’ e non mi sono negato a nessuno.
Sei d’accordo con Mengoni che ha sottolineato come, purtroppo, nella Top 5 non ci fossero donne?
Secondo me, a monte, andrebbero date più possibilità alle donne. Concordo anche con una dichiarazione di Levante, che qualche anno fa, sul discorso della presenza delle donne nella discografia disse che non credeva nei complotti. Il che è vero perché se si pensa al grande successo in streaming di Madame, per citarne una… Comunque tutte le artiste in gara al Festival hanno portato canzoni molto belle.
Perché per la serata della cover hai pensato proprio a Lorella Cuccarini e a La Notte Vola?
Un caso. Avevamo poco tempo per scegliere cosa portare per la serata delle cover perché sono entrato ‘in corsa’ a dicembre tra i Big. Tra i brani che abbiamo vagliato in studio con JVLI c’era ‘La Notte Vola’, che già conoscevo. Mi ha ispirato tanto da pensare ad un arrangiamento e a qualche verso da aggiungere. Lorella Cuccarini non la conoscevo, forse ci siamo incrociati una volta a Radio2 Social Club, ma ci siamo solo presentati. Lei è stata accogliente, una grande professionista e come persona mi è piaciuta molto. L’ho sentita una di famiglia. Lei è nata il 10 agosto e mia mamma il giorno prima. Insomma c’è stata sintonia.
Nella settimana del Festival sui social hai ammiccato alla comunità LGBTQ+. Non sarai caduto nella trappola del queerbaiting?
Ho sempre agito in maniera naturale e spontanea. Non ho mai agito secondo un metodo preparato per intercettare un certo tipo di pubblico. Per me il pubblico è universale e inclusivo. Non ho mai studiato performance ad hoc. Ho sempre ballato in cameretta sin da piccolo perché non riuscivo a prendere sonno e mi scatenavo davanti allo specchio. Guardavo i film di danza e amavo molto Chris Brown per come performava, unendo musica e ballo. Si capisce che non ho alcuna preparazione come ballerino (ride, ndr). Però se vengo apprezzato lo stesso, ne sono molto felice.
“Tu sei una checca non ti fotterei la tipa non mi piace l’HIV alla tv ti fai tante seghe che beh non ti prendi l’AIDS” è un tuo vecchio freestyle, circolato durante Sanremo. Perché hai usato quelle parole?
Non ne ho parlato allora non volevo che la questione degenerasse. Per me è molto importante parlarne ora. Anzitutto mi scuso subito con tutti quelli che si sono offesi e a ragione. A quasi 22 anni riconosco di aver usato quelle parole con una leggerezza di un ragazzino di 18 anni.
Ma da dove nasce quel pezzo rap, ora introvabile sul Web?
Quei versi di 10 secondi facevano parte di un’altra cosa. Era un freestyle di esercizio per la mia logopedista per curare la erre moscia, poi degenerato nella scrittura senza alcun senso. Non c’era nessun tipo di attacco volontario e riconosco, con la testa di oggi, che è offensivo. Non ne ho parlato prima perché ero scioccato a rivedere quella clip, mi è spiaciuto per chi ha accostato me a quei versi. Sono per la libertà totale, non mi importa assolutamente l’orientamento sessuale e non ho paura a dimostrarlo, già lo faccio.
Cosa ti ha scioccato?
Il dispiacere che sia passato quel messaggio che nulla ha a che vedere con la mia carriera. Tanto è vero che ho rimosso quella clip. Cerco di veicolare messaggi positivi, lo faccio sin da piccolo. Non ho mai pensato quelle cose, bisogna superare l’odio, anzi lo detesto e lo canto. Il mio impegno è per un pensiero positivo. Sarà mio compito anche far cambiare idea a chi ha condiviso quella clip, facendosi una idea sbagliata su di me. Sono una persona trasparente, non una persona cattiva. Non ho mai avuto nemici. Insomma mi è spiaciuto tanto.
Tra i brani più intimi del disco c’è “Bianca” che “è timida ma sa che cosa vuole e sa che questo amore confonderà chi ha fianco. La fa sembrare senza un cuore”. Sei tu?
(Ride, ndr) Eh sì sono proprio io. Ho usato un nome femminile per far sì che ciò che provo potesse essere rivolto a tutte e tutti. Tra l’altro è il nome che darei a mia figlia. Parlo in quei versi della musica e di quanto di conseguenza mi abbia tolto tanto.
Cosa ti ha tolto?
Ho perso molti momenti con la mia famiglia, con i miei amici, ho perso legami con le ragazze con cui stavo perché ero troppo concentrato sul mio lavoro. Essendo sensibile ed empatico, sono tutti stati d’animo che non ho vissuto bene. Ma ho scelto e sceglierei ancora la musica perché è una missione.
Quando hai capito che questa era la tua strada?
Dopo la laurea in Economia e Management, avrei dovuto far domanda per la magistrale alla Naba (Nuova Accademia di Belle Arti) a Milano per un corso di design creativo. Ho preso la decisione di dedicarmi totalmente alla musica, la mia famiglia mi ha sostenuto in pieno. Mi ha sempre appoggiato, facendo sempre in modo che io fossi responsabile, sempre. Per citare Marracash “fino a qui tutto bene”.
Le sigarette e il fumo ricorrono spesso nei tuoi brani, pensato mai di smettere?
Tutti i giorni, ma è un po’ complicato. In famiglia non amiamo le bugie. La prima sigaretta l’ho fumata con mia madre. Il suo ragionamento era che preferiva agissi alla luce del sole e non di nascosto. Comunque oggi capisco perfettamente quando gli adulti invitano i giovani a non fumare.
A 15-16 anni sei stato in terapia per depressione. Come hai affrontato questa malattia?
Di base per me è stato facile affrontare questo percorso perché ho detto subito ai miei genitori che avevo bisogno di una mano. Loro hanno capito e ci siamo rivolti ad una psicologa. Però molte famiglie non comprendono l’importanza della salute mentale ed è per questo, forse, che non se ne parla abbastanza.
Secondo te perché?
Lo dice anche Marracash: la salute mentale è una roba da ricchi. Mi rendo conto non sia alla portata di tutti perché è un investimento importante e costa, ci vuole tempo per intraprendere un percorso. Però esorto le persone di qualsiasi età a parlare con uno psicologo, più che uno psichiatra che ho pure affrontato perché ho assunto ansiolitici.
Ma a cosa era dovuto il tuo malessere?
Ad un mio senso di tristezza e intrinseco alla persona, alimentato anche dal fatto che sono andato a studiare all’estero, in Inghilterra. Avevo lasciato la mia famiglia, Genova, la musica, gli amici, il rugby e tutto questo per cosa? Per la mia tendenza a non dire di no ad esperienze nuove. Non ho potuto andar via subito dall’Inghilterra per una serie di cause burocratiche. Quindi quando sono tornato ho avuto bisogno di una mano.
Sei ancora in terapia?
Purtroppo no, al momento non ho tempo. Comunque con la mia terapista sono rimasto in contatto, mi ha fatto pure i complimenti per Sanremo.
Pronto a partire in tour ad aprile? Ci sono già date a Milano e Roma sold out.
Stiamo lavorando in questi giorni per lo show e la scaletta. Non mancheranno le canzoni del nuovo disco, ma anche quelle che ho fatto in precedenza. Ci saranno momenti di festa, musica elettronica, momenti in acustico con la chitarra. L’idea è quello di uno spettacolo inclusivo, tutti possono entrare.
Mi sembra scontato, no?
Mica tanto, alle discoteche venivo rimbalzato per come mi vestivo! (ride, ndr).