Sta per arrivare una barca di soldi nelle scuole italiane, ma potrebbe accadere che l’effetto sulla riduzione dei divari strutturali sarà pressoché nullo. Secondo Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, quella che è un’occasione unica per migliorare la qualità dell’istruzione in Italia, con risorse mai viste, sta diventando un’occasione persa.
Ora o mai più
A causa delle scadenze ristrette, molte scuole italiane rischiano di rinunciare ai finanziamenti del Pnrr. La richiesta di presentazione dei progetti entro il 28 febbraio 2022 ha creato una corsa contro il tempo per gli istituti scolastici che devono predisporre proposte innovative in poco tempo. Molti dirigenti e docenti coinvolti nella preparazione dei progetti si sentono sopraffatti dalla mole di lavoro e dalle difficoltà legate alla mancanza di competenze specifiche.
Ci sono tutti gli ingredienti per far fallire un obiettivo che va molto al di là della retorica dell’innovazione tecnologica ma che, finalmente, comincia a includere anche ambiti che riguardano il benessere di chi la scuola la vive: gli alunni ma, indirettamente, anche i genitori e gli insegnanti.
Oltre la Scuola 4.0: progettare una scuola in cui si impara e si sta bene
Non si può ridurre l’innovazione a scuola esclusivamente a quella tecnologica: non bastano le lavagne digitali o i tablet, e neppure il metaverso, per affrontare i problemi enormi che ogni mattina portano in classe i dieci milioni di alunni che frequentano le nostre scuole.
Finalmente, col Pnrr, vengono considerati ambiti come quelli per la lotta per alla dispersione scolastica. I ragazzi che abbandonano la scuola non smettono di essere un problema, anzi. Il loro disagio urla in faccia all’impotenza di noi adulti che il suicidio è la quinta causa di morte fra i giovani con meno di 19 anni. Ed è solo la punta dell’iceberg di problemi di fronte a cui veniamo lasciati soli quando li dobbiamo affrontare come famiglie, ma anche come insegnanti.
I soldi non sono tutto, ma aiutano
È una piaga che richiede interventi immediati e mirati. Invece di investire in progetti di digitalizzazione che spesso non portano alcun beneficio concreto, sarebbe più opportuno utilizzare i fondi del Pnrr per affrontare altre emergenze che richiedono attenzione e risorse.
Si può fare. La prevenzione dei suicidi nei giovani non è una chimera
Possiamo continuare a nascondere la testa sotto la sabbia oppure guardare la realtà dei fatti: ogni anno in Italia ci sono circa 4.000 morti per suicidio, con una incidenza particolarmente grave tra gli adolescenti dai 10 ai 19 anni.
Secondo Stefano Vicari, professore ordinario all’Università Cattolica e responsabile di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza del Bambin Gesù di Roma, negli ultimi 10 anni, gli accessi per ideazione suicidaria o tentato suicidio al Bambino Gesù sono aumentati esponenzialmente, con un aumento del 75% nei due anni della pandemia rispetto al biennio precedente. In media, viene registrato un caso ogni giorno di bambini e ragazzi tra i 9 e i 17 anni.
Perché “le malattie mentali, se affrontate nei tempi giusti, hanno un’alta probabilità di guarigione”
Non possiamo permetterci di sperperare i fondi del Pnrr solo per aggiungere solo qualche lavagna digitale in più nelle scuole, ignorando le vere eumergenze che ci circondano. Anche perché, secondo Stefano Vicari, le malattie mentali, se affrontate nei tempi giusti, hanno un’alta probabilità di guarigione.
Forse sarebbe anche l’occasione per smetterla di affrontare questi temi con la superficialità di chi, di fronte a un alunno che non va più a scuola, banalmente pensa: “Mandatelo a lavorare!” mentre, a volte, è solo il primo passo verso il qualcosa d’altro.
Perdere i fondi del Pnrr per qualche lavagna digitale in più non sarebbe un gran male. Fare del nostro meglio per iniziare un percorso serio che vada nella direzione della prevenzione del disagio mentale è obbligatorio. Non farlo, o rinunciarci per via dei tempi stretti, è un’opzione che non può essere contemplata.