TikTok potrebbe essere messa al bando anche nella Pubblica amministrazione italiana. A dirlo è il ministro della PA Paolo Zangrillo, che in un’anticipazione al quotidiano La Repubblica conferma che “il tema è all’attenzione da qualche giorno”. L’annuncio segue di pochi giorni le decisioni del governo federale americano e della Commissione europea, che ha appena chiesto ai suoi dipendenti di disinstallare la celebre app cinese entro il 15 marzo. La motivazione? “Proteggere i nostri dati”. Una decisione “fondata su pregiudizi”, secondo il colosso asiatico ByteDance, titolare dell’app che in Europa conta 125 milioni di utenti al mese. Una scelta che “non è stata preceduta da nessun confronto”, aveva detto Giacomo Lev Mannheimer, responsabile delle relazioni istituzionali per il Sud Europa di TikTok al Corriere. Ora potrebbe toccare all’Italia.

Prima il presidente americano Joe Biden, che lo scorso dicembre ha chiesto a tutti i dipendenti pubblici di togliere Tiktok dai propri Device aziendali. Poi, il 23 febbraio, la stessa richiesta è arrivata ai dipendenti della Commissione europea che ha chiesto di disinstallarla da tutti i dispositivi, sia aziendali che personali. Lo stesso potrebbe fare la nostra PA per i suoi 3,2 milioni di dipendenti. Non è ancora chiaro quale sarà la soluzione adottata, ma “prenderemo una decisione in fretta”, ha detto il ministro Zangrillo, riferendo di un’indagine dei servizi già partita a gennaio. Si tratta di “comprendere bene quale è effettivamente la profondità dei rischi legati alla sicurezza nazionale”, e in base a questo verrà presa una scelta che coinvolgerà innanzitutto Palazzo Chigi e ministero dell’Interno. Già dopo il weekend, riferisce Repubblica, potrebbe essere previsto un vertice sul tema.

Secondo il regolamento europeo sulla privacy, il Gdpr, i dati degli utenti europei devono rimanere in Europa. La app cinese ha già un data center in Irlanda e ha annunciato l’apertura di altri due centri in Europa. Ma nonostante le rassicurazioni di ByteDance a Usa e Ue, un recente cambiamento della policy sulla privacy ha confermato che ad alcuni dipendenti del colosso è consentito l’accesso ai dati dei cittadini europei. “Per garantire un’esperienza sulla piattaforma coerente, piacevole e sicura”, ha spiegato l’azienda che ha ammesso di consentire l’accesso “ad alcuni dipendenti del nostro gruppo aziendale situati in Brasile, Canada, Cina, Israele, Giappone, Malesia, Filippine, Singapore, Corea del Sud e Stati Uniti”. Una procedura che rispetterebbe i metodi riconosciuti dal Gdpr europeo e che tuttavia non sembra rassicurare le autorità occidentali sulla sicurezza dei nostri degli utenti europei.

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