Naufragio all’alba al largo di Steccato di Cutro, a una ventina di chilometri da Crotone. Il barcone a bordo del quale numerosi migranti stavano affrontando il viaggio verso l’Italia si è spezzato a causa del mare agitato. Il ministro dell’Interno a fine giornata ha dichiarato che i le vittime sono 59 e non 62. Tra i morti 14 sono minori (tra cui due gemellini di pochi anni e un bimbo di alcuni mesi). Il comune di Crotone ha messo a disposizione il Palamilone per i feretri. Ci sono 59 poi superstiti in buone condizioni portati al Cara di Isola Capo Rizzuto e in ospedale gli altri 21 (tra cui parecchi minori) bisognosi di cure. Probabilmente erano circa 180 i migranti ammassati sul vecchio peschereccio che non ha retto alla forza delle onde facendo cadere nel mare in tempesta chi era a bordo, ma c’è chi ha parlato di 200-250 persone a bordo. I dispersi potrebbero essere una trentina, ma non ci sono certezze. Una motovedetta ed un elicottero della Guardia costiera ha perlustrato il tratto di mare antistante Steccato di Cutro alla ricerca di eventuali superstiti. I soccorritori, tuttavia, ritengono improbabile che ci possano essere ancora delle persone vive in mare. La ricerca, quindi, è finalizzata più al recupero di cadaveri.
Una ventina le persone trasportate in ospedale. Alle operazioni hanno partecipato anche i Vigili del fuoco con gommoni e moto d’acqua. La procura della città calabrese ha aperto un’inchiesta: si procede per omicidio e disastro colposi e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Un cittadino turco è in stato di fermo e sono stati avviati accertamenti su un altro uomo i cui documenti sono stati ritrovati sul posto. In prefettura a Crotone è arrivato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “Mia presenza qui è doverosa, segnale della presenza dello Stato”. Le vittime provengono da Iraq, Iran, Afghanistan e Siria. Quando i soccorritori sono arrivati i resti del barcone erano sparsi sulla battigia per un centinaio di metri.
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Il barcone individuato già ieri – Il barcone in legno era partito quattro giorni fa da Izmir, in Turchia. L’imbarcazione era stata individuata per la prima volta nella serata di sabato da un aereo di Frontex in pattugliamento a circa 40 miglia dalle coste calabresi. Immediatamente è partita la segnalazione ai soccorritori e sono usciti in mare una motovedetta e un pattugliatore della Guardia di finanza. Le condizioni proibitive del mare non hanno consentito di raggiungere il barcone e i due mezzi sono dovuti rientrare per non mettere a repentaglio la sicurezza degli equipaggi. La Guardia Costiera è stata impegnata per molte ore lungo le coste del crotonese. La Guardia Costiera di Reggio, che ha coordinato le attività di ricerca e soccorso in mare, ha inviato in zona due motovedette SAR classe 300, provenienti da Crotone e Roccella Jonica, e un elicottero AW 139 dalla base aerea di Catania. Le condizioni meteo in zona erano particolarmente avverse. Le ricerche proseguiranno con tutti i mezzi possibili.
La Croce rossa: “Quando siamo arrivati alle 6.30 c’erano già 30 cadaveri” . – “Siamo arrivati intorno alle 6.30 del mattino e sulla spiaggia c’erano già una trentina di cadaveri, l’imbarcazione in frantumi e i sopravvissuti sotto choc – racconta all’Adnkronos di Ignazio Mangione, direttore del Cara di Isola Capo Rizzuto gestito dalla Croce Rossa – Una situazione drammatica, tra i cadaveri c’erano diverse donne e bambini. Abbiamo subito fornito una prima assistenza ai sopravvissuti – racconta Mangione – con coperte e beni di prima necessità”. Al momento “non abbiamo numeri certi di quante fossero le persone a bordo, dalle testimonianze raccolte, anche se in pochissimi parlano inglese, ci dicono tra i 150 e i 200”. Una traversata iniziata circa quattro giorni fa dalla Turchia. “Sulla costa ionica, soprattutto nel periodo estivo sono decine gli sbarchi ma mai c’è stato un epilogo così drammatico”, dice Mangione. È stata una telefonata giunta verso le 4 al reparto operativo aeronavale della Guardia di finanzia di Vibo Valentia a fare scattare l’allarme. Nella telefonata non sono state fornite notizie dell’incidente a causa di un inglese poco comprensibile di colui che ha chiamato. Gli operatori della centrale operativa, tuttavia, hanno intuito che potesse essere successo qualcosa ed hanno allertato le forze dell’ordine di Crotone.
Il parroco di Cutro e l’arcivescovo – “Ho visto la carne di Gesù Cristo sulla sabbia – dice all’AdnKronos don Pasquale Squillacioti, parroco di Steccato di Cutro – Gesù è presente anche in loro, al di là delle varie professioni di fede stamattina sono stato sul posto prima delle celebrazioni, una situazione disastrosa, un’apocalisse. I corpi erano coperti da lenzuola bianche, ho potuto vedere il corpo senza vita di un ragazzino che avrà avuto circa 10 anni. L’apocalisse. E non è la prima. “Le parole che si dicono adesso sono di più – conclude il parroco -, bisogna prendere atto di quello che è successo e in qualche modo, nel nostro piccolo, fare qualcosa, perché le parole in queste circostanze sono sempre fuori posto”.
“Questa ennesima terribile tragedia è un appello alla nostra coscienza, soprattutto a non abituarci a queste tragedie, perché purtroppo il reiterarsi di questi episodi rischia di farli diventare, terribilmente, un’abitudine di fronte alla quale non riusciamo a reagire con le nostre coscienze – dice monsignor Angelo Raffaele Panzetta, Arcivescovo di Crotone-Santa Severina che è arrivato sul luogo posto – Queste tragedie devono essere un ennesimo richiamo, un monito, affinché le sofferenze di chi si trova a dover lasciare la propria terra, a dover partire, siano prese sul serio da tutti coloro che hanno responsabilità da questo punto di vista, e che sia per tutti noi un appello anche alla partecipazione, per il compito che ognuno ha nella società”.