Manifestazioni dal Veneto e a Roma, con la principale a Trissino davanti alla sede della Miteni, l'azienda produttrice delle sostanze perfluoroalchiliche che hanno inquinato la falda tra Vicenza, Verona e Padova. Ambientalisti, associazioni locali e consiglieri regionali d'opposizione si sono dati appuntamento anche a Venezia, davanti alla Regione, per protestare contro la giunta che sulle bonifiche non si assume responsabilità
La manifestazione principale è avvenuta a Trissino (Vicenza), davanti allo stabilimento della Miteni, la società accusata di aver causato l’inquinamento della falda idrica nel sottosuolo di tre province del Veneto (Vicenza, Verona e Padova), attraverso la dispersione dei micidiali Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche utilizzate per decenni nella produzione industriale. Altri presìdi si sono tenuti davanti al municipio di Trissino, davanti alla sede della Regione Veneto a Venezia e davanti al ministero dell’Ambiente a Roma. Il popolo dei No-Pfas ha voluto in questo modo ribadire la richiesta di bonificare l’area, unico modo per fermare il progressivo espandersi dell’inquinamento. Allo stesso tempo, però, ha denunciato l’inerzia della Regione che non manterrebbe le promesse e non avrebbe attuato interventi a tutela della salute pubblica. Dall’amministrazione è venuta la replica: “La bonifica spetta ai proprietari dell’azienda”.
Ad animare la protesta sono stati attivisti di numerose associazioni, tra cui Legambiente, Greenpeace, Mamme No Pfas, Medicina Democratica, ISDE (associazione medici per l’ambiente), Acqua bene Comune Verona, Monastero del Bene Comune, Movimento Blu. Presenti anche rappresentanti politici, come il senatore Andrea Crisanti del Pd, nonché consiglieri regionali (tutti di minoranza) come Arturo Lorenzoni, Andrea Zanoni, Cristina Guarda, Elena Ostanel. Nel documento diffuso a sostegno della manifestazione è scritto: “Sono passati dieci anni dalla scoperta dell’inquinamento da Pfas e il sito Miteni, individuato quale principale fonte di uno dei maggiori inquinamenti che la storia ricordi, continua ad inquinare la nostra falda, i nostri pozzi, i nostri campi, i nostri cibi e il nostro sangue. È compito degli Enti pubblici far rispettare il cronoprogramma della messa in sicurezza del sito inquinante. Al momento si susseguono ritardi su ritardi. Le istituzioni devono collaborare fra loro e costringere chi ha inquinato alla bonifica immediata”. Inoltre: “Il nostro ambiente è ammalato e la metastasi chimica, attraverso le acque inquinate, è arrivata fino al mare. La nostra terra va curata, protetta, messa in sicurezza, per garantirne la guarigione”. I numeri indicano che l’inquinamento riguarda in modo massiccio 30 comuni della Zona Rossa, mentre le persone coinvolte sono almeno 350 mila e il territorio veneto interessato è di 700 chilometri quadrati.
In una nota, l’assessore regionale all’ambiente, Gianpaolo Bottacin, ha spiegato che i soggetti che operano nel sito si stanno occupando sia degli interventi di caratterizzazione e bonifica, sia della disattivazione degli impianti produttivi. I macchinari della Miteni sono stati infatti venduti dalla curatela fallimentare a una società indiana che li sta smontando per trasferirli in Asia. “La ditta ICI 3 in qualità di attuale proprietario del sito si è assunta l’onere di eseguire gli interventi come disposto dalla legge nazionale. La Regione non può che continuare ad assicurare il supporto tecnico al Comune di Trissino”, ha dichiarato l’assessore. La replica dei manifestanti non si è fatta attendere. “La risposta della Regione è un altro schiaffo ai cittadini che da più di 10 anni subiscono sulla propria pelle l’inquinamento da Pfas – ha detto la consigliera regionale Elena Ostanel (Veneto che Vogliamo). La bonifica non può attendere i tempi dell’attuale proprietario del sito, serve subito un progetto di bonifica pubblico”.
Una questione particolare è stata sollevata dai consiglieri regionali dem Andrea Zanoni e Anna Maria Bigon. “Durante lo smantellamento dell’ex Miteni sono state rinvenute lo scorso 20 gennaio due vasche interrate. Si ipotizza siano strutture realizzate nel 1974 per il deposito degli scarti di liquidi di lavorazione industriale, il cui contenuto è stato sottoposto alle analisi di Arpav. Chiediamo di sapere con urgenza quale sia la natura e la funzione delle vasche rinvenute e quali siano i risultati di questi campionamenti”. Commento finale dei due consiglieri: “E’ incredibile che con il livello tecnologico raggiunto, i controllori non siano stati in grado di rilevare ben prima l’esistenza di queste vasche. È una vicenda farsesca, come quella che ha visto per protagonista il presidente Luca Zaia, che aveva promesso nel 2017 l’effettuazione di 7.000 carotaggi nel sito Miteni per controllare l’inquinamento da Pfas. Dopo cinque anni si è scoperto che ne erano stati fatti appena 87”.