Un silenzio assoluto, più impressionante di qualsiasi rumore. Sono le 23 e, alla Casa dei popoli di Casalecchio di Reno, alle porte di Bologna, i sostenitori di Stefano Bonaccini attendono che il “pres”, come lo chiamano in terra emiliana, vada sul palco a commentare la vittoria alle primarie dell’avversaria, Elly Schlein. Sono passati circa venti minuti dal suo arrivo al circolo Arci Curiel e i supporter attendono seduti e immobili. L’incredulità si legge sui loro volti. Bonaccini, per la prima volta, ha perso – un’ipotesi per molti impossibile – e, con lui, una parte consistente dell’establishment emiliano-romagnolo. E non solo. Per la prima volta, il voto dei gazebo va in senso contrario a quello dei circoli che, in Emilia-Romagna, dettano ancora la linea.
E pensare che la serata era iniziata bene. Il luogo era ben augurante, lo stesso in cui Bonaccini aveva atteso il risultato delle Regionali 2020 che l’avevano incoronato, per il secondo mandato, presidente. Si respirava un’aria di grande fiducia. I dirigenti del Pd sono arrivati alla spicciolata, con il sorriso: Davide Di Noi, gli assessori regionali Raffaele Donini, Paolo Calvano, Andrea Corsini e l’assessore del Comune di Bologna, Luca Rizzo Nervo; i parlamentari Andrea Rossi e Alessandro Alfieri; la sindaca di San Lazzaro, Isabella Conti. I pronostici sono ottimisti e i sostenitori di Bonaccini non hanno grandi preoccupazioni sulla vittoria. Fino alle 20, ora di chiusura dei seggi, il clima è disteso. Gli instancabili volontari riservano ai partecipanti un’accoglienza degna della migliore tradizione delle Feste dell’Unità, offrendo frittelle di castagne appena sfornate, lasagne con il ragù, polenta con salsiccia e vino. Nel retro, in cucina, c’è Sergio, volontario di 92 anni. La prima festa dell’Unità l’ha fatta nel 1946. “Il Pd – ammonisce – deve stare di più tra la gente. Bonaccini lo fa: è venuto tante volte a trovarci. Bisogna contrastare la Meloni”. Carla sta cuocendo il ragù in un pentolone enorme. “Io nel Pd ci credo ancora – dice con convinzione –, se smettiamo di credere anche al partito siamo finiti”. Filippo, il volontario dietro il banco del bar, non ha preferenze sul candidato. “Però – spiega – sarebbe bello se vincesse finalmente una donna. Lavorano il triplo degli uomini e meglio”.
I primi dati sull’affluenza sono incoraggianti. La soglia psicologica del milione di votanti viene superata. I dirigenti tirano un sospiro di sollievo: comunque il Pd è riuscito a richiamare gli italiani alle urne. Chiusi i seggi, però, iniziano i problemi. Dopo neanche mezz’ora, cominciano a circolare i primi dati che danno Schlein in vantaggio nelle grandi città e l’ipotesi di un testa a testa. I sostenitori del candidato iniziano a capire che la vittoria di Bonaccini non è così sicura e serpeggia la tensione. Alle 21 arriva il sindaco di Firenze, Dario Nardella, e infrange definitivamente le speranze dei Bonaccini boys. “Sarà uno spoglio molto lungo” annuncia e, alla domanda dei cronisti: “Allora è un testa a testa?”, prima glissa poi, incalzato, ammette: “E’ una sfida aperta”.
E da quel momento tutto precipita. Sui visi dei bonacciniani, ora, si legge sconforto e smarrimento. Minuto dopo minuto, Schlein è sempre più avanti e i dirigenti hanno sempre meno voglia di parlare. Alle 22 e 30 il morale è precipitato, si sparge la voce che Bonaccini sta per arrivare e inizia l’attesa. Quando sale sul palco, intorno alle 23 e 20, tutti si alzano in piedi e scoppia un lungo applauso. Il presidente, in jeans, giacca, dolcevita e mocassini, si aggiusta gli occhiali a goccia e sorride, ma è dura. Si mette subito a disposizione della nuova segretaria, a cui fa i complimenti, e ammette: “E’ stata più capace di me di dare un senso di rinnovamento al Pd”. Ricorda, poi, che lui le ha teso da subito la mano: un messaggio inequivocabile per Schlein. Quando finisce e va via, la sala si svuota rapidamente. I sostenitori di Bonaccini sono frastornati. “Vado a casa, per stasera ne ho avuto abbastanza” è la frase che si sente più di frequente. Un gruppetto si rifugia nel bar del circolo “per bere qualcosa di alcolico che ci vuole”. I dirigenti dem sono spariti o non vogliono parlare. Ci mette la faccia l’assessore regionale Donini: “E’ un risultato che speravamo fosse di segno opposto, ma questo testa a testa impone una comune assunzione di responsabilità e quindi un’unità di intenti per tenere insieme una comunità politica che vuole rigenerarsi”.