Fuga dal carcere ma con le chiavi. È stata un’evasione studiata nei minimi dettagli quella di Marco Raduano, il boss della mafia garganica che è scappato dal carcere di Nuoro, dove stava scontando la sua condanna a 19 anni di reclusione. Il detenuto 39enne ha probabilmente tenuto d’occhio i turni di guardia, ha capito quali erano le falle del sistema – “dovute a gravi carenze di organico“, accusano i sindacati – e ha agito. Forse aiutato da qualcuno all’esterno, è riuscito ad allontanarsi alla svelta da Badu ‘e Carros in due ore di “buco” prima che la sorveglianza si accorgesse della sua assenza.

Tra i particolari emersi nella ricostruzione della fuga, il fatto che il boss sia riuscito a procurarsi la chiave per uscire dal reparto di Alta Sicurezza del penitenziario, arrivare al muro di cinta, calarsi di sotto con diverse lenzuola annodate e fuggire indisturbato. Sapeva dove erano custodite le chiavi del portone blindato e ha avuto il tempo di provarne una prima di trovare quella giusta.

Ora è caccia all’uomo in tutto il Nuorese, ma i controlli sono stati intensificati anche nei porti e negli aeroporti della Sardegna. E oggi è stato convocato dal prefetto di Nuoro, Giancarlo Dionisi, il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica con tutti i vertici delle forze di polizia, mentre sull’evasione sono state aperte due inchieste, una della procura di Nuoro, l’altra del ministero.

I sindacati di Polizia penitenziaria continuano a puntare il dito sulla carenza di agenti in carcere, mentre l’evasione è diventata un caso politico. “Una fuga di questo genere è preparata con grande attenzione. Non si fugge da soli, mi sembra evidente. Che possano averlo aiutato compagni di detenzione o altri si verificherà. Resta che è un episodio inquietante, soprattutto in quel tipo di carcere. Non può lasciare indifferenti, per la gravità dell’accaduto e per la pericolosità del soggetto evaso”, ha detto il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto in un’intervista rilasciata a TeleNorba.

“Prima o poi doveva succedere, il carcere è pieno di falle sulla sorveglianza. Nel reparto dell’Alta sicurezza dove ci sono circa 30 detenuti appartenenti alla criminalità organizzata pugliese, calabrese, campana e siciliana, c’è un solo agente di guardia e nella sala dove sono custodite le chiavi e le telecamere della regia non c’è nessuno, il posto è scoperto. Questa è la prima falla che si è rivelata decisiva per la fuga di Raduano”, accusa invece Giovanni Conteddu dell’Osapp Nuoro. “Non basta la videosorveglianza se non supportata da intelligenza artificiale e, soprattutto, se nessuno può badare ai monitor o deve controllarne decine mentre si occupa di innumerevoli altre incombenze”, incalza Gennarino De Fazio, segretario della Uilpa Polizia Penitenziaria aggiungendo che a quanto gli risulta, al momento dell’evasione di Marco Raduano la sala operativa del carcere non era presidiata. “Siamo amareggiati per le critiche pesanti, anche sui social, nei confronti dei lavoratori del carcere. Ci viene difficile pensare che possa esserci un poliziotto complice, piuttosto quanto accaduto dà l’idea di un errore umano dovuto allo stress lavorativo nel braccio dell’alta sicurezza sotto organico e con agenti che adempiono a più compiti contemporaneamente. Per questo confermiamo le nostre accuse verso il ministero ed il Dap che non hanno mai dato concretezza alle proposte del sindacato sul potenziamento dell’organico e dei mezzi a garantire la sicurezza interna ed esterna al carcere”, dice il segretario della Fsn Cisl Sardegna Giovanni Villa.

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