L'uscita del ministro dell'Interno all'indomani della strage di Crotone viene accolta da una selva di polemiche di tutte le opposizioni (Calenda compreso) e delle ong: "Perché non prova ad andare in Afghanistan a vivere sotto i talebani?"
“La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli“. All’indomani della strage nel mare di Crotone il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sceglie queste parole per mettere a fuoco la tragedia: 63 morti accertati, altre decine di persone ancora indicate con l’eufemismo di “dispersi”. Un’uscita, quella del capo del Viminale, che ha suscitato la reazione di opposizioni e ong che lo accusano di fare la morale alle vittime e che, anzi, deve riferire alle Camere sui soccorsi. Il ministro, in serata, si è anche risentito per le polemiche sostenendo in sintesi di essere stato strumentalizzato. Sullo sfondo i primi dati delle vittime: nella tragedia di Crotone, tra coloro hanno perso la vita, arrivavano dall’Afghanistan – la cui situazione dei diritti umani è nota – tre bambini di 13, 9 e 5 anni (si sono salvati il padre di 43 e un quarto figlio di 14). Un bambino afgano di 12 anni, invece, si è salvato ma ha perso nel naufragio tutta la famiglia (9 persone, tra le quali 4 fratelli e i genitori).
Dietro a quella frase del ministro fa capolino la linea del governo: per evitare tragedie bisogna fermare le partenze lavorando con i Paesi di provenienza e chi entra in Italia lo deve fare attraverso i canali legali, non su barconi insicuri. Non sono concetti originali e manca sempre di capire il “come”, visto che se ne parla da una decina d’anni. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha scritto una lettera alle istituzioni europee perché “serve un’Europa che, oltre a dichiarare la sua disponibilità, agisca e in fretta” e per tutta risposta l’Ue fa sapere che non c’è al momento alcuna proposta di una missione navale europea. E lo stesso Piantedosi a Parigi è stato ricevuto dal collega francese Gerald Darmanin: entro marzo – è l’annuncio – ci saranno missioni congiunte Italia-Francia in Libia e Tunisia. Nelle settimane scorse, si sottolinea dal ministero, esponenti del governo hanno visitato Turchia, Libia e Tunisia, proprio per stringere accordi con le autorità locali in funzione di aiuti economici in cambio di un controllo più efficace delle coste.
E però tutti questi movimenti – che al momento sono poco più di annunci – sono comunque oscurati dalle parole del prefetto titolare del Viminale. “C’è da inorridire alle parole di Piantedosi che non sa dire altro, di fronte a una tragedia come quella di Crotone, che bisogna bloccare gli sbarchi”, attacca il segretario di Più Europa, Riccardo Magi. Per il leader di Azione, Carlo Calenda, si tratta di “parole indegne dette con una prosopopea insopportabile“. Nelle parole di Piantedosi “tutta la linea del governo Meloni – twitta la capogruppo Pd al Senato Simona Malpezzi – che arriva persino a valutare il livello di disperazione delle persone. Io sono senza parole” scrive su Twitter la presidente dei senatori del Pd Simona Malpezzi. Secondo il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, “si travalica il confine della decenza”, mentre Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde definisce “scandalose” le dichiarazioni di Piantedosi: “Un misto di cinismo e assenza di rispetto. Provo vergogna io per lui che le ha pronunciate”. “Parole inaccettabili” per il capogruppo M5s alla Camera Francesco Silvestri: queste persone, dice, “rischiano traversate estremamente pericolose perché si aggrappano alla speranza di sfuggire da situazioni gravissime. Tutto questo vuol dire non avere minima contezza del fenomeno migratorio”.
Marco Bertotto, direttore dei programmi di Msf Italia, attacca: “Le dichiarazioni della premier Meloni e del ministro Piantedosi sono poco più di un triste scaricabarile, un ennesimo schiaffo sul volto delle vittime e dei sopravvissuti di questa tragedia”. Durissimo Luca Casarini, capomissione di Mediterranea Saving Humans: “Piantedosi non ha rispetto nemmeno per i morti, è persona inqualificabile e queste dichiarazioni gettano discredito sul nostro Paese. Con il mare che continua a restituire cadaveri di bambini, il ministro che ha un bell’ufficio a Roma, una bella casa, auto blu a disposizione per andare dove vuole, si permette di giudicare madri disperate costrette in Afghanistan e poi stuprate dalle guardie dei campi di concentramento in Libia o Turchia. Perché Piantedosi non prova ad andare in Afghanistan a vivere sotto i talebani? Prima di parlare, perché non fa l’esperienza di passare qualche tempo dentro un lager libico? Ma la vergogna rispetto a una strage che era evitabile non lo sfiora nemmeno?”.
Per il ministro Piantedosi, tuttavia, “vergognoso” è il “livello così alto di strumentalizzazione di tragedie così grandi per mettere in discussione quelli che sono poi dei principi di cui si potrebbe discutere liberamente”. In sostanza ha difeso le sue dichiarazioni sebbene precisi che tragedie come queste impongono “un grande rispetto nei confronti delle vittime, una postura e scelte verbali adeguate da parte di chiunque, da parte soprattutto di chi ha incarichi di governo a partire dal sottoscritto”. Parlando ai cronisti riuniti all’ambasciata d’Italia il ministro ha criticato il fatto che venga “messa in discussione la posizione del governo e mia, in particolare, sul dire che le partenze andrebbero fermate quasi come se invece altri volessero imporre la rassegnazione di arrivi incontrollati”. “Ecco, se questo viene messo in connessione alla disperazione delle partenze, voglio segnalare che questo è un governo che sin dal suo insediamento ha fatto cose concrete nella considerazione della reale disperazione delle persone”, ha proseguito Piantedosi, evocando la realizzazione di “corridoi umanitari già per 617 persone: un numero che se preso in proporzione rispetto ai mesi in cui siamo in carica non ha eguali e precedenti almeno nei passati dieci anni”. “Se andate indietro – dice – non c’è nessun paese europeo che ha fatto cose del genere”. Piantedosi ha quindi evocato il rinnovo di accordi “sui corridoi umanitari con istituzioni come Sant’Egidio, le chiese evangeliche per rinnovarli, rilanciarli e ampliarli. Abbiamo fatto in due mesi un decreto flussi con 83mila quote concesse sui flussi regolari. Quindi abbiamo dato dimostrazione concreta di volerci, noi sì, veramente, concretamente e realmente, non su parole vuote, attestarci su quella che è la considerazione della disperazione e del bisogno delle persone”. “Se lanciamo un appello mondiale, e lo ribadisco, nel dire ‘fermatevi vi veniamo a prendere noi’ è perché riteniamo che la commistione delle partenze tra chi è realmente disperato e chi non lo è e che arriva per altri motivi fa si che accadano queste tragedie”, ha proseguito Piantedosi a Parigi, ritenendo alcune critiche “puerili e molto limitate“.