Il governo Meloni dovrà correre ai ripari per rimediare al nuovo pasticcio – dopo quello sull’offerta congrua – individuato dal Pd nelle norme che dal 2024 abrogano il reddito di cittadinanza. Per disporre dal prossimo anno lo stop al sussidio anti povertà, in legge di Bilancio è stata prevista la cancellazione dei primi 13 articoli del decreto legge 4 del 2019, quello che ha creato il reddito. Ma, come hanno rilevato i dem in un’interpellanza al ministro della Giustizia Carlo Nordio di cui ha dato notizia Repubblica, in questo modo si elimina pure il reato di indebita appropriazione del reddito e le relative pene (carcere da due a sei anni per chi presenta documenti falsi, da uno a tre per chi non comunica l’eventuale successivo aumento dei suoi introiti o del patrimonio), regolate dall’articolo 7. Il risultato è imbarazzante per la maggioranza: i partiti che più di tutti attaccavano i “furbi” del sussidio hanno abolito quel crimine.
Da gennaio gli avvocati di un condannato per truffa sul rdc “chiederanno al giudice di revocare la sentenza di condanna”, come spiegato al quotidiano romano da Gian Luigi Gatta, ordinario di Diritto penale all’Università di Milano. E per i processi in corso “il giudice deciderà se chiudere il processo per intervenuta abolizione del reato o invocare, se possibile, altre norme del Codice penale come quelle sul falso e la truffa. Certo, l’abrogazione del decreto sul Reddito e del suo articolo 7 ampliano a dismisura i margini di manovra degli imputati, dei condannati e dei loro avvocati”.
Nessuno dal governo ha commentato ufficialmente il colpo di spugna. Secondo Repubblica da Chigi, ministero del Lavoro, Mef e Giustizia è emersa comunque l’intenzione di intervenire, forse con un decreto legge, senza aspettare la legge che dovrà riformare il sussidio per gli indigenti. Per Gatta “il governo dovrà trovare una soluzione compatibile con il principio costituzionale della retroattività della legge penale più favorevole per evitare il rischio, in una certa misura inevitabile, di moltiplicare i contenziosi, con richieste di revoca di sentenze di condanna che rallenterebbero il processo penale”.