Militanti di estrema destra pestano due studenti all’ingresso di scuola. La preside scrive per stigmatizzare il gesto e ricordare che il fascismo è nato con i pestaggi in strada degli antifascisti. Il ministro dell’Istruzione interviene: “Ridicola”. Si vede che il Giorgia Meloni gli aveva detto “ministro, forse è il caso che diciamo due parole di condanna pure noi”. La ragione per la quale il ministro dell’Istruzione non ha condannato il pestaggio a opera di sei militanti neofascisti all’ingresso di una scuola, né ha telefonato alla preside dell’istituto per esprimere la vicinanza delle istituzioni, è perché le istituzioni sono vicine ai militanti neofascisti.
Non è un’insinuazione, ma è un fatto. I sei arrestati fanno parte di Azione Studentesca, il movimento studenti legato ad Azione Giovani, giovanile del partito di Giorgia Meloni. A Firenze condividono la stessa sede Fratelli d’Italia, Azione Studentesca e il circolo ricreativo culturale Casaggì, al quale del resto appartengono quasi tutti gli eletti di Fratelli d’Italia a Firenze. Per capire che cos’è Casaggì basta chiedere a Casaggì, che si presenta agli avventori esibendo i propri riferimenti culturali con le foto in divisa da nazista dei numi tutelari affisse ai muri ricreativi.
A quali figure si ispirano gli eletti del partito di Giorgia Meloni? Il busto di Mussolini (il “Buon politico che tutto quello che ha fatto lo ha fatto per gli italiani”, come lo descrisse Giorgia Meloni) esibito dal presidente del Senato è un riferimento, ma basta provincialismi: il primo ritratto appeso sulle pareti di Casaggì è quello del collaborazionista nazista Robert Brasillach, che nella Francia occupata dai tedeschi scavalcava a destra il regime di Vichy accusandolo di non essere sufficientemente vicino a Hitler. Per colmare la lacuna pubblicava egli stesso sulla sua rivista liste di proscrizione di ebrei con tanto di nome e indirizzo di residenza per assicurarsi che i nazisti centrassero il bersaglio.
Segue il ritratto del sanguinario Alessandro Pavolini, squadrista della prima ora e fascista fino all’ultima. Marciò su Roma, fu gerarca, ministro “della cultura popolare” (occhio alla definizione tornata attuale) e segretario del Partito Fascista Repubblicano. Dopo l’arresto di Mussolini fuggì in Germania e lì si mise all’opera per ricostituire il regime. Fondò le Brigate nere, la milizia volontaria della Repubblica Sociale Italiana che a Firenze fece strage di civili e partigiani. Frequentò il liceo Michelangiolo, lo stesso di fronte al quale i suoi adepti, un secolo dopo, pestano gli studenti, nella consueta formazione fascista del tanti contro pochi.
Le icone dei numi tutelari campeggiano sul muro di Casaggì sotto una di quelle testoroniche tautologie prive di senso e buone per i discorsi di Mussolini o per i testi del neo consigliere meloniano “per la cultura popolare” (rieccola), Giulio Repetti in arte Mogol, quelle tipo “Non sono le Alpi a fare gli Alpini, ma gli Alpini a fare le Alpi!”, come proclamava Mussolini. Con le loro discese ardite e le risalite. La scritta sul muro a grandi caratteri, rigorosamente nel font littorio del ventennio, recita “Vivere l’idea, essere l’idea” ed è tratta dal giuramento del battaglione italiano delle Waffen SS (non osate scandire lo slogan sulle note del ritornello del mio canto liber…. Mi dissocio!).
Sotto al giuramento di fedeltà al nazismo non può mancare il ritratto dell’alto ufficiale belga delle SS, Leon Degrelle fondamentalista cattolico folgorato sulla via della fede da Adolf Hitler. Condannato in contumacia e protetto per anni in Spagna dal generale Franco ha dato alle stampe titoli come “Hitler per mille anni” e “Il secolo di Hitler” vivendo nell’agio fino alla morte, a 87 anni, quale direttore di un’impresa di lavori pubblici impegnata nella costruzione di basi aeree americane in Spagna.
Tra i numi tutelari di Casaggì compaiono infine Evita Perón (immagino le adunate per l’allestimento della sala: “Tocca che ci mettiamo almeno una donna” “Galadriel”? “Più famosa”; “Gli altri sono tutti maschi”) e capo-nativo-americano a caso: qui è Toro Seduto, a Casapound è Geronimo, e pazienza se i seggi per i militanti di Casaggì arrivano grazie alla più fedele servitrice degli eredi del generale Custer, pronta ad aumentare la spesa militare tagliando quella sociale per inviare le armi della Nato a un paese che non ne fa parte elogiata per il gesto dal segretario del principale partito d’opposizione che ha fatto lo stesso (Elly Schlein in parlamento ha votato a favore dell’invio di armi).
Non mi stupisce che il ministro dell’Istruzione e del culo (come sarebbe più corretto definire il privilegio che Valditara chiama “merito”) si schieri in difesa dei picchiatori e probabili futuri candidati del suo partito invece che in difesa degli studenti aggrediti. Non mi stupisce che, invece di condannare i discepoli del fascismo, condanni la preside Annalisa Savino la quale ricorda agli studenti che il fascismo è nato precisamente così: non con le adunate e nemmeno con la marcia su Roma, ma con i pestaggi squadristi e le vittime abbandonate sul selciato dagli spaventati indifferenti.
A partire dal 1919, le camicie nere ricorsero alla violenza fisica per intimidire e reprimere gli avversari politici. Mi preme sottolineare come questi avversari, oltre che comunisti e giornalisti, fossero principalmente sindacalisti. Perché allora come oggi l’avversario della destra non sono i partiti che dovrebbero rappresentare l’opposizione e invece elogiano Giorgia Meloni, ma i lavoratori e le lavoratrici che nessun partito in parlamento rappresenta e che lottano per un salario decente nel solo paese Ocse dove per trent’anni i salari, invece di aumentare, sono diminuiti; dove un lavoratore su quattro guadagna meno di 780 euro al mese e oltre uno su dieci percepisce uno stipendio al di sotto della soglia di povertà.
Come 100 anni fa le camice nere finanziate dalla grande industria ed elogiate dal Corriere della Sera, la destra di Meloni e Valditara sostenuta dagli industriali e dal Corriere della Sera ha scelto come primo bersaglio i lavoratori e le lavoratrici privandoli del sostegno al reddito che consente loro di sottrarsi allo sfruttamento legalizzato di paghe da 4 euro all’ora. Non restava molto altro da fare per colpire i lavoratori dopo che Monti ha aumentato l’età pensionabile, Renzi tolto le tutele con il Jobs Act e i governi successivi lasciato in vigore queste due riforme. I soldi sottratti al reddito andranno a finanziare la corsa agli armamenti per alimentare una guerra – delle molte in corso nel mondo tra un aggressore e un aggredito – dove a combattere e morire non saremo noi. La storia si ripete in forma di tragedia che non ci riguarda.