“Zecca tedesca“, “complice degli scafisti e trafficanti” e “sbruffoncella“. Sono alcuni degli appellativi che, nell’estate del 2019, Matteo Salvini aveva rivolto a Carola Rakete. La comandante della Sea Watch 3 aveva denunciato l’allora ministro dell’Interno per diffamazione. Oggi, però, la Giunta per le Elezioni e le Immunità del Senato ha negato l’autorizzazione a procedere nei confronti del leader della Lega. A favore di Salvini hanno votato in dieci: i senatori del Carroccio, di Fdi e di Forza Italia, con tre voti contrari (due del Pd e 1 del M5s) e due astenuti, il renziano Ivan Scalfarotto e Ilaria Cucchi dell’alleanza Verdi-Sinistra. I senatori, guidati dal presidente Dario Franceschini, oggi assente, erano chiamati a decidere se le frasi postate sui social dall’allora ministro dell’Interno, rivolte a Carola Rackete, comandante della Sea Watch 3, la nave della Ong tedesca impegnata nel Mediterraneo nel soccorso dei migranti attengono o no alla sfera dell’insindacabilità di cui gode in qualità di senatore. Con l’accusa di diffamazione Salvini è imputato a Milano ma il processo è stato interrotto lo scorso giugno, in attesa dell’accoglimento della questione preliminare avanzata dal legale del leader della Lega, Claudia Eccher, nel frattempo divenuta membro laico del Csm.
“E’ una vergogna. Non è accettabile che si usi questo strumento della insindacabilità per proteggere e impedire che vada a giudizio un ministro che si è permesso per un mese e mezzo consecutivo da qualunque canale, tv o social di insultare una persona. E’ una cosa inaccettabile”, protesta il senatore del Pd, Alfredo Bazoli, tra i voti a favore dell’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvin. “E’ una decisione vergognosa, che crea un precedente molto pericoloso perché così si autorizza chiunque a dire qualunque cosa in un’aula parlamentare essendo autorizzato a farlo, e si fa un pessimo servizio alle nostre prerogative che vanno salvaguardate sì ma non in questo modo. Ci si scherma dietro ragioni giuridiche che sono totalmente infondate, secondo noi”, continua il parlamentare dem. A votare a favore dell’autorizzazione a procedere anche Ketty Damante del Movimento 5 stelle: “Per noi – spiega – Salvini dovrebbe difendersi nel processo, e non dal processo esattamente come ogni altro cittadino. Nel merito, le sue parole contro Carola Rackete non rappresentavano opinioni politiche ma veri e propri insulti, di fronte ai quali oggi il leader leghista si scherma con l’immunità parlamentare anziché renderne conto davanti a un giudice. In aula confermeremo il nostro voto di oggi”.
Adriano Paroli di Forza Italia, invece, spiega di aver votato a favore di Salvini perché “l’articolo 68 prevede che si individui il fatto per cui un senatore abbia espresso le sue opinioni nell’esercizio del suo mandato. Ciò non induce la Giunta a intervenire con un’analisi della veridicità o gravità delle affermazioni, non ci compete. Per me era evidente che quello che ha detto il ministro era nell’esercizio del suo mandato”.