“Papa Francesco non si dimetterà finché Benedetto XVI sarà vivo”. Questa convinzione ha alimentato i dibattiti nei sacri palazzi per quasi dieci anni, ovvero dall’elezione di Bergoglio alla morte di Ratzinger. Dopo la scomparsa del Papa emerito, il 31 dicembre 2022, il tema delle dimissioni di Francesco è tornato con forza nelle riflessioni curiali. Un argomento, a dire la verità, che era stato riproposto proprio da Bergoglio pochi giorni prima della morte del suo predecessore. Il Papa, infatti, aveva rivelato di aver firmato la sua rinuncia in caso di impedimento medico e di averla consegnata all’allora cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, pochi mesi dopo la sua elezione. Francesco, inoltre, aveva ricordato che anche Pio XII e san Paolo VI avevano firmato le proprie dimissioni in caso di impedimento.
“È vero – ha spiegato Bergoglio ai gesuiti nel suo recente viaggio in Africa – che io ho scritto le mie dimissioni due mesi dopo l’elezione e ho consegnato questa lettera al cardinale Bertone. Non so dove si trovi questa lettera. L’ho fatto nel caso che io abbia qualche problema di salute che mi impedisca di esercitare il mio ministero e di non essere pienamente cosciente per poter rinunciare. Questo però non vuol affatto dire che i papi dimissionari debbano diventare, diciamo così, una ‘moda’, una cosa normale. Benedetto ha avuto il coraggio di farlo perché non se la sentiva di andare avanti a causa della sua salute. Io per il momento non ho in agenda questo. Io credo che il ministero del Papa sia ad vitam. Non vedo la ragione per cui non debba essere così. Pensate che il ministero dei grandi patriarchi è sempre a vita. E la tradizione storica è importante. Se invece stiamo a sentire il ‘chiacchiericcio’, beh, allora bisognerebbe cambiare Papa ogni sei mesi!”.
Nel colloquio con i suoi confratelli pubblicato su La Civiltà Cattolica, Francesco ha risposto anche a chi gli chiedeva se stia pensando alle dimissioni: “No, non mi è passato per la mente. Ho però scritto una lettera e l’ho data al cardinale Bertone. Contiene le mie dimissioni nel caso non fossi nelle condizioni di salute e di consapevolezza per poter rinunciare. Anche Pio XII ha scritto una lettera di rinuncia nel caso che Hitler lo avesse portato in Germania. Così lui disse che avrebbero catturato Eugenio Pacelli e non il Papa”.
Dopo la morte di Benedetto XVI, all’interno del Collegio cardinalizio si è largamente diffusa la convinzione che il Papa emerito debba rimanere un’eccezione che nessuno si augura di rivedere in tempi brevi. Una posizione che è emersa con forza soprattutto tra i porporati più vicini a Ratzinger, oltre che tra i suoi collaboratori più stretti che tuttora non hanno accettato il suo storico passo indietro.
È molto significativo quanto ha scritto il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede oggi Dicastero e curatore dell’Opera omnia di Benedetto XVI. “La notizia delle dimissioni – afferma il porporato nel libro intervista In buona fede (Solferino) scritto con la vaticanista de Il Messaggero, Franca Giansoldati – sorprese anche me. Non me lo sarei mai aspettato e nemmeno ne avevo sentore. Fu il cardinale svizzero Kurt Koch, incontrato quel giorno per caso, a dirmi che il Papa avrebbe lasciato di lì a poco. In quel momento arrivavo da un lungo viaggio di lavoro negli Stati Uniti. Avevo sulle spalle quindici ore di volo, ero appena atterrato e avevo saltato la riunione del concistoro per la creazione dei nuovi santi. All’annuncio rimasi di stucco, non ci volevo credere. Non ci potevo credere. Il Papa si era confidato con pochissime persone e non con me e, a essere onesti, ci rimasi persino male”.
Müller ricorda che “era ovvio che formalmente poteva rinunciare, ma era altrettanto chiaro che il vero nodo da sciogliere riguardava (e ancora oggi riguarda) il dopo. Alla rinuncia un vescovo resta sempre nel Collegio, tuttavia il Papa non può essere considerato un vescovo qualsiasi: essendo vescovo di Roma e successore di Pietro – principio visibile e permanente dell’unità della Chiesa – la sua figura pone quesiti in gran parte irrisolti, con conseguenze pesanti e prospettive da chiarire. Oggi che abbiamo un Papa emerito e uno regnante in Vaticano la situazione percepita all’esterno, dalla gente comune, è che vi siano due papi, ognuno avente una sua propria sfera di influenza. Ma non può essere così, proprio per il carattere del ministerium petrino. Il principio dell’unità può realizzarsi solo in una sola persona. Eppure, nonostante i distinguo terminologici introdotti in questi anni, non si è riusciti a incidere sulla realtà percepita”.
“Possiamo analizzare – prosegue il cardinale – quello che si è venuto a creare. Benché la rinuncia sia stata formulata in modo corretto dal punto di vista canonico sono emersi col tempo i dilemmi identitari che la presenza del Papa emerito ha introdotto. Difficile ignorare le tante persone che nel mondo si identificano più con Benedetto XVI, con la sua teologia e il suo papato – anche se si è dimesso e non governa più – che con Francesco, un Pontefice che senza dubbio è assai differente per stile e personalità. Ed è proprio questo dualismo non codificato ad aver alimentato il disorientamento. Le dimissioni hanno introdotto un’incrinatura del principio petrino dell’unità della fede e della comunione della Chiesa che non ha eguali nella storia e non è ancora stata elaborata dogmaticamente. Le norme del diritto canonico non sono sufficienti. La coesistenza concreta è difficilmente gestibile per diverse ragioni. La questione andrà senza dubbio affrontata prima o poi perché il vulnus aperto potrebbe generare in futuro conseguenze imprevedibili”.
“Chiediamoci – aggiunge ancora il porporato – cosa potrebbe capitare se vi fossero più papi emeriti, visto che andiamo incontro a un’epoca in cui la longevità media si allunga sempre di più. Il Codice di diritto canonico contempla la possibilità di rinunciare liberamente, senza alcun tipo di costrizione. La rinuncia significa quindi andare in pensione? In questo caso il rischio per la Chiesa non è di trasformare la figura del Papa, equipararlo, se non ridurlo, a un funzionario statale? San Pietro non avrebbe mai immaginato, neppure lontanamente, di andare in pensione. Pietro e Paolo sono morti martirizzati. Il Codice, dunque, parla di rinuncia soltanto se vi sono situazioni estreme.
Possiamo ipotizzare malattie gravi o degenerative. Sappiamo che Pio XII aveva previsto le sue dimissioni e aveva già firmato una lettera se fosse stato catturato da Hitler durante la guerra. Ma il papato, di per sé, è testimonianza fino alla sofferenza personale, sull’esempio di Cristo che ha patito sulla croce contemplando la grazia divina. La figura del successore degli apostoli è associabile anche a un anziano fragile, magari su una sedia a rotelle, su una pedana mobile, come Giovanni Paolo II. Il Papa – conclude Müller – non può essere racchiuso solo nel cliché del Pontefice superman: splendente, vigoroso e perennemente in movimento. Come tutti gli uomini, con la vecchiaia, va incontro a incognite fisiche, a patologie a volte invalidanti. Anche per il Pontefice deve essere un esempio esteriore da offrire al mondo”.
Le parole del porporato richiamano alla memoria quelle pronunciate dal cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia e precedentemente per 40 anni segretario particolare di Wojtyla, al momento delle dimissioni di Benedetto XVI: “Dalla croce non si scende”. È indubbio, infatti, come giustamente ha sottolineato Müller, che la sofferenza possa appartenere alla storia di un pontificato. Lo si è visto chiaramente con san Giovanni Paolo II che, nell’ultima parte del suo regno durato 27 anni, ha continuato a insegnare, ma questa volta dalla cattedra della sofferenza. Si è detto perfino che il Papa polacco ha scritto una vera e propria enciclica con la sua sofferenza: dall’attentato per mano di Ali Agca il 13 maggio 1981 in piazza San Pietro fino al Parkinson che ha segnato gli ultimi anni del suo pontificato.
La Chiesa cattolica non è ancora pronta per un papato a tempo e quindi per i papi emeriti. Lo si è visto chiaramente con lo scontro avvenuto tra bergogliani e ratzingeriani dopo la morte di Benedetto XVI. Le contraddizioni irrisolte scaturite dalla rinuncia di Ratzinger e da quasi dieci anni di convivenza con il suo successore sono tutte deflagrate improvvisamente e con estrema veemenza nel momento della scomparsa del primo Papa emerito del terzo millennio. Una morte che, come ha sottolineato Francesco, “è stata strumentalizzata da gente che vuole portare acqua al proprio mulino. E la gente che, in un modo o in un altro, strumentalizza una persona così brava, così di Dio, quasi direi un santo padre della Chiesa. Quella gente non ha etica ed è gente di partito, non di Chiesa”. Il segno eloquente che il dibattito sulla figura del Papa emerito è ancora aperto.
Francesco Antonio Grana
Vaticanista
Società - 28 Febbraio 2023
Con la morte di Ratzinger, torna in auge il tema dimissioni papali. Da Müller parole significative
“Papa Francesco non si dimetterà finché Benedetto XVI sarà vivo”. Questa convinzione ha alimentato i dibattiti nei sacri palazzi per quasi dieci anni, ovvero dall’elezione di Bergoglio alla morte di Ratzinger. Dopo la scomparsa del Papa emerito, il 31 dicembre 2022, il tema delle dimissioni di Francesco è tornato con forza nelle riflessioni curiali. Un argomento, a dire la verità, che era stato riproposto proprio da Bergoglio pochi giorni prima della morte del suo predecessore. Il Papa, infatti, aveva rivelato di aver firmato la sua rinuncia in caso di impedimento medico e di averla consegnata all’allora cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, pochi mesi dopo la sua elezione. Francesco, inoltre, aveva ricordato che anche Pio XII e san Paolo VI avevano firmato le proprie dimissioni in caso di impedimento.
“È vero – ha spiegato Bergoglio ai gesuiti nel suo recente viaggio in Africa – che io ho scritto le mie dimissioni due mesi dopo l’elezione e ho consegnato questa lettera al cardinale Bertone. Non so dove si trovi questa lettera. L’ho fatto nel caso che io abbia qualche problema di salute che mi impedisca di esercitare il mio ministero e di non essere pienamente cosciente per poter rinunciare. Questo però non vuol affatto dire che i papi dimissionari debbano diventare, diciamo così, una ‘moda’, una cosa normale. Benedetto ha avuto il coraggio di farlo perché non se la sentiva di andare avanti a causa della sua salute. Io per il momento non ho in agenda questo. Io credo che il ministero del Papa sia ad vitam. Non vedo la ragione per cui non debba essere così. Pensate che il ministero dei grandi patriarchi è sempre a vita. E la tradizione storica è importante. Se invece stiamo a sentire il ‘chiacchiericcio’, beh, allora bisognerebbe cambiare Papa ogni sei mesi!”.
Nel colloquio con i suoi confratelli pubblicato su La Civiltà Cattolica, Francesco ha risposto anche a chi gli chiedeva se stia pensando alle dimissioni: “No, non mi è passato per la mente. Ho però scritto una lettera e l’ho data al cardinale Bertone. Contiene le mie dimissioni nel caso non fossi nelle condizioni di salute e di consapevolezza per poter rinunciare. Anche Pio XII ha scritto una lettera di rinuncia nel caso che Hitler lo avesse portato in Germania. Così lui disse che avrebbero catturato Eugenio Pacelli e non il Papa”.
Dopo la morte di Benedetto XVI, all’interno del Collegio cardinalizio si è largamente diffusa la convinzione che il Papa emerito debba rimanere un’eccezione che nessuno si augura di rivedere in tempi brevi. Una posizione che è emersa con forza soprattutto tra i porporati più vicini a Ratzinger, oltre che tra i suoi collaboratori più stretti che tuttora non hanno accettato il suo storico passo indietro.
Müller ricorda che “era ovvio che formalmente poteva rinunciare, ma era altrettanto chiaro che il vero nodo da sciogliere riguardava (e ancora oggi riguarda) il dopo. Alla rinuncia un vescovo resta sempre nel Collegio, tuttavia il Papa non può essere considerato un vescovo qualsiasi: essendo vescovo di Roma e successore di Pietro – principio visibile e permanente dell’unità della Chiesa – la sua figura pone quesiti in gran parte irrisolti, con conseguenze pesanti e prospettive da chiarire. Oggi che abbiamo un Papa emerito e uno regnante in Vaticano la situazione percepita all’esterno, dalla gente comune, è che vi siano due papi, ognuno avente una sua propria sfera di influenza. Ma non può essere così, proprio per il carattere del ministerium petrino. Il principio dell’unità può realizzarsi solo in una sola persona. Eppure, nonostante i distinguo terminologici introdotti in questi anni, non si è riusciti a incidere sulla realtà percepita”.
“Possiamo analizzare – prosegue il cardinale – quello che si è venuto a creare. Benché la rinuncia sia stata formulata in modo corretto dal punto di vista canonico sono emersi col tempo i dilemmi identitari che la presenza del Papa emerito ha introdotto. Difficile ignorare le tante persone che nel mondo si identificano più con Benedetto XVI, con la sua teologia e il suo papato – anche se si è dimesso e non governa più – che con Francesco, un Pontefice che senza dubbio è assai differente per stile e personalità. Ed è proprio questo dualismo non codificato ad aver alimentato il disorientamento. Le dimissioni hanno introdotto un’incrinatura del principio petrino dell’unità della fede e della comunione della Chiesa che non ha eguali nella storia e non è ancora stata elaborata dogmaticamente. Le norme del diritto canonico non sono sufficienti. La coesistenza concreta è difficilmente gestibile per diverse ragioni. La questione andrà senza dubbio affrontata prima o poi perché il vulnus aperto potrebbe generare in futuro conseguenze imprevedibili”.
“Chiediamoci – aggiunge ancora il porporato – cosa potrebbe capitare se vi fossero più papi emeriti, visto che andiamo incontro a un’epoca in cui la longevità media si allunga sempre di più. Il Codice di diritto canonico contempla la possibilità di rinunciare liberamente, senza alcun tipo di costrizione. La rinuncia significa quindi andare in pensione? In questo caso il rischio per la Chiesa non è di trasformare la figura del Papa, equipararlo, se non ridurlo, a un funzionario statale? San Pietro non avrebbe mai immaginato, neppure lontanamente, di andare in pensione. Pietro e Paolo sono morti martirizzati. Il Codice, dunque, parla di rinuncia soltanto se vi sono situazioni estreme.
Possiamo ipotizzare malattie gravi o degenerative. Sappiamo che Pio XII aveva previsto le sue dimissioni e aveva già firmato una lettera se fosse stato catturato da Hitler durante la guerra. Ma il papato, di per sé, è testimonianza fino alla sofferenza personale, sull’esempio di Cristo che ha patito sulla croce contemplando la grazia divina. La figura del successore degli apostoli è associabile anche a un anziano fragile, magari su una sedia a rotelle, su una pedana mobile, come Giovanni Paolo II. Il Papa – conclude Müller – non può essere racchiuso solo nel cliché del Pontefice superman: splendente, vigoroso e perennemente in movimento. Come tutti gli uomini, con la vecchiaia, va incontro a incognite fisiche, a patologie a volte invalidanti. Anche per il Pontefice deve essere un esempio esteriore da offrire al mondo”.
Le parole del porporato richiamano alla memoria quelle pronunciate dal cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia e precedentemente per 40 anni segretario particolare di Wojtyla, al momento delle dimissioni di Benedetto XVI: “Dalla croce non si scende”. È indubbio, infatti, come giustamente ha sottolineato Müller, che la sofferenza possa appartenere alla storia di un pontificato. Lo si è visto chiaramente con san Giovanni Paolo II che, nell’ultima parte del suo regno durato 27 anni, ha continuato a insegnare, ma questa volta dalla cattedra della sofferenza. Si è detto perfino che il Papa polacco ha scritto una vera e propria enciclica con la sua sofferenza: dall’attentato per mano di Ali Agca il 13 maggio 1981 in piazza San Pietro fino al Parkinson che ha segnato gli ultimi anni del suo pontificato.
La Chiesa cattolica non è ancora pronta per un papato a tempo e quindi per i papi emeriti. Lo si è visto chiaramente con lo scontro avvenuto tra bergogliani e ratzingeriani dopo la morte di Benedetto XVI. Le contraddizioni irrisolte scaturite dalla rinuncia di Ratzinger e da quasi dieci anni di convivenza con il suo successore sono tutte deflagrate improvvisamente e con estrema veemenza nel momento della scomparsa del primo Papa emerito del terzo millennio. Una morte che, come ha sottolineato Francesco, “è stata strumentalizzata da gente che vuole portare acqua al proprio mulino. E la gente che, in un modo o in un altro, strumentalizza una persona così brava, così di Dio, quasi direi un santo padre della Chiesa. Quella gente non ha etica ed è gente di partito, non di Chiesa”. Il segno eloquente che il dibattito sulla figura del Papa emerito è ancora aperto.
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Washington, 11 mar. (Adnkronos) - Un principe Harry ancora una volta in panchina. Anche se 'With love, Meghan' è la serie (contestatissima) della duchessa di Sussex, gli spettatori non hanno potuto fare a meno di notare il ruolo del secondogenito di re Carlo, di nuovo messo da parte, 'spare', come lui stesso si definisce nella sua scandalosa autobiografia. Nel programma Netflix, molto criticato ma che già ha in serbo una seconda stagione, il principe appare ogni tanto sullo sfondo delle inquadrature, spesso assieme ad altre persone, come fosse un ospite qualsiasi in casa Meghan Markle (o, meglio, "Meghan Sussex", come la duchessa ha precisato).
Harry è come "rimpicciolito", osserva in un editoriale sul Times, Shane Watson, esprimendo preoccupazione per le sue brevi apparizioni nel programma: "La seconda stagione di 'With Love, Meghan' è stata appena confermata e, che vi piaccia o no, non si può negare che per tutta la sua vita Meghan abbia lavorato per raggiungere questo risultato: incarnare un'icona di lifestyle". "Dall'altra parte - chiosa - Harry appare come un pezzo di ricambio. Basta sbattere le palpebre e te lo perderai. Non solo, è incastrato in fondo alla folla di ospiti durante la festa di chiusura. Sembra rimpicciolito, incerto su cosa ci si aspetta da lui".
Roma, 11 mar. (Adnkronos Salute) - L’utilizzo di tezepelumab riduce in maniera significativa la severità dei polipi nasali, il bisogno di ricorrere a un intervento chirurgico e di assumere corticosteroidi sistemici per la poliposi nasale, rispetto al placebo. Sono gli importanti risultati dello Studio Waypoint di fase 3, pubblicati sul 'New England Journal of Medicine' e presentati a San Diego (Usa) in occasione del congresso dell'American Academy of Allergy Asthma & Immunology (Aaaai), che hanno dimostrato il potenziale di tezepelumab nel fornire una opzione terapeutica di grande rilevanza per il trattamento della rinosinusite cronica con poliposi nasale e il ruolo chiave dell’epitelio nel guidare le modifiche strutturali che sono coinvolte nell'avvio e nell'evoluzione delle patologie respiratorie, sono stati discussi oggi a Milano in un incontro con la stampa.
Nel dettaglio, tezepelumab, rispetto al placebo, alla 52esima settimana - riporta una nota - ha ridotto significativamente la severità dei polipi nasali, misurata dagli endpoint co-primari, con una variazione del -2.07 (95% CI: -2.39, -1.74; p<0.001) della dimensione totale del polipo nasale misurata attraverso il Nasal Polyp Score (Nps) e la variazione di -1.03 (95% CI: -1.20, -0.86; p<0.001) della congestione nasale misurata in base al Nasal Congestion Score (Ncs). Miglioramenti nell’Nps e nel Ncs sono stati osservati già a partire dalla seconda e dalla quarta settimana e sono stati duraturi per tutte le 52 settimane del trattamento. Miglioramenti statisticamente significativi e clinicamente rilevanti sono stati osservati anche per tutti gli endpoint secondari valutati nell’intera popolazione arruolata nello studio, in particolare, riducendo significativamente la necessità di intervento chirurgico per polipi nasali del 98% (p<0,0001) e la necessità di trattamento con corticosteroidi sistemici dell'88% (p<0,0001) rispetto al placebo. Il farmaco ha inoltre migliorato in maniera significativa lo Snot-22 total score, un questionario compilato dal paziente con poliposi sulla qualità della vita associato alla poliposi (−27.26; 95% CI, −32.32 to −22.21) ed è stato generalmente ben tollerato, con un profilo di sicurezza coerente con la sua indicazione approvata in asma grave.
Il farmaco, attualmente approvato per il trattamento dell’asma grave negli Stati Uniti, nell’Unione europea, in Giappone e in circa 60 Paesi a livello globale, ha ricevuto l’approvazione per la somministrazione mediante siringa pre-riempita monouso e dispositivo auto-iniettore per l’auto-somministrazione in Usa e Ue.
"La rinosinusite cronica con poliposi nasale è una patologia infiammatoria complessa che colpisce circa il 4% della popolazione generale – afferma Eugenio De Corso, membro della commissione Euforea per il trattamento della rinosinusite cronica con poliposi nasale – ed è caratterizzata da una sintomatologia persistente, che ha un significativo impatto negativo sulla qualità della vita del paziente, non solo dal punto di vista fisico ma anche sociale e psicologico. È caratterizzata da un'infiammazione persistente naso-sinusale associata a rimodellamento strutturale della mucosa caratterizzato dalla formazione di polipi nasali" che determinano ostruzione, congestione e disturbi del sonno. La forma severa è particolarmente difficile da controllare. "I risultati dello studio Waypoint - aggiunge De Corso - dimostrano come tezepelumab possa ridurre del 98% la necessità di ricorrere a un intervento chirurgico, dell’88% l’assunzione di corticosteroidi sistemici" e, inoltre, conferma l’efficacia del farmaco "nel controllare i processi infiammatori responsabili della patologia, grazie" all’inibizione del "Tslp, citochina chiave nell’innesco della cascata infiammatoria. Tezepelumab potrà rappresentare una importante opzione terapeutica per il trattamento di questa patologia migliorando significativamente la qualità della vita di chi ne è affetto" e ha "il potenziale di trasformare il trattamento dei pazienti con patologie respiratorie di origine epiteliale".
Tezepelumab è un anticorpo monoclonale rimborsato in Italia per il trattamento dell’asma grave non controllato. Agisce sulla cascata infiammatoria inibendo il legame tra la linfopoietina timica stromale (Tslp), una citochina pro-infiammatoria rilasciata dalle cellule dell’epitelio bronchiale a seguito di un danno alla barriera dell’epitelio delle vie aeree e il suo recettore. Oggi è l’unico farmaco biologico anti-Tslp disponibile, in grado di agire a livello dell’epitelio delle vie respiratorie, una barriera che svolge una importante funzione immunitaria. Un danno alla barriera epiteliale è infatti responsabile dell’insorgenza di malattie infiammatorie croniche in diversi organi, delle vie aeree inferiori e superiori.
"Negli ultimi anni stiamo assistendo a una rivoluzione legata al ruolo chiave dell’epitelio nella patogenesi di alcune patologie respiratorie – spiega Giorgio Walter Canonica, professore & Senior Consultant Centro di Medicina personalizzata Asma e allergie Humanitas University & Istituto Clinico e di Ricerca Irccs Milano – L'epitelio delle vie respiratorie rappresenta difatti una barriera che svolge un’importante funzione immunitaria: quando danneggiato, può essere responsabile dell’insorgenza di patologie infiammatorie croniche quali le malattie delle vie aeree inferiori e quelle delle vie aeree superiori, come l’asma e la rinosinusite cronica con poliposi nasale".
Queste due patologie, "secondo dati epidemiologici e clinici - continua Canonica - sono strettamente collegate tra di loro e spesso coesistono. Si stima che in Italia siano 300 mila i pazienti affetti da asma grave di cui circa 4 pazienti su 10 presentano anche rinosinusite cronica con poliposi nasale. I pazienti in cui coesistono entrambe le patologie tendono a sviluppare sintomi sino-nasali più gravi, un’infiammazione delle vie aeree inferiori più estesa e una funzione polmonare compromessa, rispetto a chi è affetto da rinosinusite cronica con poliposi nasale da sola". In questi pazienti "aumenta il rischio di riacutizzazioni e il consumo di corticosteroidi sistemici". Le malattie, pur avendo "sintomi diversi" hanno "la risposta immunologica sottostante spesso simile. Tezepelumab, che agisce a livello epiteliale sulla Tslp", non solo risponde "a un importante bisogno clinico insoddisfatto dell’asma grave ma apre, come dimostra lo Studio Waypoint, a una nuova prospettiva di trattamento per i pazienti affetti da una patologia dal forte impatto come la rinosinusite cronica con poliposi nasale".
"AstraZeneca è fortemente impegnata nella ricerca scientifica legata a una comprensione sempre più approfondita dei meccanismi biologici alla base delle patologie infiammatorie delle vie aeree e al ruolo centrale, avvalorato da un numero sempre maggiore di evidenze, che l’epitelio riveste nella loro patogenesi – conclude Raffaela Fede, direttore medico AstraZeneca Italia – Siamo pertanto orgogliosi di annunciare i risultati dello Studio Waypoint presentati in occasione del Congresso Aaaai e pubblicati sul Nejm, che contribuiscono ad ampliare il corpo di evidenze che supportano l’efficacia di tezepelumab nel trasformare il trattamento dei pazienti con malattie infiammatorie di tipo epiteliale”. Il farmaco, “primo inibitore Tslp approvato in Italia per l’asma grave, ha già aperto a una nuova prospettiva di trattamento per questa patologia così fortemente impattante sulla vita dei pazienti. Con lo Studio Waypoint, che prevede una nuova futura indicazione per la molecola, puntiamo a introdurre un’opzione terapeutica efficace che offrirà nuove speranze per i pazienti affetti da rinosinusite cronica con poliposi nasale, una malattia complessa che colpisce circa il 40% dei pazienti con asma grave. Questi risultati ribadiscono il nostro impegno nella ricerca in ambito respiratorio con l’obiettivo di modificare l’andamento delle patologie, individuandone i meccanismi alla base nell’ottica di arrestarne la progressione e adottando un approccio di medicina di precisione".
Roma, 11 mar (Adnkronos) - "'La sua bocca puzza di tirannia, bestia schifosa, vergogna della razza umana'. Il propagandista del Cremlino Vladimir Soloviev attacca e insulta Pina Picierno in tv su Rossija 1, dopo che è saltato il suo intervento in Rai. La minaccia putiniana all’Italia, spiegata in un video". A scriverlo sui social è il giornalista e autore Tv Marco Fattorini, in un post rilanciato dalla stessa vice presidente del Parlamento Ue che ieri aveva chiesto spiegazioni alla Rai e alla commissione di Vigilanza sull'ospitata, poi saltata, dello stesso Soloviev a 'Lo stato delle cose' su Raitre.
"Solidarietà piena alla collega Pina Picierno contro gli ennesimi vergognosi attacchi che arrivano dalla Russia. Una sequela di insulti gravi, volgari e inaccettabili che non scalfiranno in tutti noi la determinazione di continuare a dire la verità", ha scritto sui social il capo delegazione Pd al Parlamento Ue Nicola Zingaretti. "Feccia russa. Solidarietà a Pina Picierno", ha fatto eco su Twitter Carlo Calenda.
Al fianco della Picierno, sempre via social, anche il senatore del Pd Filippo Sensi ("sono solo medaglie gli insulti dei putinisti e della loro orrenda propaganda"); il senatore di Iv Ivan Scalfarotto ("la mia solidarietà e gratitudine a Pina Picierno, instancabilmente a presidio della nostra libertà e della nostra democrazia"); la deputata del Pd Lia Quartapelle ("solidarietà a Pina Picierno, che sa come reagire agli striscianti tentativi di influenza del Cremlino") e anche il virologo Roberto Burioni ("Coraggiosa, tenace, una grandissima donna. Meriterebbe maggiore spazio in quello sfortunato partito").
Roma, 11 mar (Adnkronos) - "I casi di disturbi del comportamento alimentare sono drammaticamente in aumento, oltre 3 milioni e mezzo nel nostro Paese, e invece il governo Meloni continua a tagliare le risorse”. Lo ha detto la presidente dei deputati di Italia Viva Maria Elena Boschi intervenendo alla conferenza stampa sui disturbi alimentari alla Camera dei deputati.
"Chiediamo al governo Meloni di mettere le risorse necessarie a far fronte all’aumento dei casi. Il fondo istituito dal governo Draghi è stato azzerato. Il governo Meloni mette sempre meno risorse, a rilento, senza continuità, senza possibilità di progettazione e di presa in carico dei pazienti. Inoltre le strutture idonee per la riabilitazione intensiva -ha aggiunto- non sono presenti in tutte le regioni, creando problemi di mobilità interregionale e impatto sulla continuità scolastica e i legami familiari”.
“Noi di Italia Viva, insieme alle opposizioni, portiamo avanti questa battaglia in Parlamento a fianco delle associazioni e a fianco delle studentesse e degli studenti che si sono mobilitati per chiedere attenzione su un tema che ormai riguarda anche bambini e bambine ed è, purtroppo, la seconda causa di morte nel mondo per i ragazzi tra i 12 e i 17 anni”.
Roma, 11 mar (Adnkronos) - Domani, mercoledì 12 marzo alle 17.30, presso la sala stampa della Camera dei deputati – via della Missione 4 a Roma – si terrà la presentazione del libro 'Antonio Martino, interventi istituzionali'. Lo rende noto Forza Italia.
All’evento interverranno i capigruppo azzurri alla Camera e al Senato, Paolo Barelli e Maurizio Gasparri; Stefano Benigni, vicesegretario nazionale di Forza Italia e segretario nazionale del movimento giovanile azzurro e Marco Reguzzoni, presidente dell’associazione I Repubblicani e curatore della pubblicazione.
"Si tratta di un omaggio a un importante protagonista della storia politica del nostro Paese - spiega Reguzzoni –, un grande pensatore e liberale. Un esempio per i giovani, che proprio nel libro potranno trovare spunti e riflessioni ancora attualissimi in alcuni dei suoi discorsi pronunciati in occasioni istituzionali”. Il volume vanta i contributi di due importanti esponenti di Forza Italia: Letizia Moratti - che di Martino è stata collega di governo - e il vicesegretario e segretario nazionale dei Giovani di Forza Italia Stefano Benigni.
(Adnkronos) - “Il pensiero di Martino – sottolinea Benigni - continua a ispirare chiunque creda in una società libera, dinamica e meritocratica. La sua visione rimane un pilastro per tutti coloro che, come noi, ritengono che il futuro dei giovani dipenda dalla possibilità di costruirlo liberamente, senza imposizioni. Martino – ha aggiunto – è stato uno dei grandi protagonisti della storia del nostro movimento e per questo credo che debba essere parte del nostro “album di famiglia”, quella raccolta di grandi figure, fortemente voluta anche dal nostro Segretario Nazionale, Antonio Tajani, che saranno sempre un modello e un punto di riferimento per noi e per la nostra azione politica”.
(Adnkronos) - E' stato proprio l'uomo a chiamare il 112 per soccorrere la madre. Agli agenti ha raccontato che la donna, con diverse patologie, era caduta ma l'orario indicato e alcuni elementi non hanno convinto del tutto. A insospettire i poliziotti anche alcuni interventi recenti: erano state segnalate un paio di liti dopo che il quarantottenne, consulente, era tornato a vivere a casa della madre, dopo una separazione difficile.
Altro tassello contro il figlio l'aver incassato, il giorno dopo la morte della madre, un bonifico fatto dal conto della donna al suo per una cifra di 30mila euro. Interrogato su questo aspetto ha preferito non rispondere alle domande degli inquirenti. L'autospia, disposta dalla pm Giancarla Serafini, ha infine certificato i sospetti: il medico legale ha certificato la morte per soffocamento. Per l'uomo è scattato l'arresto per omicidio e maltrattamenti.
Palermo, 11 mar. (Adnkronos) - La Polizia di Stato di Trapani ha arrestato uno stalker seriale che violava sistematicamente le prescrizioni di divieto di avvicinamento alla ex compagna. Il personale del Commissariato di P.S. di Alcamo ha dato esecuzione all’ordine di arresto emesso dalla Corte d’Appello di Palermo nei confronti dello stalker di nazionalità rumena, di 46 anni. Nello specifico, l’Autorità Giudiziaria, a seguito delle reiterate violazioni della misura del divieto di avvicinamento alla parte offesa, ha ritenuto di dover disporre l’aggravamento della stessa con la misura cautelare più afflittiva della custodia in carcere. Difatti, nonostante la prescrizione di non avvicinarsi all’ex coniuge con l’obbligo di portare con sé il dispositivo elettronico anti-stalker, il cittadino rumeno girava indisturbato per la città lasciando in più occasioni il dispositivo a casa.
Peraltro, nell’ambito di una ulteriore attività d’indagine, l’arrestato è stato raggiunto da un provvedimento cautelare che disponeva il divieto di avvicinamento alla parte offesa, con applicazione del dispositivo elettronico, poiché lo stesso veniva ritenuto responsabile di analoghe condotte persecutorie poste in essere in pregiudizio di un’altra donna con cui aveva intrattenuto una relazione sentimentale.
L’arrestato è stato quindi fermato e condotto presso gli Uffici del Commissariato di P.S. per poi essere tradotto presso la Casa Circondariale di Trapani. "La Polizia di Stato ribadisce il proprio impegno nella tutela delle vittime di stalking e violenza, invitando chiunque si trovi in situazioni analoghe a rivolgersi tempestivamente alle Forze dell’Ordine", si legge in una nota.